La riforma ha riconosciuto il diritto ai nostri ragazzi di imparare lavorando, rendendo l’alternanza parte integrante dell’offerta formativa. L’obbligatorietà di questo strumento è stata introdotta con l’anno scolastico 2015/16. Dai dati emersi dal monitoraggio del ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca presentato a ottobre dal ministro Stefania Giannini, emerge che in questo primo anno circa il 27% della popolazione delle scuole secondarie superiori ha svolto alternanza, per un totale di oltre 650mila studenti. L’obiettivo è coinvolgere a regime 1,5 milioni di studenti.
A un anno dalla firma del Protocollo d’intesa Miur-Confindustria per rendere effettivi i percorsi di alternanza scuola-lavoro, Piccola Industria fa il punto delle attività messe in campo per dar seguito all’accordo e per rafforzare il suo impegno nei confronti delle nuove generazioni. Non solo la redazione della “Guida pratica alternanza scuola-lavoro per le imprese” realizzata con l’Area Lavoro, welfare e capitale umano e i Giovani Imprenditori, ma anche il road-show, che ha l’obiettivo di diffondere la cultura dell’alternanza e informare le imprese su come e perché accogliere gli studenti in azienda.
Ho partecipato personalmente alle sei tappe finora svolte a Crotone, Reggio Calabria, Taranto, Ferrara, Siena e Fermo e altri appuntamenti sono già in programma; l’incontro con tanti ragazzi, docenti, dirigenti e imprenditori girando il territorio italiano mette in secondo piano il principale scopo per cui è partito il road-show sull’alternanza. Si impone prepotentemente infatti – al fianco del ruolo divulgativo o per certi versi esplicativo della più importante scommessa contenuta nella legge 107 sulla Buona Scuola – una fase interessantissima di ascolto delle buone pratiche in atto e dei primi effetti che questo percorso sta producendo sui giovani.
Il filo rosso che unisce tutte le testimonianze di alternanza ascoltate è la bontà dei progetti che sono partiti, l’assoluta sinergia tra le imprese del territorio e le scuole e, soprattutto, una coscienza formativa di imprenditori e docenti, che è una garanzia per gli studenti impegnati in percorsi di alternanza.
Ma sono le testimonianze dei ragazzi e degli insegnanti a farci comprendere che la strada intrapresa, se pur complessa e ancora da ridefinire, è quella giusta. Ho sentito docenti affermare con assoluta certezza che i ragazzi tornano cambiati dopo l’esperienza dell’alternanza, con maggior entusiasmo e curiosità verso il processo di apprendimento e generalmente più attivi.
Emerge, sentendo la voce della scuola, anche un fattore non sempre scontato all’interno delle nostre imprese, ovvero un senso di appartenenza degli studenti verso le imprese, visitate con un conseguente spirito di esaltazione delle procedure conosciute e del prodotto di cui si è conosciuto il processo di nascita.
Gli interventi dei ragazzi, tutti positivi, ci raccontano di una maggior consapevolezza dell’esistenza di un mondo fino ad allora sconosciuto e diverso da quello immaginato, ma soprattutto un generale interessamento all’economia e alla produttività, che sfociano nella lettura dei quotidiani e nel seguire un telegiornale alla televisione senza fare zapping.
I giovani hanno voglia di conoscere e di sperimentare. Da citare, in questo senso, il caso del seminario di Siena, dove più che parlare di alternanza la si è realizzata: i ragazzi hanno infatti organizzato gli interventi, curato l’accoglienza degli ospiti del seminario e preparato una serie di domande, che hanno animato un interessantissimo dibattito. Uno di loro ha assunto il ruolo di moderatore e lo ha fatto con disinvoltura estrema, competenza negli spunti forniti e severità nel rispetto dei tempi tanto da spingermi a chiedergli spontaneamente quali precedenti esperienze avesse. La sua risposta – era la prima volta a cimentarsi – ci dà la spinta ad aprire con convinzione le porte delle nostre aziende per stimolare le capacità della più grande risorsa che abbia il nostro paese. Perché, come ci ha ricordato un’insegnante in un suo intervento, “i giovani non sono vasi da riempire ma luci da accendere”.