
Quando nel 2004 Mariana Bianco, giovane studentessa di ingegneria gestionale, ha scelto l’argomento per la propria tesi di laurea non ha avuto dubbi: il business plan di una torrefazione di caffè. Il padre, Pasquale Bianco, aveva lavorato per oltre vent’anni nel settore, prima come direttore commerciale di un’importante azienda specializzata nella produzione di macchine da caffè, poi come concessionario di vendita per un altro nome celebre del campo. Ma il desiderio di mettersi in proprio era forte ed è così che nel 2006, partendo da quell’analisi di fattibilità svolta per l’università di Bari, Mariana ha dato vita al progetto di famiglia: nasce la torrefazione Caffè Crème, viene depositato il marchio e due anni dopo apre a Modugno lo stabilimento produttivo, che passa da una lavorazione conto terzi a una in proprio.
I principi della sostenibilità, che oggi indirizzano l’attività di un crescente numero di imprese, trovano applicazione sin dall’inizio all’interno di questa piccola realtà pugliese. “Avevo scritto la tesi collaborando con alcune università americane, nelle quali si studiava da tempo la corporate social responsibility – racconta Mariana Bianco (nella foto in alto), oggi responsabile di stabilimento – e tutto il progetto è stato pensato in ottica green, dagli impianti alla scelta dei fornitori. Abbiamo macchine che utilizzano un sistema di tostatura ad aria pulita e nella scelta dei nostri partner procediamo sempre a raggiera. Prima cerchiamo localmente, poi nella provincia fino ad ampliare alla regione o a quelle limitrofe”. Lo stesso principio viene applicato anche nella ricerca del personale, che oggi conta 23 addetti.

L’IMPIANTO DI TORREFAZIONE DI CAFFÈ CRÈME
Caffè Crème propone diverse linee: caffè in grani, cialde, capsule, macinato, oltre ad una linea Specialty, che nasce dalla selezione di micro-lotti acquistati in pochi quintali e provenienti da imprese agricole piccolissime. “Siamo un’azienda di nicchia e come strategia commerciale abbiamo deciso di distinguerci puntando su un prodotto di alta qualità”. Da qui deriva la scelta di non entrare nel circuito della grande distribuzione organizzata. “Sarebbe stato inutile mettersi in concorrenza con i big del caffè – spiega Bianco –. Il nostro è un prodotto che va spiegato, motivo per il quale abbiamo deciso di creare anche un’Academy, offrendo un servizio di formazione per operatori nel campo della caffetteria. Siamo l’unico centro autorizzato per il Sud dalla Specialty Coffee Association, la più importante associazione internazionale di settore i cui attestati sono spendibili a livello mondiale”, sottolinea con orgoglio.
Caffè Crème opera nel settore Horeca – bar, ristoranti, hotel – e vende al circuito degli uffici e dei piccoli esercizi commerciali, ai quali propone cialde e capsule, e a quello della distribuzione automatica. Il raggio d’azione? “Copriamo la Puglia tramite vendita diretta e nel resto d’Italia siamo presenti attraverso concessionari nelle varie regioni – chiarisce l’imprenditrice –. Con l’estero prima del Covid avevamo raggiunto quasi il 25% del fatturato (che pre-pandemia ammontava a circa 4,5 milioni di euro, ndr), ma il nostro settore è stato piegato e noi stessi abbiamo dovuto affrontare sei mesi di chiusura totale. Adesso stiamo vedendo degli spiragli. Il canale estero però è complesso, va coltivato, bisogna fare le fiere. Le web call aiutano ma non è la stessa cosa, specialmente quando si lavora nel settore alimentare e un prodotto va provato”.
La situazione è un po’ diversa invece nell’e-commerce, un canale che l’azienda ha aperto nel 2015 e che ha spinto durante il Covid. “Siamo presenti su Amazon e Alibaba e abbiamo investito su una nuova piattaforma di gestione degli ordini. Con l’aumento delle richieste, infatti, fare interagire il sito con i programmi gestionali e gli spedizionieri si complica e occorre avere tutt’altra organizzazione aziendale, che va dal magazzino al personale che impacchetta e così via. Non è pensabile mettere un solo dipendente a occuparsi dell’e-commerce, a meno che non si resti nel range di un centinaio di spedizioni al mese. D’altra parte, però, non avremmo fatto un investimento del genere per questo numero di movimentazioni”.
In digitalizzazione l’azienda ha investito sin dal principio. “Per la parte amministrativa è tutto informatizzato, non abbiamo più carta da tempo. E abbiamo un alto livello di automazione anche negli impianti, che sono gestiti da soli tre operatori con macchine a controllo numerico e manutenzione predittiva – afferma la responsabile di stabilimento –. Siamo piccoli, ma flessibili e veloci nelle trasformazioni. Abbiamo usufruito del credito di imposta per la digitalizzazione e abbiamo concluso da poco un investimento per ingegnerizzare ulteriormente gli impianti”.
In merito al caro bolletta dell’ultimo anno l’azienda è riuscita a contenere gli aumenti, grazie all’alimentazione a gpl, visto che la zona non è servita dal metano, e ad alcuni interventi di efficientamento energetico fatti in precedenza, mentre per le materie prime la situazione è più critica. “Il prezzo del caffè è alle stelle – commenta Bianco –. Era già salito ai tempi del Covid per l’aumento dei costi dei noli, oggi con la guerra questi hanno raggiunto livelli fuori dalla norma, siamo passati dai 400 dollari ai 1.800/2.000 dollari”.
Pandemia e guerra in Ucraina hanno provocato un aumento dei costi, ma adesso anche l’inflazione preoccupa gli imprenditori. “Io vivo all’interno di un indotto e se quello muore per me diventa ancora più difficile – sottolinea Mariana Bianco -. Il nostro non è un settore nuovo, come l’It. Con l’inflazione c’è una contrazione naturale dei consumi, sta sparendo il ceto medio”.
Nonostante le difficoltà dettate dal momento, l’azienda non perde l’entusiasmo ed è impegnata nel soddisfare le richieste di una clientela diversificata anche in fatto di gusto. “Al Nord si predilige la miscela arabica, più aromatica, al Sud invece piace un caffè dal gusto corposo. Come per il vino, poi, chi frequenta uno dei nostri corsi spesso cambia le sue preferenze e comincia a ricercare nuovi parametri nell’assaporare un caffè”, conclude Bianco.

IMPIANTO PER LA PRODUZIONE DI CIALDE