Mami Mizutori, Rappresentante Speciale del Segretario Generale delle Nazioni Unite per la Riduzione del rischio da disastri, ci ha spiegato le strategie portate avanti dall’Onu per gestire e prevenire i disastri lavorando sui fattori alla base del rischio tra cui povertà, utilizzo inadeguato del territorio, mancato rispetto dei codici di costruzione, degrado ambientale, cambiamento climatico e crescita della popolazione nelle zone critiche.
Cosa significa lavorare per ridurre i rischi da disastro e in che modo l’Unisdr persegue questo obiettivo?
L’aumento degli eventi meteorologici estremi, spesso amplificato dai cambiamenti climatici, ha sottolineato l’importanza di una maggiore comprensione del rischio da catastrofi sia da parte del settore pubblico che quello privato.
L’Unisdr ha il compito di sostenere l’implementazione dell’Accordo di Sendai per la riduzione del rischio da disastri 2015-2030 – ovvero il piano globale adottato nel corso della Terza conferenza mondiale delle Nazioni Unite che si è tenuta nel 2015 in Giappone – ed è impegnata in diversi progetti per incoraggiarlo. In tal senso un’iniziativa chiave è stata il lancio del Sendai Framework Monitor nel marzo 2018, che consente agli stati membri delle Nazioni Unite di riferire sui loro progressi in relazione a obiettivi cruciali, tra cui la riduzione della mortalità, il numero di persone colpite da disastri, le perdite economiche e i danni alle infrastrutture critiche. Attraverso il nostro quartier generale a Ginevra, i nostri cinque uffici regionali e altri uffici sul campo, forniamo un sostegno attivo per garantire un sostanziale aumento del numero di paesi con strategie nazionali e locali per la riduzione del rischio da disastri entro il 2020 e che questi piani siano allineati con l’Accordo di Sendai.
In breve, coordiniamo, promuoviamo, informiamo e monitoriamo tutte le questioni relative alla resilienza alle catastrofi e lo facciamo in collaborazione con il resto della famiglia delle Nazioni Unite, i governi nazionali, le istituzioni locali, il settore privato e molti altri attori della società civile.
Se volessimo stilare un elenco dei paesi più virtuosi, quale posto occuperebbe l’Italia?
In Europa l’Italia è uno dei paesi più esposti a disastri causati da pericoli naturali. È uno dei primi dieci paesi al mondo in termini di perdite economiche causate da disastri negli ultimi vent’anni. Per questo motivo ha anche una solida esperienza di leadership e impegno politico su questo tema. Il primo ministro Giuseppe Conte è stato il primo capo di governo ad aprire un forum europeo sulla riduzione del rischio, a Roma lo scorso novembre. Sono rimasta molto impressionata dal suo discorso e dal suo impegno nell’attuazione dell’Accordo di Sendai.
Inoltre, c’è da sottolineare come in Italia la piattaforma nazionale per la riduzione dei rischi da catastrofi sia supportata da un forte coordinamento nazionale, il livello locale sia molto impegnato e più di 150 città italiane partecipino all’Unisdr Making Cities Resilient Campaign. Senza dimenticare che c’è anche una partnership pubblico-privata sulla resilienza dove Confindustria è impegnata in prima linea.
Quanto sono importanti le azioni di prevenzione dei cambiamenti climatici nella più ampia strategia di riduzione del rischio di catastrofi?
La nostra civiltà si basa sull’assunto di un clima sempre stabile, ma questo presupposto non è più valido. I principali scienziati mondiali del clima ci hanno avvertito che abbiamo solo dodici anni per agire se vogliamo mantenere il riscaldamento globale a 1,5°C, come raccomandato nell’Accordo di Parigi. Nel frattempo, le prove del cambiamento climatico sono ovunque intorno a noi. L’adattamento ai cambiamenti climatici è fondamentale. Attualmente gli eventi meteorologici estremi rappresentano il 90% delle catastrofi registrate e il 77% di tutte le perdite economiche dirette causate da disastri: ben 2.200 miliardi di dollari negli ultimi venti anni.
Durante l’incontro con Carlo Robiglio, presidente di Piccola Industria, le è stato presentato il Pge, Programma di gestione delle emergenze. Cosa ne pensa?
Mi ha fatto molto piacere conoscere nel dettaglio questo programma. Questa partnership tra la Protezione Civile italiana e Confindustria è stata riconosciuta dall’Unisdr
come iniziativa modello.
Ciò che mi ha davvero colpito, come elemento forte, è l’obiettivo di costruire una cultura di protezione civile e di resilienza alle catastrofi attraverso attività congiunte che coinvolgono i membri di Confindustria e le unità operative della Protezione Civile.
Questo programma incoraggia l’impegno attivo delle imprese, dei cittadini e delle comunità locali nel progettare e attuare misure preventive e nel coordinare la risposta
alle emergenze.
L’Accordo di Sendai mette in luce il ruolo cruciale che le imprese possono svolgere nel migliorare la resilienza alle catastrofi delle comunità e dei settori in cui operano e questa iniziativa lo mette in pratica. Non vedo l’ora di conoscere i prossimi passi e i risultati di questa importante partnership.
Cosa possono fare le imprese e la società civile per promuovere la cultura della prevenzione e della resilienza?
Ciascuno Stato ha la responsabilità di prevenire e ridurre il rischio da catastrofi ma, per essere veramente efficace, la riduzione richiede l’impegno di tutta la società. È necessario responsabilizzare le autorità e le comunità locali. La prevenzione ha senso prima di tutto dal punto di vista economico. Gli investimenti nella riduzione del rischio di catastrofi rappresentano, in genere, un notevole risparmio in termini di perdite evitate e costi di ricostruzione con rapporti costi-benefici che vanno da 3:1 a 15:1 o più in alcuni casi.
Quali sono i risultati del Forum europeo di Roma, ospitato da Confindustria, dal 21 al 23 novembre?
Il Forum ha riunito oltre 700 delegati di 55 paesi per progredire nell’attuazione dell’Accordo di Sendai. C’è stata una tavola rotonda a cui hanno partecipato leader politici di alto livello e in cui sono state esaminate le questioni relative alla protezione dei cittadini europei e alla garanzia di un contratto sociale sulla resilienza alle catastrofi. Sono contenta che tutti i partecipanti abbiano riconosciuto chiaramente come i rischi climatici e dovuti a calamità siano due facce della stessa medaglia che richiedono un approccio integrato. La Dichiarazione di Roma ha evidenziato punti chiave come la necessità di concentrarsi sull’invecchiamento delle infrastrutture, l’urbanizzazione e le strategie di evacuazione. È stata richiesta con forza un’attuazione accelerata dell’Accordo di Sendai e il rispetto della scadenza del 2020 per l’attuazione delle politiche nazionali e locali per la riduzione del rischio da catastrofi.
L’European Forum for Disaster Risk Reduction si è riunito a Roma, in Confindustria, dal 21 al 23 novembre 2018. L’appuntamento, organizzato dal Dipartimento della Protezione Civile in collaborazione con l’Ufficio delle Nazioni Unite per la Riduzione del Rischio – Unisdr e la Commissione europea, promuove uno spazio di confronto sulla Strategia internazionale per la riduzione dei disastri (Isdr), l’elaborazione di programmi coordinati a livello regionale e locale per la prevenzione dei rischi e per il potenziamento del concetto di resilienza come vero e proprio obiettivo di sviluppo, a livello internazionale.
Un focus particolare è stato dedicato alle questioni chiave che possono accelerare l’attuazione dell’Accordo di Sendai 2015-2030 in coerenza con gli Obiettivi di sviluppo sostenibile e l’Accordo di Parigi sui cambiamenti climatici.