La passione per le calzature non è mai mancata nel quartier generale della Peron, azienda impegnata dal 1973 a far innamorare la propria clientela delle collezioni pensate nello stabilimento di Camponogara, in provincia di Venezia. Impegno giornaliero per questa forma d’arte che prosegue da anni sotto diverse forme commerciali, lungo la direzione scelta dal titolare della Pmi veneta Alberto Masenadore (in foto).
La storia del Calzaturificio Peron – 6,5 milioni di euro di fatturato nel 2020 a fronte di 62 dipendenti – parte da lontano, dall’inventiva di due italiani impegnati a conquistare con le loro scarpe confort d’alta fascia soprattutto il Nord Europa.
“I miei genitori si erano specializzati in questo tipo di calzature, che hanno avuto un buon successo in Germania, Olanda e Belgio – spiega Masenadore –. Quando, a fine anni ‘90 questo genere è entrato in crisi, abbiamo deciso di iniziare collaborazioni con le case di moda, come accaduto a molti altri nella zona della Riviera del Brenta. Parallelamente alla mia entrata in azienda, la parte di fatturato per conto terzi ha iniziato progressivamente a crescere fino a che, una quindicina d’anni fa, si è scelto di non utilizzare più il nostro marchio per la vendita. Da quel momento in avanti ci siamo specializzati nel servire il mondo della moda, arrivando a partecipare a sette, otto sfilate a stagione tra Londra, Milano e Parigi”.
Un cambio di direzione netto ma di indubbio successo, insomma, che ha fatto mutare gli obiettivi aziendali della Peron. “All’inizio avevamo molti piccoli clienti, mentre adesso ne abbiamo solo quattro ma importanti, sempre nella fascia del lusso. Possiamo contare su una modelleria molto sviluppata, che ci consente di essere maggiormente flessibili nel creare nuovi prodotti e dare un servizio sempre più completo alla clientela”, sottolinea Masenadore.
Sviluppo di servizi all’avanguardia che da poco è sfociato in una nuova sfida, sicuramente la più futuribile e ambiziosa mai accettata dall’azienda di Camponogara. “Quella di lanciare con un nostro marchio, Amarossa, la scarpa riciclabile al 100 per cento. L’idea è di riuscire ad introdurre i dettami dell’economia circolare nel mondo delle calzature, sicuramente non un progetto di semplice realizzazione. Perché ogni scarpa, che ha una ventina di materiali diversi tenuti assieme dalla colla, a fine vita viene quasi sempre buttata nella spazzatura. E volendo provare a fare qualcosa di diverso abbiamo per prima cosa cercato materiali riciclabili, che fossero pure facili da disassemblare una volta che i clienti ci riportano le scarpe”.
Da quel momento in poi, all’interno dello stabilimento le parti delle calzature verranno separate e inviate a chi sa come utilizzarle. “Le suole sono macinate e mandate al suolificio che le rimette nella mescola destinata a nuovi modelli, la tomaia viene data a un’impresa di compostaggio che la fa diventare terriccio e la parte morbida, quella in lana, torna filato pronto per essere riusato – chiarisce il titolare del Calzaturificio Peron –. Inoltre, in un altro progetto in fase di completamento, tutte le nostre scarpe avranno un chip che, volendo, permetterà al cliente di tracciarle attraverso l’uso del telefonino. Ogni calzatura è infatti un pezzo unico e sarà possibile sapere quando è stata tagliata, cucita, montata e riciclata e in più si potrà scaricare un modulo da compilare per rimandarle indietro a fine vita”.
Uno sperimentare anche idee tanto innovative quanto complesse, che è diventato il pane quotidiano di una Pmi sempre pronta a mettersi in gioco. “Cambiare rotta non ci ha mai preoccupato eccessivamente. Lo abbiamo dovuto fare in passato e ora, sfruttando l’esperienza messa assieme in anni di lavoro, siamo sbarcati nel campo di un design calzaturiero d’alto profilo che ci spinge a dare il massimo ogni giorno per farci trovare sempre preparati alle richieste del pianeta moda”.
E per riuscire a fare tutto questo in modo sostenibile, puntando tra l’altro a diventare la prima azienda 100 per cento green, al Calzaturificio Peron ci si affida alla sensibilità verso questi temi di dipendenti e proprietà. “Personalmente ho alzato ancora di più l’attenzione durante il lockdown, seguendo webinar nel corso dei quali non si poteva non comprendere l’importanza del vivere nella piena sostenibilità”, conclude Masenadore.