L’Arabia Saudita è paese in forte crescita e, come abbiamo visto nell’intervista all’ambasciatore d’Italia a Riad Roberto Cantone, sta portando avanti un ambizioso progetto di transizione verso un’economia multisettoriale. Le nostre aziende possono inserirsi in questo percorso e per incoraggiarle proponiamo alcune testimonianze di imprenditori che operano già nel paese. Ecco le loro esperienze.
MASI: “LA SAUDI VISION 2030 HA OBIETTIVI CHIARI, PER LE TECNOLOGIE ITALIANE GRANDISSIME POSSIBILITÀ”
Con oltre 90 anni di storia e base a Salerno, il Gruppo Magaldi è un’azienda riconosciuta a livello mondiale per la sua capacità di innovazione. Il suo core business è il trasporto di materiali ad alta temperatura, mediante la costruzione di nastri trasportatori “con caratteristiche di affidabilità, efficienza e durabilità uniche al mondo – sottolinea Massimiliano Masi, General manager Magaldi Middle East di Magaldi Green Energy –. Le nostre tecnologie sono considerate le best available technologies in questo campo”.
Siete presenti anche nel campo delle rinnovabili.
Esatto. Circa 12 anni fa l’azienda ha deciso di investire nelle energie rinnovabili sviluppando brevetti dedicati alla produzione di energia termica prima attraverso il sole, con un solare a concentrazione, poi con dei capi specchi che riflettono il sole e producono energia termica. Successivamente abbiamo sviluppato una tecnologia di thermal storage completamente autonoma dal sole, perché può ricevere energia elettrica da fonti rinnovabili dalla rete elettrica e produrre energia termica che viene conservata nella sabbia per giorni interi. In questo modo è possibile trasformare energia elettrica verde in vapore verde e fornirlo 24 ore al giorno.
In Medio Oriente, in particolare, ci occupiamo di decarbonizzazione delle operazioni industriali, ovvero andiamo a sostituire il gas e il diesel e usiamo l’energia elettrica come fonte trasformata e conservata nei nostri impianti.
Come avete cominciato la vostra esperienza in Arabia Saudita?
La Magaldi Green Energy è un’azienda nuova, è più di una startup perché ha dietro il gruppo Magaldi. È partita nel 2021 da Dubai, dove abbiamo la nostra sede operativa. Il nostro piano è aprire nel 2024 una nostra branch a Riad e servire direttamente da lì il mercato dell’Arabia Saudita. Per il momento abbiamo presentato a interlocutori istituzionali e del settore energetico saudita la nostra tecnologia, che è stata molto apprezzata.
Siamo inoltre parte del Council Italia-Arabia Saudita e partecipiamo attivamente alle informazioni che vengono fornite ai colleghi sauditi su questa tecnologia e sulle sue applicazioni. Chiaramente, essendo una tecnologia innovativa c’è una prima fase di dimostrazione che sarà fatta tra quest’anno e il 2025; dopodiché, realizzati i primi impianti, speriamo di procedere con accordi nel settore manifatturiero e attraverso licenze commerciali con partner che sviluppino il mercato della decarbonizzazione industriale.
Quali opportunità offre l’Arabia Saudita alle Pmi italiane? E quali i principali rischi?
Secondo me l’Arabia Saudita è un mercato eccezionale a livello di opportunità, proprio perché la Vision 2030 è chiarissima da parte della leadership. Ci sono programmi e obiettivi definiti, siamo nel 2024, mancano sei anni e la leadership sta già correndo per raggiungerli.
Le tecnologie italiane hanno una grandissima possibilità di inserirsi proprio perché c’è un forte riconoscimento della loro qualità. Siamo apprezzati non soltanto nei settori del food, dell’ospitalità e della moda, in cui siamo leader mondiali, ma anche nel settore delle energie rinnovabili. I numeri che vogliono raggiungere in pochissimo tempo sono seri, quindi l’opportunità è grande.
Certo, bisogna trovare i giusti interlocutori. Quando si pianificano degli investimenti occorre le persone che siano poi in grado di realizzare quello che è stato promesso. Non solo. È importante essere presenti sul territorio, non si può pensare che con qualche visita all’anno si riesca a creare un rapporto. In Arabia Saudita, così come in generale in Medio Oriente, il rapporto di fiducia tra le persone e tra le imprese viene prima delle condizioni economiche e di quelle contrattuali. E per creare fiducia ci vuole la presenza fisica sul territorio.
Quali altri suggerimenti darebbe ad un imprenditore interessato ad operare in questo mercato?
Consiglio di investire e aprire una rappresentanza, anche piccola, ma con persone che per la maggior parte dell’anno stiano qui. Anche se questo non produce immediatamente risultati, li produrrà più avanti.
L’altro consiglio è quello di farsi supportare nella creazione di relazioni perché la disponibilità di informazioni sulle controparti può non essere perfetta. Poi, in generale bisogna fare un ragionamento anche sulla gestione dei rischi, perché il quadro normativo è diverso. Benché il diritto internazionale venga sempre più adottato, occorre tener presente che nel paese vigono anche le leggi islamiche, quindi bisogna conoscere bene che tipo di rischi strutturali si possono correre.
CAMURATI: “CI SONO MOLTEPLICI OPPORTUNITÀ, MA BISOGNA RESTARE CON I PIEDI PER TERRA”
Ofmer è un’azienda metalmeccanica specializzata nella produzione di materiali da cantiere, in particolare macchinari che piegano e tagliano il tondino del ferro che si usa nelle prime fasi della costruzione per armare il cemento. La sede è a Trezzo sull’Adda, vicino Milano, e a guidarla oggi è la seconda generazione, composta dalle sorelle Sveva e Sibilla Camurati, quest’ultima in qualità di presidente (a destra, nella foto accanto). “Mio padre ha rilevato l’azienda 40 anni fa e io e mia sorella Sveva stiamo portando avanti il lavoro che lui ha cominciato – racconta l’imprenditrice –. Inizialmente operava soltanto con l’Italia, ma già dieci dopo circa il 50% del fatturato era all’estero”.
Dove di preciso?
Lavoriamo da 35 anni con i vari paesi del Mediterraneo. Da lì abbiamo iniziato ad espanderci andando fino ai Paesi del Golfo e con l’Arabia Saudita lavoriamo da oltre 25 anni. Siamo sempre stati un riferimento nell’area per i costruttori e le imprese di un certo livello, che erano in grado di avere scambi commerciali con imprese europee.
Come è organizzata la vostra azienda?
Adesso abbiamo una società produttiva e una commerciale, in tutto 22 dipendenti; mio padre ha sempre tenuto al fatto di avere un’azienda snella, di facile amministrazione e specializzata su uno specifico tipo di macchina. Oggi ci sono impianti di taglio che possono sostituire le nostre macchine, che tuttavia sono ancora fondamentali e obbligatorie da usare. Sono portatili, mobili, possono essere spostate. Nonostante tutto, quindi, abbiamo un ottimo portafoglio clienti e vendiamo un po’ in tutto il mondo. Ad oggi il 95% del nostro fatturato è realizzato all’estero.
Alla luce della vostra lunga esperienza, quali sono le opportunità e i rischi legati all’operare in Arabia Saudita?
Il mercato saudita, come tutti i mercati in esplosione, offre molteplici opportunità, ma presenta anche alcuni rischi. È sempre stato molto semplice vendere, il problema è valutare bene il partner, i pagamenti, e non farsi ottenebrare dai miraggi di grandi guadagni e grandi vendite. Bisogna rimanere coi piedi per terra.
L’Arabia Saudita è un paese giovane. Per quanto noi cooperiamo con loro da 30 anni circa, è sempre stato un paese estremamente chiuso, noi occidentali siamo sempre stati percepiti come un altro tipo di cultura. Le loro esigenze storicamente e geograficamente sono molto diverse e io ritengo che la storia e la geografia insegnino sempre molto di un popolo, soprattutto per il commercio. Avendo forti tradizioni nomadi, si ha a che fare con un paese in cui pochi sanno quali siano le reali condizioni di necessità.
Oggi l’Arabia Saudita si affaccia per la prima volta in un mondo globalizzato, in cui ci sono certe regole che tutti devono seguire e tutti vogliono le stesse cose. Con le risorse finanziarie di cui dispongono, sono in grado di valorizzare moltissimo il territorio, anche con giga e mega projects, per fare sì che diventi un posto in cui non si può non andare; eppure, bisogna considerare che fino a cinque anni fa non esisteva nemmeno il visto turistico.
C’è un governo molto rigido, sebbene aperto a tutto, che è in grado in tal senso di far rispettare determinate regole. Questo può comportare dei rischi da un punto di vista commerciale perché si devono seguire iniziative su importazioni e regolamentazioni che possono cambiare all’improvviso, senza aver tempo di adattarsi. Questo porta anche a grandi difficoltà: per la nostra azienda negli ultimi cinque anni esportare in Arabia Saudita è diventato gradualmente più difficile, a causa di un maggior numero di certificazioni richieste, che possono cambiare da un giorno all’altro. Bisogna dunque muoversi avendo informazioni e guidati da un’impostazione realistica.
Altri elementi?
Bisogna instaurare rapporti di fiducia, che per loro sono di grande prestigio, ma adesso quello che conta sono i numeri, la capacità di produrre e di essere al fianco al cliente. Noi produciamo tutto in casa e abbiamo osservato alcuni problemi nei tempi di consegna.
C’è poi una forte concorrenza, soprattutto da parte di aziende cinesi e turche, che possono contare su un maggior supporto dei rispettivi governi. Tuttavia, noi italiani – e in generale chi produce in Italia e fa le cose con un’eredità imprenditoriale come quella del nostro Paese – siamo riconosciuti per la qualità dei prodotti. Per esempio, noi stessi, nonostante la concorrenza di altri paesi, abbiamo aumentato il fatturato in Arabia Saudita del 35%. E per me ciò che è importante è la qualità del fatturato, motivo per il quale scelgo di operare con pochi player, un numero ristretto e selezionato di aziende. Consiglio quindi di avere meno clienti, ma che siano affidabili e assicurati.
Quanto è importante visitare di persona il paese?
È importantissimo. Bisogna farsi un’idea del tipo del cliente, di come lavora, e bisogna farsi vedere interessati. Personalmente vado due, anche tre, volte l’anno in Arabia Saudita e mi trattengo almeno una settimana o dieci giorni. La visito anche da un punto di vista turistico, perché credo che un’analisi del paese, del popolo, della cultura locale sia indispensabile per comprendere anche gli aspetti commerciali e le aspettative dei clienti.
OLIVIERI: “IN CAMPO PER CREARE CORRIDOI DI TRAFFICO ALTERNATIVI ALLE ROTTE TRADIZIONALI”
Sparkle è l’operatore globale del gruppo TIM: primo fornitore di servizi internazionali in Italia e tra i primi al mondo, propone un’offerta di connettività globale a una gamma di clienti che spaziano dai grandi operatori telefonici agli OTT (over-the-top media service, ndr) e agli Internet service provider nonché alle imprese internazionali. “Sparkle ha un ruolo fondamentale – sottolinea Stefano Olivieri (nella foto accanto), responsabile commerciale dell’Area Middle East & India di Sparkle – perché gestisce una rete proprietaria in fibra ottica di oltre 600mila chilometri che si estende dall’Europa al Medio Oriente, attraverso Africa e Asia e toccando anche l’America, permettendo di mettere in comunicazione tutto il mondo”.
Come vi posizionate in Arabia Saudita?
Per quanto riguarda la nostra presenza nel paese, abbiamo relazioni commerciali molto consolidate con tutti gli operatori principali del Regno saudita, la Saudi Telecom Communication (STC) così come Mobily o Salam Mobile. A tutti loro forniamo i nostri servizi, che spaziano dalla gestione del traffico voce alla connettività, il roaming e tutta una serie di soluzioni per il mobile, nonché un’offerta dedicata alle imprese internazionali che rappresentano il segmento trainante.
Quali prospettive di sviluppo vede?
Il mercato saudita per noi è importantissimo per diversi motivi. Innanzitutto, per Vision 2030, il programma del Regno saudita che ambisce a costruire un ecosistema high tech per la digitalizzazione delle infrastrutture locali, attraendo investimenti che guardano a vari settori, incluse le telecomunicazioni.
L’obiettivo principale del programma è trasformare l’Arabia Saudita nel cuore del Medio Oriente, sfruttando la sua posizione geografica centrale tra Europa e Asia. Questo ci permette di collaborare con uno dei paesi con i più alti tassi di crescita al mondo.
Voi potete contare su una presenza di lunga data nel Paese, corretto?
Esatto. Noi in Arabia Saudita abbiamo cominciato a lavorare molto presto, negli anni ‘90, quando il nostro precursore Italcable vinse un contratto per la gestione tecnica delle centrali telegrafiche e telex che all’epoca rappresentavano gli strumenti principali per mettere in comunicazione il paese.
La consulenza e la gestione delle centrali avvenivano con il personale tecnico e commerciale di Italcable che era presente in Arabia Saudita; già all’epoca, quindi, c’era l’obiettivo di trasferire il know how, essendo noi pionieri di questa tipologia di servizi. Da lì in poi, con l’evoluzione della tecnologia, si è passati alla voce e ai dati.
Sparkle ha una lunga storia di relazioni con l’incumbent STC (l’operatore di telecomunicazioni da sempre presente sul mercato, monopolista prima della deregolamentazione e dell’introduzione della concorrenza, ndr). Le due società gestiscono, in consorzio con altri operatori internazionali, diversi cavi sottomarini che collegano l’Asia all’Europa (SMW3/4/5, IMEWE) e continuano a investire su nuovi progetti infrastrutturali, a testimonianza della rilevanza del mercato saudita e del Medio Oriente in generale.
Negli ultimi anni abbiamo centralizzato le nostre attività nel nostro ufficio di Dubai che gestisce tutto il Medio Oriente, compresa l’Arabia Saudita.
Quali opportunità vede per le nostre imprese?
Le opportunità sono tante perché la Saudi Vision 2030 tocca un po’ ogni settore. Per quanto riguarda le telecomunicazioni, stiamo lavorando con diversi operatori, specialmente in questo periodo che vede una situazione abbastanza complicata nel Mar Rosso. In particolare, stiamo cercando di mettere insieme le nostre infrastrutture per creare corridoi di traffico alternativi alle rotte tradizionali, facendo leva sulla strategicità dell’Arabia Saudita come centro di transito. In questo processo siamo accompagnati da alcuni partner locali, già in possesso di certificazioni e licenze per operare nel paese.
Essendo una società che ha nel proprio Dna la costruzione e lo sviluppo di cavi, Sparkle ha lanciato con Google e altri operatori il Blue Raman, un nuovo sistema sottomarino che collegherà l’Europa all’Asia. Sempre con alcuni partner locali, infine, stiamo cercando di aprire un punto di presenza in Arabia Saudita, portando così infrastrutture e mezzi trasmissivi che permettono di intercettare molte più offerte e sviluppare una serie di servizi per il mondo delle aziende.
Un’altra grande opportunità è sicuramente legata alla formazione e questo è un aspetto al quale Sparkle crede molto, il poter trasferire il nostro know how. Come azienda abbiamo sempre cercato di farlo, per esempio attraverso corsi di formazione ad hoc, ed è qualcosa che viene molto apprezzato e richiesto.
Ci sono criticità rispetto all’operare in Arabia Saudita?
Più che di rischi, parlerei di necessità di cautela perché si tratta di un ambiente che si muove su equilibri sottili e ciò può compromettere o ritardare una serie di opportunità commerciali. Un altro consiglio che mi sento di condividere è la necessità di attenersi alle norme culturali. L’Arabia Saudita si sta aprendo moltissimo ma resta un paese molto legato a regole culturali e religiose che è importante conoscere e non banalizzare.
(testi raccolti da Flavio Rossano e Alfredo Sagona)