La formazione continua, a cominciare da quella dei manager, è oggi, lo strumento fondamentale per aumentare produttività e competitività delle imprese e al tempo stesso per migliorare l’occupabilità di lavoratori e manager. È quanto emerge dai risultati condivisi con istituzioni, imprese, esperti e testimonial intervenuti alla celebrazione dei 25 anni di Fondirigenti.
L’evento, inserito dalla Commissione nel contesto dell’Anno europeo delle Competenze, si è svolto il 4 dicembre nell’Auditorium di Confindustria e si è concentrato sull’importanza dell’investimento in formazione e sulle idee per affrontare gli scenari del futuro, da interpretare attraverso “tre lenti”: quella dei numeri, che misurano i ritorni dell’investimento in formazione, quella delle idee sugli scenari e sui valori, quella della percezione di stakeholder e istituzioni sulle competenze necessarie ad affrontare un contesto in rapida evoluzione.
Uno scenario che riguarda l’economia e la società europea, nel suo insieme, come ha chiarito nel suo intervento, il Commissario Ue per il Lavoro e i diritti sociali, Nicolas Schmit. C’è un grande bisogno di competenze tecniche per affrontare sfide che ci attendono, ma anche di competenze soft, che riguardano il modo di interagire nei luoghi di lavoro: le nuove tecnologie e l’IA impongono veri e propri cambi di paradigma, con riflessi importanti anche su questioni etico-valoriali. Con l’adozione di Next Generation EU la Commissione europea ha deciso di puntare con forza su questa doppia transizione e sull’upskilling e il reskilling delle relative competenze. La scelta della Commissione di porre le competenze al centro della propria azione ci dice una cosa molto importante: che le istituzioni europee vogliono fare della formazione e dell’investimento nelle competenze un vero e proprio strumento di cittadinanza attiva europea.
Dal dibattito sono emersi una serie di spunti di riflessione relativi alle caratteristiche delle dinamiche degli scenari di riferimento del sistema economico, alle competenze necessarie per farvi fronte, nonché all’insostituibile ruolo della formazione, come strumento in grado di colmare i gap esistenti.
CRITICITÀ E OPPORTUNITÀ
Siamo in un momento di passaggio, per molti versi epocale, nel quale le competenze richieste stanno cambiando in maniera velocissima, più velocemente di quanto non siano mai cambiate.
I numeri presentati dal Direttore del Centro Studi di Confindustria Alessandro Fontana, nel corso dei lavori, lo dicono con estrema chiarezza. Si tratta di un passaggio che genera, da un lato preoccupazioni da parte di manager, imprenditori e cittadini, ma dall’altro anche energie e opportunità legate alle grandi trasformazioni digitali, tecnologiche e connesse alla sostenibilità. Energie e opportunità che hanno bisogno di competenze adeguate, come sottolineato dalle testimonianze, e che riguarda tutta l’economia e la società europea.
LE RICERCHE DI FONDIRIGENTI
Proprio per fare luce su preoccupazioni, opportunità e effetti, nel corso dei lavori, sono state presentate in anteprima due indagini di Fondirigenti: una ricerca, realizzata con l’Università di Trento su 10mila imprese aderenti, che ha dimostrato gli impatti positivi della formazione manageriale sulle imprese, con incrementi dello 0,04% nella produttività totale e dell’0,14% nella produttività del lavoro; l’altra, una survey, condotta su un campione di 500 imprenditori, 500 manager e 500 cittadini, che ha evidenziato la centralità delle competenze legate alla tecnologia, all’informatica e all’intelligenza artificiale.
I risultati hanno dimostrato che c’è un grande bisogno di competenze tecniche, che riguardano il saper fare, ma anche di competenze soft, che riguardano le modalità di interagire nei luoghi di lavoro. Il giusto mix tra le une e le altre può essere la chiave del successo. Le competenze sono fondamentali soprattutto per i manager, protagonisti del cambiamento, poiché impongono in molti casi, dei veri e propri cambi di paradigma, con riflessi su questioni etico-valoriali importanti (è il caso dell’Intelligenza Artificiale).
DALLA FORMAZIONE AL WELFARE
La formazione rappresenta uno dei principali, se non il principale strumento per colmare i gap e cogliere al meglio le opportunità e ciò per vari motivi. Innanzitutto, perché è un investimento che conviene, come mostrano, da un lato, gli effetti sulla produttività e la competitività delle imprese che la utilizzano e, dall’altro, l’apprezzamento che ne danno imprenditori e manager. Poi perché si tratta a tutti gli effetti di uno strumento di welfare, avendo un impatto concreto e immediato sull’occupabilità dei lavoratori, e in particolare dei dirigenti.
In buona sostanza, la formazione può essere uno strumento potente di politica industriale e una leva abilitante delle grandi trasformazioni in cui sono impegnate le imprese, a patto che sia centrata sui fabbisogni di imprese e lavoratori.
ALCUNI SPUNTI DAL DIBATTITO
La centralità del binomio formazione-competenze è stata ribadita anche dagli interventi dei rappresentanti delle istituzioni e delle parti sociali che hanno preso parte al convegno. Come ci ha ricordato il vice presidente di Confindustria per il Lavoro e le Relazioni industriali Maurizio Stirpe, la formazione non è solo un diritto, ma è un dovere se si vuole stare al passo con i tempi, attraverso politiche attive e strumenti specifici in grado di facilitare il dialogo e il matching tra mondo del lavoro e sistema scolastico.
Una priorità evidenziata anche dal ministro del Lavoro Marina Calderone, che ha messo l’accento sull’urgenza di affrontare il mismatch di competenze rilevato dalle imprese, per coprire quel milione di posti di lavoro che ancora risultano vacanti in Italia, migliorando l’incrocio tra domanda e offerta, obiettivo a cui punta la recente riforma del Reddito di cittadinanza.
In questo scenario, i fondi interprofessionali giocano un ruolo fondamentale, proprio per la loro capacità di anticipare i fabbisogni delle imprese nel saper gestire innovazioni tecnologiche, che avranno un impatto potente in termini non solo occupazionali, ma anche etici, di privacy e di sicurezza, come ha spiegato il presidente di Federmanager Stefano Cuzzilla.
Sono temi che toccano da vicino anche il futuro del fondo. Confindustria e Federmanager hanno saputo costruire, in questi 25 anni, uno strumento efficiente ed efficace per rispondere nel miglior modo possibile al fabbisogno di competenze che viene dalle imprese e dai dirigenti italiani, ha sottolineato nelle conclusioni il presidente di Fondirigenti Marco Bodini, in una logica di complementarità con le istituzioni pubbliche, ottenendo significativi risultati, grazie alle sinergie che è riuscito nel tempo ad attivare con tutti gli addetti ai lavori e i soggetti interessati.
Ha messo, insomma, radici profonde e può, a buon titolo, candidarsi a rafforzare questo ruolo, su mandato dei soci e a beneficio dell’intero Paese, anche per superare, una volta per tutte, quella diffidenza che ancora si incontra nei confronti della formazione e che ancora impedisce di coglierne fino in fondo la capacità propulsiva.
Quella che ci attende è, insomma, una trasformazione profonda, che per dispiegare appieno i suoi effetti ha più che mai bisogno di una formazione continua efficiente ed efficace, vero fattore abilitante del cambiamento. Queste sono le radici del nostro fondo, frutto di 25 anni di lavoro. Radici robuste, che ci fanno guardare con fiducia al futuro.
(nella foto in alto Massimo Sabatini)