La crisi causata dalla pandemia, il conflitto russo-ucraino attualmente in corso, il quadro geopolitico in rapida trasformazione, la congiuntura economica segnata da profonda incertezza e, non ultimo, i cambiamenti climatici che si manifestano in modo minaccioso ci hanno posto di fronte a nuove, crescenti e complesse sfide, che richiedono una risposta decisa e urgente. Le conseguenze della guerra, in particolare quelle che si riverberano sulle economie europee attraverso il prezzo del gas e l’inflazione, sono fonte di preoccupazione per tutti, sia per le imprese che per le famiglie.
Le imprese stanno soffrendo il contesto difficile di questi mesi, con il costo dell’energia diventato ormai insostenibile e con il conseguente aumento dei costi di approvvigionamento delle materie prime. Diventa perciò difficile far quadrare i conti in situazioni di grave crisi come quella attuale, che rischia di mettere in seria difficoltà la sostenibilità economica delle attività d’impresa e quei meccanismi di innovazione di prodotto e di processo che sono alla base dello sviluppo sostenibile.
Non possiamo permettere che questo avvenga. Al contrario, è proprio in questo contesto di incertezze e difficoltà che occorre sostenere con coerenza le ragioni di una cultura che mette al centro la sostenibilità e il suo straordinario impulso trasformativo. Una cultura sinonimo di sviluppo, di cambiamento, di nuovi modelli di leadership, capaci di accelerare la trasformazione del business, cogliendo nuove opportunità di investimento e di crescita.
La sostenibilità è ormai il “new normal” e per questo deve diventare fondamentare integrare – nelle proprie strategie di business e nei processi decisionali – i fattori ESG. Così come deve diventare prioritario monitorare e misurare l’impatto delle proprie attività, rendicontare e comunicare all’esterno, per poi migliorare e implementare i processi.
Le imprese sono attori fondamentali della società in cui operano e per questo devono contribuire ad un nuovo modello di business capace di conciliare competitività economica con benessere socio-ambientale. Le imprese nel nostro Paese sono sempre state, per la loro storia, fortemente legate ai territori. È una nostra caratteristica distintiva, un elemento competitivo particolare.
Come ricorda Antonio Calabrò nel suo ultimo libro, l’impresa è una realtà che investe per produrre ricchezza e reddito; ma non è solo questo. Anche per conseguire l’obiettivo economico, per poter essere un attore in grado di produrre ricchezza e benessere, l’impresa deve essere molto di più, deve essere un “attore sociale del cambiamento”, valorizzando le relazioni con le comunità di riferimento.
L’impresa incarna una voglia di incidere positivamente sulla storia, un attore che lavora costantemente, attraverso prodotti e servizi, al miglioramento della qualità della vita delle persone. Tutto questo è cultura d’impresa. Il presidente di Confindustria Carlo Bonomi ha recentemente usato l’espressione “umanesimo industriale”, così come il Manifesto di Assisi ha parlato di un’economia più a misura d’uomo, inclusiva e sostenibile.
In un momento di grande incertezza e generale smarrimento a livello economico e sociale globale, quindi, il compito di un’associazione di imprenditori come Anima – che lo scorso anno ha compiuto venti anni di attività – non può che puntare sull’importanza di un’economia più equa e sostenibile, che ponga davvero al centro l’essere umano, la cura e la difesa della qualità della vita, che sappia ridurre gli sprechi e le disuguaglianze.
Anche quest’anno allora intendiamo sensibilizzare le imprese e l’opinione pubblica sulla sostenibilità e le tematiche sociali emergenti di stringente attualità, attraverso l’organizzazione del Premio Anima, la cerimonia che ogni anno valorizza l’attenzione e l’impegno di personalità del mondo dell’arte e della cultura alla crescita di una coscienza etica. Anima infatti dedica da sempre grande attenzione al rapporto tra impresa e cultura, sollecitando imprenditori e imprese a investire nella cultura del sociale come reale pratica di responsabilità, come opportunità di crescita per l’impresa stessa e la collettività.
Le categorie del Premio saranno: Cinema, Giornalismo, Letteratura e Teatro. In questa XXI edizione del Premio – che si terrà a Roma, sulla Terrazza Caffarelli in Campidoglio il 10 ottobre – ancora di più intendiamo rivolgere la nostra attenzione alle categorie più vulnerabili, ai più fragili, a coloro che, partendo da una situazione di svantaggio, rischiano di essere travolti dall’ennesima crisi. Vogliamo puntare i riflettori su quelle storie e quei protagonisti che spesso restano ai margini della nostra società, con l’obiettivo di contribuire a combattere quella cultura dello “scarto” cui sono rivolte le attenzioni e i moniti di Papa Francesco.
Ancora una volta sarà data centralità ai temi del confronto, del dialogo, del rispetto, della diversità e della solidarietà, valori fondamentali per costruire un mondo migliore e guardare al futuro con speranza, riscoprendo l’importanza della “collaborazione”, quale vero motore dell’innovazione. La sinergia e il confronto tra imprese, istituzioni, terzo settore, società civile, saranno fondamentali per lo sviluppo del nostro Paese, che nei prossimi mesi dovrà confrontarsi con tre concetti chiave: crescita, solidarietà e sostenibilità”.
(L’autrice è anche vice presidente di Unindustria con delega al Centro Studi)