Quali sono le effettive necessità del mercato elettrico italiano oggi?
La prima necessità è che ci sia un mercato funzionante e che rifletta la realtà del settore. Perché ahimè, fatto 100 il totale dei consumi elettrici, sono sottoposti ad un regime di mercato meno della metà. L’altro 50%, in forme diverse, gode infatti di meccanismi che obbligano all’acquisto. Ecco: dobbiamo trovare il modo per cui anche questo 50% possa partecipare a pieno titolo al mercato rispettandone le regole. Mi riferisco, naturalmente, a tutte le forme che sono state introdotte per incentivare le fonti rinnovabili.
Quali sono gli aspetti da tenere in considerazione e i vincoli per una riforma efficace del mercato elettrico?
Il primo ostacolo è quello che ho detto, serve dunque una riforma delle regole del mercato che possa offrire a tutti gli operatori pari opportunità. Il secondo ha a che fare con l’esaurimento del business model su cui si basavano gli investimenti energetici fino a ieri. Chi investiva in impianti di generazione, infatti, pensava di remunerarsi attraverso la vendita dell’energia elettrica. Questo oggi non è più vero oppure lo è meno che in passato. I motivi principali sono due: i consumi elettrici non sono cresciuti come previsto e anzi sono consistentemente diminuiti; il secondo motivo è relativo al fatto che chi ha fatto investimenti a rischio si trova spiazzato da altri investimenti che sono invece remunerati grazie a degli incentivi pubblici. Questo fa sì che emerga chiaramente la necessità oltre che di un mercato dell’energia, anche di un mercato della capacità.
In che modo?
Faccio un esempio: a luglio abbiamo avuto una domanda elettrica molto forte e, nello stesso tempo, un dimezzamento della produzione eolica ed una riduzione della produzione idroelettrica, dovuti ad una quasi assenza di vento e ad una stagione piuttosto siccitosa.
C’è stato, è vero, un aumento della produzione fotovoltaica, ma con il limite costituito dal fatto che alla sera la produzione di energia cessa rapidamente.
Risultato: l’onere di sostenere il fabbisogno elettrico è gravato sugli impianti termoelettrici, i quali rimanevano fermi gran parte della giornata in attesa di quelle poche ore in cui venivano chiamati a produrre. Senza questi impianti, se non ci fossero state a disposizione decine di migliaia di megawatt di potenza pronta a dare il proprio contributo, durante le ore serali il sistema sarebbe entrato in crisi, probabilmente avremmo avuto dei black-out quasi quotidiani.
Appare così evidente che quegli impianti termoelettrici assumono un’importanza cruciale soprattutto per la loro capacità di fornire un servizio, più che per la quantità di energia elettrica che effettivamente riescono a fornire. E siccome il sistema elettrico deve funzionare 24 ore al giorno 365 giorni all’anno, si deve trovare un equilibrio tra i due sistemi: la vendita di energia e la vendita di capacità.
Che ruolo ha il legislatore?
Bisogna che il legislatore nelle sue varie forme, Ministero, Governo, Autorità per l’energia emetta i necessari provvedimenti. Mi sembra che il punto di vista sia condiviso.
Da parte nostra non possiamo non lamentare una certa lentezza, dovuta a tanti fattori, compreso il fatto che questa materia ha importanti risvolti che riguardano le politiche europee dell’energia. È dunque necessario adeguare i meccanismi regolatori e legislativi alle nuove indicazioni che provengono dall’Europa e, insieme, alle nuove esigenze che emergono dal mercato.
Delle proposte di riforma del mercato elettrico italiano individuate da Confindustria quale ritiene di prioritaria importanza?
Dal mio punto di vista sicuramente l’introduzione di un capacity market: oggi per i produttori termoelettrici questa è la priorità numero uno. Inoltre, abbiamo valutato molto positivamente anche il metodo che si è scelto di seguire, quello di una discussione aperta e collegiale che ha coinvolto tutti i segmenti rappresentati in Confindustria e direttamente coinvolti nella riforma del mercato.