Nel confuso presente italiano, l’Africa è percepita più come terra di provenienza dei flussi migratori che come continente in crescita e quindi come mercato in espansione. Eppure in Africa nel 2017 il Pil ha registrato un tasso di crescita del 3,7% e secondo il più recente rapporto “Africa Pulse” di Banca Mondiale, dopo il rallentamento al 3,1% previsto per il 2018 (legato alla caduta delle quotazioni delle materie prime dalle quali dipendono molte economie africane), la crescita economica nell’Africa subsahariana dovrebbe salire nel 2019 e 2020 al 3,6%.
Sono cifre assai più consistenti della stima di crescita della Ue. Se tale è il contesto economico del continente, le visite a fine agosto in Africa della cancelliera Merkel e del premier inglese Theresa May e il grande summit Cina-Africa indicano una percezione dell’Africa decisamente diversa dal racconto italiano.
Certo è difficile, per una media potenza come l’Italia, pensare di competere con gli investimenti e la promessa di remissione del debito ai paesi più poveri fatta dalla Cina.
Eppure che ci siano per il business altre strade, più percorribili delle macropolitiche mondiali, sta emergendo chiaramente.
L’Italia si sta allineando ai paesi europei e non europei, dal Giappone alla Francia agli Stati Uniti, dove da tempo si svolgono eventi business dedicati all’Africa per mettere in contatto gli imprenditori con i colleghi africani, con istituzioni e agenzie di sviluppo.
In Africa l’accelerazione dell’urbanizzazione e della spinta demografica, insieme alla creazione della grande Zona libero scambio continentale, stanno infatti determinando grandi cambiamenti socio-economici che generano notevoli opportunità di business per le imprese italiane e per il settore manifatturiero in particolare.
L’imperativo per i governi africani è infatti quello di diversificare le proprie economie e costruire (o ricostruire) tessuti industriali in grado di soddisfare i bisogni dei mercati nazionali ed esteri, creare occupazione e dare risposte alla crescente domanda di beni e servizi di qualità dei consumatori e delle imprese africane.
Due gli elementi rilevanti: il primo è l’interesse delle imprese africane al modello industriale italiano. Il secondo è il ruolo decisivo dell’associazionismo imprenditoriale.
Va in questa direzione la presenza anche alla seconda edizione di Italia Africa Business Week di Assobiomedica e di Confindustria Assafrica & Mediterraneo, che sin dall’inizio hanno individuato la strategicità secondo le rispettive competenze legate all’area geografica di attività e all’importanza del biomedicale in Africa.
Inoltre, la presenza di Piccola Industria Confindustria e dei vertici di Businessmed, unione delle “confindustrie” sudmediterranee dimostra come l’associazionismo imprenditoriale stia indicando la via di un possibile asse Africa-Europa-Mediterraneo per la corretta valutazione imprenditoriale dei mercati africani e a favore del partenariato economico e dell’investimento.
Un cammino nuovo che conferma, semmai ce ne fosse bisogno, che il business percorre strade diverse e talvolta alternative, assai più concrete e pragmatiche dei complessi processi politici nazionali e mondiali.
ITALIA AFRICA BUSINESS WEEK