Oggi che è alla guida di FederConfidi quali iniziative ritiene utili per il sistema?
I Confidi associati alla FederConfidi hanno da diversi anni messo in atto notevoli processi aggregativi che hanno riguardato non solo gli organismi di maggiori dimensioni, ma anche i Confidi di piccole e medie dimensioni e quelli del Mezzogiorno.
La Federazione, infatti, ormai da tempo sostiene le aggregazioni, facendo leva sul concetto che a tale rafforzamento strutturale è accompagnata una maggiore capacità di assistere le imprese. Questa capacità, che si sostanzia nella possibilità di intervenire concretamente nel rapporto tra banche e imprese, rappresenta il valore aggiunto dei Confidi. La combinazione del numero dei Confidi e quello delle imprese ad essi iscritti evidenzia che la riduzione dei Confidi non ha comportato un calo di associati, bensì ne ha allargato la rappresentatività.
Di tale azione aggregativa sono diretta testimonianza e, nonostante alcune difficoltà, ritengo che tale operazione vada portata avanti senza sosta, al fine di divenire uno strumento ancor più forte a sostegno del mondo associativo e imprenditoriale, di cui siamo diretta rappresentazione.
Quindi per i Confidi auspica una fase di rinnovamento?
È proprio l’esigenza di potenziare il delicato ruolo di servizio e consulenza alle imprese, non tralasciando la loro naturale vocazione mutualistica, che impone ai Confidi di
puntare alla crescita e all’efficienza; e di affrontare la concorrenza, alla ricerca delle soluzioni più vantaggiose e di maggiore qualità, anche assumendo maggiori rischi
nell’intento di divenire uno strumento di valorizzazione delle informazioni qualitative delle imprese. In questo modo sarà possibile avviare le attività finanziarie diverse dalla prestazione della garanzia a loro riservata in qualità di intermediari finanziari.
Quali sono le opportunità da sfruttare sul mercato creditizio?
Davanti a questo arretramento del sistema bancario su alcuni segmenti di mercato creditizio, dobbiamo cogliere l’opportunità di ampliare la nostra operatività.
Non quella legata alla sola emissione delle garanzie; penso invece a un allargamento dei servizi alle imprese come, al di là di tutti quelli utili per ottimizzare i costi bancari, a specifiche operazioni finanziarie, di consulenza per il credito agevolato se non proprio di supporto al rilascio delle attestazioni sulla capacità finanziaria delle imprese, così come la produzione della documentazione relativa al rating della legalità. Insomma, nuove opportunità e da cogliere al più presto.
Mi preme ricordare che il 31 dicembre scorso si è concluso per 11 Confidi, che rappresentano il 75% delle Pmi associate e l’80% del totale dei finanziamenti garantiti, il percorso con cui sono stati iscritti nell’Albo Unico degli intermediari finanziari ex art. 106 che gli consente di attivare tali attività finanziarie.
Quali iniziative dovrebbe prendere il governo a sostegno del Sistema Confidi?
Per quanto fin qui riferito, ma soprattutto per poter allargare in tempi brevi gli ambiti di operatività dei Confidi, ritengo che la politica abbia il “dovere” di portare a compimento, con gradita sollecitudine, l’iter normativo di riforma dei Confidi. Operazione, questa, da realizzarsi da un lato con l’istituzione dell’Organismo per i Confidi minori e dall’altro con la definizione di una riforma normativa che, fissando le reali prerogative dei Confidi e chiarendo meglio il perimetro d’azione, riesca con un intervento legislativo per il nostro settore a prevedere misure in grado di potenziare la loro funzione.
Non va, però, dimenticato un elemento fondamentale per il nostro sistema, il sostegno pubblico. Seppur non risolutiva, un elemento di attenzione da parte della politica è stata la “misura per il rafforzamento patrimoniale dei Confidi”, prevista dalla legge di stabilità 2014 per 225 milioni.
Finalmente, dopo ben quattro anni di attesa, essa vede i suoi primi risultati; tale misura permetterà ai Confidi, dopo una lunga e complessa istruttoria, di beneficiarne, ma purtroppo solo in maniera “indiretta”; ossia con la concessione di un contributo a sostegno dell’attività di garanzia, a differenza di quanto indicato nel titolo della misura.
Stiamo lavorando affinché l’eventuali somme residue possano essere distribuite a favore del sistema.
Cosa pensa della riforma del Fondo Centrale di Garanzia?
La manovra sembrerebbe ristabilire un maggiore equilibrio e neutralità tra la garanzia diretta e la controgaranzia, riassegnando un ruolo più preciso ai Confidi.
Soprattutto rispetto a quelle aziende che, avvalendosi di percentuali di garanzia diretta ridotta, potrebbero invece beneficiare di una garanzia più elevata tramite l’intervento dei Confidi autorizzati. Diviene sempre più essenziale rendere operativa tale riforma in tempi brevissimi.
Naturalmente ribadiamo la nostra opinione sulla necessità di innalzare il massimo importo garantibile dei volumi finanziabili ad almeno il doppio dell’attuale soglia.
Così come auspicheremmo di vedere innalzato il limite fissato sulle operazioni cosiddette a rischio tripartito. Volumi che, fermandosi sulla soglia dei 120mila euro rimangono ben distanti dai fabbisogni medi del comparto industriale. Anche il raddoppio di questa soglia rappresenterebbe per noi il “minimo sindacale”.
Lo scorso 14 marzo sono entrate in vigore le nuove norme in materia di Npl (non performing loan). Qual è l’impatto sui Confidi?
Innanzitutto anche i Confidi, al pari delle banche, come garanti di primo livello hanno subìto le gravi conseguenze della crisi in termini di aumento delle insolvenze.
Si pone per loro particolare attenzione rispetto alle recenti novità in materia di Npl. Per di più, l’incremento delle sofferenze quale conseguenza dell’ultima spirale recessiva, ha prodotto rilevanti stock di Npl, i quali, impegnando una consistente porzione di fondi propri delle banche, hanno scoraggiato la concessione di credito a quelle imprese meno virtuose che necessitano di maggiori accantonamenti. Tale tema, caro anche al nostro presidente di Confindustria, è preoccupante anche per il sistema della garanzia privata.
Come giudica le regole sui crediti deteriorati che potrebbero entrare in vigore nel 2018?
Una tempistica predeterminata per gli accantonamenti (due anni per i crediti chirografari e otto anni per i crediti garantiti) e un target di copertura in ogni caso fissato al 100% potrebbe costringere le banche, pressate dagli ingenti assorbimenti patrimoniali, a una maggiore selettività e limitare un approccio basato sull’utilizzo di strumenti di ristrutturazione del debito, a tutto danno delle imprese.
Tale scelta appare altresì ingiustificata in relazione alle attuali regole e ai meccanismi che già assicurano un’adeguata copertura dei crediti deteriorati. Sembra una scelta addirittura contraddittoria rispetto alla politica monetaria espansiva e anticiclica della stessa Bce, ma in tale sede diventa essenziale che le garanzie rilasciate dal sistema dei Confidi possano rientrare tra i “credit secured” consentendo così alla banche di valorizzare l’intervento di esse.