È iniziato il countdown. Qualcuno già da qualche settimana ha iniziato a scalpitare spinto più dalla voglia di uscire di casa che da effettive necessità, altri più ligi attendono il semaforo verde che progressivamente, in sicurezza, si sta accendendo. Gli uni e gli altri sono comunque accomunati da una forte voglia di “ritorno alla normalità”.
Non è la sede e neppure il momento per aprire un dibattito sulla definizione di normalità. Nonostante ciò, ho percepito l’utilità della sollecitazione a riflettere se quella condizione – tanto prossima nel tempo quanto distante nella sostanza – che abbiamo lasciato solo un paio di mesi fa, fosse una effettiva normalità piuttosto che un condensato di comportamenti e scelte sbagliate.
Così parrebbe, considerato quanto sta accadendo nel mondo intero con particolare intensità proprio dove tali comportamenti sono stati maggiormente diffusi e le scelte furono operate. Una riflessione del professor Alberto Peretti ci porta a concludere che “nulla di più nefasto possa esistere che ambire a tornare a come eravamo”. Viceversa, servirebbe pensare e ambire ad una nuova normalità, migliore della precedente.
Vai a vedere che alla fine questa crisi globale determinata da un accidente di virus, tirando le somme, ci lascia in eredità più di quanto ci ha tolto: la consapevolezza della superficialità, dell’ipocrisia, finanche della incompetenza, con le quali abbiamo affrontato e trattato temi che sono risultati esiziali. E questo insieme alla consapevolezza delle enormi responsabilità morali e materiali che abbiamo verso il mondo, il nostro mondo, che consumiamo senza nulla dare in cambio. Verso noi stessi e chi a noi seguirà.
Riapriamo le fabbriche, torniamo a creare valore economico e sociale con l’impegno di pensare a misurare l’impatto delle nostre scelte sulle generazioni che verranno, facciamo della sostenibilità non uno slogan ma uno stile di vita e saremo meno impreparati, meno fragili, meno esposti.
Abbiamo vissuto una Pasqua, un 25 aprile e un Primo maggio – festività che di solito segnano le prime evasioni primaverili – chiusi in casa, per la prima volta (e speriamo l’unica!) nella nostra vita. Potremmo dire che il nostro bagaglio di esperienza ne esca arricchito o forse no. In ogni caso abbiamo un gran desiderio di tornare ad interpretare i nostri ruoli. Non sarà come prima, questo è certo. Ma forse è meglio che sia diverso.