“La Terra? Uno spettacolo incredibile, un pianeta estremamente bello e diverso da tutti gli altri”. Così Paolo Nespoli, astronauta, in servizio all’Agenzia Spaziale Europea fino all’anno scorso, risponde alla più ingenua (forse) delle domande che ognuno di noi farebbe: com’è la Terra vista dallo spazio?
E lui, che può vantare ben tre esperienze di volo spaziale, l’ultima delle quali a bordo della ISS conclusasi nel dicembre 2017 che ne fa il secondo astronauta dell’Esa con più esperienza, racconta: “Con questi colori blu e bianchi, con questa atmosfera che sembra la nebbiolina in Valpadana, sembra un pianeta delicato e in estremo equilibrio”. “Poi – aggiunge – appena cominci a guardarlo un po’ meglio, scopri i segni evidenti della presenza degli esseri umani. Quando viene notte si accende come un albero di Natale, si vedono macchie di luce grandi come una nazione intera e lì ti rendi conto dell’impatto considerevole che noi umani abbiamo sul pianeta”.
Paolo Nespoli sarà ospite sabato prossimo a Genova al Forum di Piccola Industria “Sostenibilità e crescita: il futuro delle piccole imprese”. A lui il compito di raccontare al pubblico cosa vuol dire lavorare per un “pianeta sostenibile”.
Cosa le veniva in mente quando si affacciava dal cosiddetto “finestrone”?
La prima cosa è che siamo talmente tanti che stiamo alterando questo delicato equilibrio; la seconda è che non ci rendiamo conto di dover lavorare tutti insieme per capire quale sia il nostro impatto. La Terra a me sembra una nave in viaggio nell’universo ed è paradossale che quelli che sono seduti a prua si comportino in un certo modo e non si interessino di quelli che sono seduti a poppa. Abbiamo una visione molto settoriale del nostro pianeta.
Che ruolo ha l’industria nel mantenere vivibile il nostro ecosistema?
Molto importante. È arrivato il momento in cui dobbiamo mettere l’ecosostenibilità e il rispetto delle risorse del pianeta come una delle nostre priorità.
Quali suggerimenti darebbe agli imprenditori italiani?
È difficile per me perché ci sono tanti settori e molto diversi fra loro. Quello che posso dire è che fino ad oggi l’imprenditoria ha spesso guardato alla sostenibilità come un costo. E in parte è vero: pulire l’ambiente, non inquinare, reperire le risorse da chi esegue processi corretti costa di più. Tuttavia questo ha un risvolto importante nel marketing perché i prodotti ecosostenibili si vendono più facilmente sul mercato.
Cosa pensa del movimento ambientalista studentesco che si ispira a Greta Thunberg?
Non conosco in dettaglio la piattaforma, però ritengo giusto richiamare l’attenzione collettiva su questi temi e spingere anche persone della mia generazione a rivedere i propri comportamenti. D’altra parte il mondo non è nostro, ma è delle nuove generazioni ed è giusto che prendano loro il controllo.
Nella sua carriera si è occupato molto della preparazione degli astronauti. Quali sono gli aspetti più difficili del lavoro in team?
Per costruire un team devi partire dall’individuo. Ognuno di noi è fatto in modo diverso e nella vita quotidiana ci sono dei freni sociali che mascherano il nostro modo di essere. Bisogna prima di tutto capire quali sono i nostri punti di forza – pazienza, attenzione, concentrazione – e quali i punti deboli.
Mettere insieme un gruppo è un’alchimia abbastanza complessa, non esiste un algoritmo per questo. Tutti pensano, ad esempio, che le sei persone scelte fra cento astronauti per formare un equipaggio siano selezionate in modo che siano tutte compatibili fra loro. E invece è un lusso che non ci possiamo permettere perché i casi della vita sono infiniti: uno magari si infortuna, l’altro non è disponibile e così via. L’obiettivo è addestrare le persone in modo che siano già qualificate e pronte a lavorare in squadra. E poi c’è un altro aspetto.
Quale?
Nel team è importante capire quali sono il ruolo e i compiti di ciascuno. In tanti definiscono ad esempio cosa deve fare il leader, ma in pochi capiscono la funzione del gregario. Sulla Stazione Spaziale Internazionale funziona così: c’è un leader e ci sono cinque gregari e le assicuro che fare il gregario è difficile tanto quanto fare il leader perché occorre sempre dare un contributo consistente e non restare in attesa di ricevere istruzioni.
In molte occasioni lei ha esortato i giovani a scoprire le proprie passioni, coltivarle e farne il proprio lavoro. L’Italia non sembra un paese amico: poche risorse, mancanza di politiche adeguate con il risultato di tanti disoccupati e tanti Neet. Se oggi avesse 18 anni cosa farebbe? Lascerebbe il Paese?
Se avessi 18 anni e fossi rimasto sempre in Italia cercherei di fare un’esperienza all’estero perché lo ritengo fondamentale per la crescita personale. Trovarsi in un luogo con una cultura diversa, una lingua diversa e dover “lavorare” per reimparare a fare le cose normali, amplia la mentalità e insegna che si possono fare le cose e farle bene anche in modo differente.
Io in questo momento mi trovo in una situazione interessante. Ho concluso il mio percorso all’Agenzia Spaziale Europea, vivo negli Stati Uniti da 23 anni, dove ho casa e famiglia, e in teoria potrei restare laggiù. Però alla fine mi sento italiano, torno. Certo, mi arrabbio anche, perché ci comportiamo in modo davvero strano. Dall’esterno ho visto che in Italia si possono fare cose impossibili, ma le cose normali – tipo l’allacciamento del gas – quello no, non ci appassiona. Stiamo tutto il giorno a “spegnere gli incendi”, ma non sarebbe meglio se gestissimo le cose diversamente?
Detto questo, all’estero non si sta meglio per definizione. A mio avviso bisogna lavorare dove ciascuno si sente a proprio agio. Io mi sento europeo e italiano e in Italia ho aperto la mia società, diventando imprenditore a oltre 60 anni.
Un cambio radicale. Dica la verità, le mancheranno le missioni nello spazio?
Andare nello spazio è sicuramente incredibile, un’apoteosi, ma vi si arriva dopo anni di intenso lavoro, preparazione e sacrifici. Da parte mia talvolta mi sento addirittura sorpreso di essere riuscito a diventare astronauta, e poi ad andare in missione, e poi sullo Space Shuttle, e poi sulla navicella russa, e poi di volare una seconda volta.
Ecco, se mi guardo indietro posso solo essere contento. Oggi non sento la mancanza dello spazio, ma cerco di godere delle esperienze fatte e sentirmele addosso.