Lei è ormai alla seconda legislatura, come è cambiato durante gli anni il Parlamento Europeo?
Trovo che rispetto a dieci anni fa il Parlamento sia cambiato sotto diversi punti di vista. Il più importante è quello istituzionale. Con l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, nel 2009 i poteri del Parlamento sono stati notevolmente aumentati rendendolo a tutti gli effetti un attore centrale nel processo decisionale europeo. La nuova procedura di co-decisione, tramite cui viene adottata la maggioranza degli atti normativi dell’Unione, conferisce al PE un ruolo, almeno sulla carta, di parità rispetto al Consiglio.
Su quali dossier si sta impegnando attualmente?
Nella Commissione per gli affari costituzionali – dove ricopro anche il ruolo di coordinatrice del gruppo dei Socialisti e Democratici (SD) – sto lavorando come relatrice al Rapporto sulle possibilità offerte dal Trattato di Lisbona con l’obiettivo di permettere di sfruttarne tutte le potenzialità. Nella Commissione per lo sviluppo regionale) abbiamo analizzato il Sesto Report della Commissione europea sulla coesione economica, sociale e territoriale, con una relazione di cui sono responsabile per il gruppo SD. La questione delle riforme istituzionali dell’Unione è di grandissima attualità, mentre la Politica di coesione e quella regionale rappresentano i fiori all’occhiello dell’attività dell’Ue, con investimenti per 350 miliardi di euro in crescita e occupazione, soprattutto nelle aree più disagiate. In seno alla Commissione per gli affari costituzionali, inoltre, ci stiamo occupando del dossier riguardante la questione della legge elettorale europea e, soprattutto, del progetto di better regulation avviato dalla Commissione europea poco prima dell’estate.
In che modo si sta adoperando affinché le proposte cui state lavorando possano avere un impatto positivo sull’industria italiana?
Le riforme istituzionali potranno avere un impatto positivo sull’industria italiana nella misura in cui permetteranno all’Ue di affrontare meglio le crisi economiche, le grandi sfide geostrategiche e di completare il mercato unico, oltre a rendere più credibile politicamente ed economicamente l’Europa nel contesto della competizione globale.
La Politica di coesione riguarda da vicino l’Italia, dato che il nostro Paese, nel corso del periodo 2014-2020, riceverà oltre 43 miliardi di euro da investire in crescita e occupazione. A ciò si aggiungano, poi, gli ulteriori fondi che saranno messi a disposizione dal Fondo Europeo per gli Investimenti Strategici (EFSI), dotato di 315 miliardi. Come gruppo SD, ci stiamo sforzando di trovare soluzioni concrete per creare un ambiente economico più favorevole all’imprenditorialità, a cominciare dalla semplificazione del contesto normativo e stiamo lavorando per rendere il sistema di formazione dei lavoratori più vicino alle necessità delle imprese e alle richieste del mercato. Un sistema, in definitiva, meno generalista e più aderente alla realtà.
Che cosa deve fare l’Europa per essere più vicina ai cittadini e alle imprese?
È fondamentale che l’Europa si muova verso una dimensione più politica. Questo è l’unico modo per coinvolgere davvero i cittadini nelle decisioni dell’Unione e valutare il lavoro dei loro rappresentanti europei. Ritengo, inoltre, che sarebbe un enorme passo avanti se l’Eurozona fosse dotata di un modello di governance economica più efficace e democratico in cui gli Stati concedano più competenze all’Unione ed in cui il Parlamento europeo eserciti, un controllo diretto sull’operato delle istituzioni. In questo modo, in ambito economico, l’Unione potrebbe agire in maniera più efficace ed efficiente. Questa forma di “unione politica”, almeno in ambito economico, è l’unica soluzione che possa garantire all’economia e alle imprese europee di rimanere competitive e credibili nel gioco della competizione internazionale. Non è, infatti, pensabile che i singoli Stati membri possano confrontarsi con giganti, quali Stati Uniti, Cina, da soli.
(P.M.)
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