L’Europa sta attraversando un momento difficile dopo l’altro. Ieri la Grecia, oggi l’immigrazione, domani il referendum per l’appartenenza all’Unione europea del Regno Unito; secondo lei le risposte che fino a ora l’Ue ha dato sono soddisfacenti?
Di fronte alla crisi economica e all’impatto dei flussi migratori, il progetto di integrazione europea ha mostrato i suoi limiti ma anche la sua necessità storica. Non ancora realizzato, quel progetto serve però ad avvicinare sempre di più l’Unione al traguardo di unità politica e rappresentanza democratica che la renderà più forte e più autorevole.
Lo scopo resta quello di costruire un’Europa capace di incidere nella politica mondiale in maniera adeguata al peso economico e culturale dei suoi popoli. Un’Europa protagonista sulla scena globale.
La Grecia insegna. Nonostante i populismi e i pesanti effetti della crisi economica, una forte maggioranza del Parlamento greco si è dimostrata a favore della permanenza all’interno dell’Unione. Gli ultimi eventi, infatti, anche sul fronte migratorio, hanno dimostrato che l’Europa non si riduce alla moneta unica, ma è prima di tutto un progetto politico basato sulla solidarietà e sul mantenimento della pace.
La rinascita di nazionalismi può rappresentare un problema? Come dovrebbe agire Bruxelles?
Gli egoismi nazionali possono mettere in seria difficoltà l’integrazione europea. Forme estreme di populismo e nazionalismo causano momenti di stallo decisionale anche in Stati di primaria rilevanza come Francia, Spagna, Grecia e Regno Unito, e costituiscono il principale ostacolo a una maggiore integrazione e a risposte efficaci della Ue alle crisi. L’Unione ha l’obbligo di farsi sentire più vicina alle imprese e ai cittadini, promuovendo con gesti concreti le ragioni politiche dello stare insieme e lo spirito di una cittadinanza realmente condivisa. Le istituzioni europee non devono avere come ragion d’essere la propria mera sussistenza, ma “parole e fatti” concretamente a supporto di famiglie e imprese. La politica comunitaria deve essere al servizio della intraprendenza e industriosità dei cittadini, invece di seminare lacci e vincoli anacronistici e incomprensibili. La troppa burocrazia è peccato capitale se vogliamo riprendere a crescere. L’Europa, poi, prima che unione economica dev’essere unione di valori fondanti che definiscono l’identità di ogni singolo cittadino. Non può essere soltanto l’Europa delle banche o delle strutture legate alla moneta unica. Non si riduce all’Euro. È anzitutto un insieme di valori al centro dei quali c’è la Libertà, anche economica. E il cuore dell’Europa dei valori è il Parlamento, dove la libertà si esercita ogni giorno attraverso il confronto al servizio di imprese e cittadini.
Gli ultimi dati diffusi da Eurostat dicono che il Pil su base annua è cresciuto dell’1,5% per l’eurozona e dell’1,9% per l’Unione europea. Nel continuo confronto tra austerity e flessibilità quale deve essere il giusto approccio per tornare a una crescita sostenuta?
È ormai evidente che l’austerità da sola non può essere la soluzione alla crisi. Oltre a necessari tagli di spesa e a fondamentali riforme strutturali, servono più investimenti per la crescita. Bisogna rilanciare la politica industriale europea, promuovendo e difendendo anche le produzioni europee con una disciplina sul “made in”. Il lancio del Piano Juncker che mira a sbloccare fino a 315 miliardi d’investimenti, e l’Unione dei mercati di capitali, sono due azioni concrete per favorire la crescita. Bisogna perseverare su questa strada e favorire politiche che abbiano l’obiettivo di creare occupazione e incentivare lo sviluppo delle nostre aziende.
In che modo?
In particolare, dobbiamo risolvere il problema dell’accesso ai finanziamenti per le Pmi, elaborando nuove strategie che rendano l’accesso al credito per artigiani e piccole imprese sistematico e continuo. Occorre sbloccare i capitali non utilizzati attraverso forme di finanziamento alternative e un maggiore ricorso ai capitali di rischio. Se l’Unione Europea avesse avuto la possibilità di ricorrervi come negli Stati Uniti, quasi 90 miliardi di euro aggiuntivi avrebbero potuto finanziare le nostre imprese tra il 2008 e il 2013. A fine ottobre, grazie a una mia iniziativa, il tema dell’accesso al credito per le Pmi tornerà al centro dell’agenda politica europea. Con l’appoggio trasversale di tutti i maggiori gruppi politici, ho chiesto alla Commissione europea di riferire sull’impatto della regolamentazione finanziaria sull’accesso al credito per le Pmi e una stima dei benefici degli strumenti volti a migliorare l’accesso ai finanziamenti per le Pmi come l’SMEs supporting factor e i capitali di rischio.
È in corso il dibattito su come rafforzare l’unione economica e monetaria. C’è chi propone un mini-Parlamento dei paesi della zona euro, chi un supercommissario, chi una competenza fiscale europea. Qual è la sua opinione al riguardo?
Sono favorevole al progetto di un ministro delle Finanze unico per la zona euro, come anticipato dal Rapporto dei 5 Presidenti, ma da solo non è sufficiente e va inserito nella più ampia riforma di armonizzazione fiscale nell’Unione per rilanciare la competitività delle imprese.
Dopo l’Unione bancaria e l’Unione dei mercati dei capitali, bisogna arrivare all’Unione fiscale. Se vogliamo un’Europa forte, serve una politica fiscale unica, non una politica a spot o a macchie di leopardo. Senza una strategia di più largo respiro, l’Ue rischia di restare in mezzo al guado. Invece deve fare un salto di qualità.
Lei è stato due volte membro della Commissione europea. Come valuta il lavoro dell’Esecutivo europeo a ormai quasi un anno dal suo insediamento?
Il grande merito dell’esecutivo guidato da Jean Claude Juncker è il coraggio con il quale ha affrontato l’esigenza di valorizzare la crescita e lo sviluppo, oltre alla stabilità. E lo spirito di collaborazione con le altre istituzioni europee, in particolare il Parlamento, con l’obiettivo di offrire ai cittadini la possibilità di una più concreta ed efficace interlocuzione con le istituzioni Ue nel loro complesso.
Che ruolo spetta al Parlamento europeo per rimettere al centro del dibattito l’industria e il manifatturiero?
L’indicazione diretta dei vertici europei attraverso le elezioni ha contribuito ad avvicinare maggiormente il Parlamento europeo a cittadini, famiglie e imprese. Vorrei però sottolineare quello che già si sta facendo, il lavoro quotidiano di tanti parlamentari dei diversi gruppi per migliorare le condizioni del fare impresa in Europa.
Vorrei citare un esempio recente: la direttiva, di cui sono stato relatore in Parlamento, sui servizi di pagamento online per meglio rispondere alle sfide dell’economia digitale e alle esigenze dei consumatori.