Una foglia di ulivo, un mosaico, un corallo, un intero albero d’ulivo. Sono le quattro proposte dell’Unione per il Mediterraneo, da votare online per scegliere il logo del Mediterranean Day che il 28 novembre di ogni anno ricorderà la firma nel 1995 della Dichiarazione di Barcellona, preveggente policy comunitaria di integrazione politica, economica e sociale da realizzare attraverso il partenariato euromediterraneo.
Sono quattro icone, tutte evocative di un Mediterraneo reale e immaginario al tempo stesso: un mosaico di culture, un mare generoso che nutre e al tempo stesso si rigenera. Autofertilizzante, lo definiva Mario Pedini, primo presidente di Assafrica e grande negoziatore, per conto della Ue, degli Accordi di Associazione, le fondamenta dello spazio euromediterraneo. Ma anche patria senza confini della civiltà dell’ulivo, l’unica pianta che è possibile trovare da Gibilterra alla Siria, elemento unificatore di Maghreb e Mashraq, le due sottoaree geografiche in cui il Mediterraneo si declina. E, infine, area di conflitti irrisolti ma al tempo stesso terra dei sapienti che hanno predicato la pace. Un Mediterraneo che tutti noi, abitanti rivieraschi, ci portiamo dentro.
La Dichiarazione di Barcellona ha prodotto i suoi frutti anche sulle imprese mediterranee, che fino al 1995 non si conoscevano. Non si conoscevano quelle del Nord e Sud Mediterraneo. Non si conoscevano tra di loro neanche le imprese dei paesi sud mediterranei. Ma attraverso più passaggi, grazie alla Dichiarazione di Barcellona, l’Unione europea fu la Grande Madre che diede vita a Businessmed, l’organizzazione che rappresenta le organizzazioni imprenditoriali centrali dei paesi mediterranei, di cui è oggi a capo proprio Confindustria-Italia.
Tutto questo è il passato. Ma siccome “essere stati è una condizione per essere”, scriveva il più grande storico del Mediterraneo Fernand Braudel, oggi questo magma riaffiora nella scelta di un logo. In realtà la posta in gioco, assai più alta, è l’identità stessa del Mediterraneo.
Nel 2021 i problemi legati all’occupazione, specie quella dei giovani, la modifica degli stili di vita, l’effetto-cesoia sul passato causato dal Covid, l’accelerare dell’innovazione di processi e prodotti e la digitalizzazione delle imprese e dei singoli individui chiedono ai paesi dell’area mediterranea di ritrovare la loro precisa e smarrita identità, da declinare in condivisione e appartenenza. Brand heritage, certo. Ma anche identità percepita e da far percepire di fronte all’avanzare nel mondo globale delle nuove Zone di libero scambio africana e quella dei paesi Asean con Cina, India e Giappone, recentemente costituite.
Ecco allora che la scelta di un logo, di per sé momento delicatissimo e identitario per ogni brand, si carica di significati molteplici ma tutti riuniti in una sola parola: futuro. Acquistando così un significato politico che ci riguarda tutti: come persone, cittadini, imprenditori, come business community.
Quale logo ci rappresenta meglio come abitanti del più fertile e vivifico “laboratorio della Storia”? Lo sapremo a febbraio sul web attraverso i canali social dell’Unione per il Mediterraneo.
Si vota a questo link: https://dayofthemediterranean.com/med-day-logo-poll