Imprese e liquidità: questo il binomio chiave. Liberare le imprese da un’eccessiva dipendenza dal credito bancario, portarle a utilizzare strumenti di finanziamento alternativi, dai minibond al private equity, rafforzare il rapporto con le banche puntando a dare maggiore valore agli elementi qualitativi. Tutti aspetti su cui Confindustria si sta impegnando molto, per sostenere le aziende, soprattutto le Pmi, in una fase ancora difficile: dalle moratorie (la prima è del 2009), all’Agenda per il credito, dal progetto Elite, al tavolo di dialogo con le banche previsto dall’ultimo accordo di marzo 2015.
Il credito è sempre stato un vulnus per le imprese, soprattutto quelle di più piccola dimensione, e per questo terreno di grande impegno per Confindustria.
Assolutamente sì, soprattutto in questi lunghi anni di crisi nei quali, da un lato, abbiamo contribuito alla messa a punto di strumenti importanti per dare ossigeno e liquidità alle imprese, dall’altro ci siamo mossi per costruire un approccio strutturale, organico di politica del credito, con una serie di soluzioni che si incastrano tra loro come le tessere di un puzzle utile a migliorare non solo la situazione delle aziende, rendendole più strutturate, forti e competitive, ma anche quella del paese. La crescita, infatti, è un obiettivo cui deve tendere non solo il sistema produttivo, ma il paese intero. È un traguardo che va raggiunto dentro le imprese, vero, ma anche fuori, nei fattori di contesto, altrimenti abbiamo macchine efficientissime che corrono su strade piene di buche, non ha molto senso.
E come vi siete mossi?
Lungo due direttrici: la prima, affrontare l’emergenza per sostenere quell’area “grigia” di imprese che dovevano superare le difficoltà della crisi e mettersi nelle condizioni di agganciare la ripresa. La seconda, sostenere la crescita di quelle aziende che invece hanno retto agli urti della crisi, hanno i fondamentali a posto e per svilupparsi di più hanno ora bisogno di una vera strategia finanziaria. Le faccio l’esempio delle moratorie, dalla prima che abbiamo firmato nel 2009 molte cose sono cambiate. In 6 anni sono state sospese rate per 24 miliardi di euro. L’impostazione allora era dare un po’ di fiato alle aziende a corto di liquidità. Oggi l’accordo per la moratoria esce dalla dimensione originaria di emergenza e diventa strategia finanziaria e anche chi ne ha usufruito in passato, può farne richiesta.
Le banche vi hanno dato ascolto?
Sì, abbiamo sempre perseguito il dialogo, il confronto utile a trovare soluzioni. Mai lo scontro o il conflitto. Il tavolo banche-imprese che partirà a fine mese punta proprio a proseguire il rapporto proficuo che siamo stati capaci di creare in questi anni con le banche, cercando di dare valore maggiore agli elementi qualitativi rispetto ai parametri quantitativi. Le imprese devono diventare brave a raccontare i loro punti di forza e le loro potenzialità, e le banche devono diventare più brave a valutarli. C’è già qualche esempio positivo: alcuni istituti si stanno muovendo con successo proprio in questa direzione.
Bastano le banche a dare credito?
No. Anzi. La strada è andare verso una minore dipendenza dal credito bancario, grazie all’utilizzo di strumenti diversi di finanziamento, come il private equity o i minibond. Nel 2014 le emissioni di minibond sono state 48 per circa 465 milioni. Nella prima parte del 2015 sono state 17 per 109 milioni. Un altro strumento per stimolare il mercato dei capitali è il Fondo Italiano d’Investimento, promosso nel 2010 da Confindustria con Mef, Cdp, Abi e le principali banche italiane.
Si muove in questa logica anche il progetto Elite, che volete allargare.
Abbiamo lanciato Elite in Italia nel 2012 insieme a Borsa Italiana e finora vi hanno aderito quasi 200 aziende. Già allora l’obiettivo che ci eravamo entrambi posti era di diffonderlo il più possibile. Oggi questo obiettivo è diventato realtà: a giugno abbiamo firmato con Borsa Italiana un protocollo che prevede la nascita degli Elite desk, sportelli distribuiti presso le sedi delle nostre associazioni territoriali e settoriali per diffondere una nuova cultura finanziaria.
Qui gli imprenditori potranno ricevere informazioni sull’attività e l’evoluzione del programma. Le imprese devono avere maggior consapevolezza delle opportunità offerte dai mercati finanziari, con cui devono imparare a dialogare, e allo stesso tempo essere consce anche delle loro potenzialità per capire come valorizzarle al meglio.
L’obiettivo finanza strategica era uno dei tasselli dell’Agenda per il credito.
Perché la finanza può effettivamente diventare elemento strategico per lo sviluppo dell’imprenditoria italiana, fatta soprattutto di piccole e medie imprese. Il rapporto degli imprenditori con il mondo della finanza va trasformato da un punto di vista culturale, perché l’apertura del capitale non deve fare più paura, ma anche in termini di mera convenienza economica. È un bacino di liquidità enorme che oggi abbiamo a disposizione: non utilizzarla sarebbe grottesco.