di Giovanni Brugnoli e Giulio Pedrollo, Vice Presidente per il Capitale Umano e Vice Presidente per la Politica Industriale Confindustria
Educazione responsabile, tecnologia sostenibile: due facce della stessa medaglia. I profondi cambiamenti economici e sociali in atto, accelerati dalla crisi economico-finanziaria internazionale, hanno reso evidente la necessità di investire su percorsi di sviluppo duraturi e sostenibili, volti alla costruzione di un nuovo sistema capace di coniugare competitività, innovazione e sostenibilità: questo sia a livello ambientale che a livello sociale ed economico.
L’impegno verso uno sviluppo sostenibile non è solo una scelta consapevole, ma anche una necessità e un dovere verso le nuove generazioni. La società civile, i giovani, le imprese sentono il bisogno di un progetto di ampio respiro che parli del futuro in modo serio e credibile.
Un discorso che vale per l’educazione e anche per l’impresa. L’industria del futuro è innovativa, sostenibile e interconnessa. È un’industria capace di integrare i risultati dei progressi scientifici all’interno di nuovi prodotti e servizi, di trasformare i vincoli ambientali in opportunità e di valorizzare il potenziale di sviluppo legato alle tecnologie Ict, migliorando l’efficienza e la capacità produttiva. Non è un caso: oggi, un numero crescente di aziende sta investendo in processi e prodotti più sostenibili. E questa è una scelta non solo dettata dalle regole del marketing, ma che deriva dall’acquisita consapevolezza delle nostre imprese che l’agire sostenibile è parte della governance di impresa, un elemento strutturale della stessa: un elemento strategico di competitività.
Sono gli stessi investitori a valutare le proprie scelte di business in ragione della sostenibilità di un’impresa, per cui essere sostenibili diventa un’esigenza imprescindibile per essere competitivi nel mercato globale.
Stiamo vivendo la quarta rivoluzione industriale, ma gli obiettivi di Industry 4.0 non saranno raggiungibili se non ci impegneremo contemporaneamente per una società inclusiva e aperta, che metta al centro la persona e che realizzi una vera coesione sociale. Non annullando le differenze, ma dando a ciascuno gli strumenti e la fiducia per poterle superare.
È fondamentale quindi rafforzare le politiche per l’innovazione, diffondendone la cultura tra le imprese di tutti i settori e di tutte le dimensioni.
Si tratta di una priorità per il nostro Paese: la capacità di cogliere le opportunità offerte dal digitale e le scelte dei prossimi anni incideranno sul futuro dell’industria e sulle caratteristiche economiche dell’Italia.
Mettere l’impresa al centro delle politiche economiche significa attuare una politica industriale fondata su una precisa strategia di crescita per il Paese e che, con diversi strumenti utilizzati in modo coordinato, spinga il sistema produttivo verso lo sviluppo e l’occupazione. Secondo questa idea di politica industriale, dunque, l’azione politica deve in primo luogo concentrarsi sui fattori di contesto per rimuovere gli ostacoli e i colli di bottiglia che appesantiscono l’operatività delle imprese e scoraggiano gli investimenti.
Parallelamente, devono essere messe in campo specifiche politiche industriali che siano fortemente incentrate sull’innovazione per consentire alle imprese di agganciare i driver di sviluppo che caratterizzano quest’epoca.
Sostenibilità, green economy, digitalizzazione, welfare e sanità, rigenerazione urbana, creatività e beni culturali, sicurezza sono i driver di crescita che in molti paesi stanno già svolgendo un ruolo di traino per la ripresa, attraendo enormi investimenti e generando nuovi posti di lavoro. Anche l’Italia può agganciare questi driver con nuove politiche industriali, che trasformino le sfide in opportunità: le imprese che sapranno interpretarle correttamente potranno intercettare la nuova domanda di beni e servizi e riusciranno a entrare in nuovi mercati.
Nello stesso tempo, con una visione d’insieme quanto mai decisiva nello sviluppo di due fattori estremamente collegati tra di loro, quando parliamo di futuro e di innovazione non possiamo prescindere dai giovani e dalla loro educazione e formazione.
È dalle loro energie, dalla loro voglia di futuro che dobbiamo partire per costruire una società aperta e inclusiva. La bassa occupazione giovanile è un valore sprecato, che impoverisce il Paese e, nonostante gli sforzi, i divari tra imprese, giovani e cittadini sono ancora in aumento. Proprio il capitale umano gioca un ruolo fondamentale nella partita della sostenibilità. Garantire un’istruzione di qualità per tutti vuol dire ancorare la società italiana ai valori della democrazia e dello sviluppo, vuol dire dare ai giovani gli strumenti per trovare un’occupazione dignitosa restituendo il futuro a un’intera generazione.
Ancora oggi, nonostante i miglioramenti faticosamente effettuati negli ultimi anni, l’Italia sconta numerosi ritardi sul fronte del capitale umano che nel prossimo futuro rischiano di tradursi in uno svantaggio competitivo per l’intero sistema Paese.
Nella competizione economica le conoscenze tecnologiche, umane e sociali e quindi l’istruzione giocano un ruolo fondamentale per uno sviluppo che prima ancora di essere economico è umano e sociale. I giovani devono essere ben orientati e accompagnati in questa fase di profondo cambiamento e, in questo contesto, le imprese hanno un ruolo formativo fondamentale. È necessario quindi un salto culturale.
È importante porre l’education tra i temi centrali della politica italiana come leva principale per ridurre le disuguaglianze e garantire a tutti pari opportunità valorizzando il merito, per acquisire una maggiore cultura della tutela ambientale, per assicurare crescita sostenibile alle nostre imprese, per costruire società più inclusive e pacifiche che abbiano a cuore i diritti umani. Bisogna avere una visione sistemica che comprenda educazione e cultura, imprenditorialità e innovazione, alimentazione e salute, lavoro e welfare.
Le competenze sono un tema cruciale per affrontare i cambiamenti in corso. Il mondo del lavoro cambia molto velocemente: nuovi posti di lavoro scompaiono, ma molti altri se ne creano fondati su nuove conoscenze. Tutto è accelerato dallo sviluppo di nuove tecnologie e dall’emergere di nuovi fabbisogni.
Cambiano le modalità con cui vengono svolte tutte le occupazioni, dalle più impegnative alle più semplici, e le competenze necessarie sono in continua evoluzione.
Per far fronte a questa rivoluzione è necessario che le imprese e gli imprenditori colgano in tempo la portata di quanto sta accadendo e le opportunità derivanti dalla digitalizzazione dell’industria e impieghino opportunamente gli strumenti della formazione continua per qualificare e riqualificare le proprie risorse sui fronte del digitale.
Ecco perché tecnologia ed educazione, insieme, possono rappresentare un – se non addirittura il – fattore strategico fondamentale per le imprese.
Poter usufruire del capitale umano dotato del giusto mix di abilità, attitudini e conoscenze può fare la differenza per un’impresa per la sua permanenza sul mercato. Innovazione sostenibile e nuove competenze, capaci di dare gli strumenti per adoperarla al meglio: ecco di cosa c’è bisogno per vincere la sfida della nuova rivoluzione industriale.