Intervista a Maria Bianca Farina, presidente ANIA – di Romano dalla Chiesa
Nel panorama europeo l’ltalia resta un paese sottoassicurato, con l’eccezione del settore auto. Parlando di pmi, qual è la situazione attuale?
È vero, il nostro Paese presenta una sotto-penetrazione nell’ambito delle coperture assicurative danni, soprattutto se confrontate con i valori degli altri paesi europei. Gli italiani si assicurano poco spendendo appena 83 euro pro-capite, molto meno di Germania (214 euro), Francia (249 euro) e Regno Unito (262 euro).
Il fenomeno non si deve certo a una rischiosità più bassa: basti pensare alla forte esposizione al rischio delle catastrofi naturali. Secondo alcuni studi sono, infatti, circa sette milioni gli italiani residenti in aree a rischio frane e alluvioni e 24 in aree esposte al rischio sismico.
In linea con questa tendenza anche le piccole e medie imprese risultano sottoassicurate. Ci si limita, infatti, alle coperture assicurative essenziali, quelle a tutela dei principali rischi che possono colpire l’azienda, come i danni al fabbricato, alle merci e ai macchinari, il furto dei materiali prodotti e custoditi, i risarcimenti che l’azienda deve riconoscere a terzi danneggiati per proprie responsabilità. Circa un terzo delle pmi italiane è del tutto privo di una copertura incendio, furto o di responsabilità civile.
La quota si riduce poi notevolmente considerando coperture più specifiche, come i danni indiretti (meno del 5%), cioè quelli derivanti dall’impossibilità di operare per un certo periodo a seguito di eventi che danneggiano gravemente i locali o le merci e i macchinari.
In Italia purtroppo si tende più che in altri paesi a sottostimare la percezione del rischio e a ritenere il costo dell’assicurazione superfluo, in un’ottica di contenimento delle spese aziendali comprendendo l’importanza dell’assicurazione dopo, quando è ormai troppo tardi e si è verificato l’irreparabile.
Con che strumenti o servizi è possibile diffondere fra gli imprenditori una maggiore cultura dell’assicurazione?
Una maggiore copertura assicurativa consente di liberare risorse da investire in modo più produttivo e, soprattutto, di consolidare la stabilità e la solvibilità dell’azienda, migliorandone il merito creditizio e garantendo così più facilità nell’accesso al credito.
È necessario quindi un cambio di passo da parte del settore assicurativo. Le assicurazioni, infatti, possono e devono fare la loro parte, sviluppando ulteriormente l’offerta, integrandola con servizi a 360° di prevenzione, assistenza e risanamento dell’attività aziendale in tempi rapidi, anche attraverso l’utilizzo dell’innovazione.
Le assicurazioni devono inoltre sensibilizzare l’opinione pubblica sui rischi che possono compromettere l’integrità dell’azienda, promuovendo misure di prevenzione e forme di protezione attraverso un’efficace attività di comunicazione.
Quale ruolo riveste l’industria assicurativa nel sostegno all’economia reale? E quale contributo potrebbe dare alle pmi in ltalia?
Negli ultimi anni ci sono state molte iniziative, sia a livello europeo che in ambito nazionale, per ristabilire la struttura finanziaria delle aziende. Nuovi strumenti come i mini bond, i fondi di debito e di credito e la possibilità da parte delle compagnie di assicurazione di erogare credito alle imprese possono favorire la canalizzazione di finanziamenti verso l’economia reale.
L’Ania effettua ogni anno alcune rilevazioni per quantificare l’interesse dell’industria assicurativa ai nuovi strumenti legati al rischio di credito e per poter quantificare l’apporto fornito all’economia reale. Dall’ultima indagine, relativa al 2016, emerge che circa il 7% del totale degli attivi a copertura delle riserve detenuti dalle compagnie è costituito da investimenti esposti al rischio di credito delle imprese, in particolare private placements e, in misura minore, fondi di debito o di credito.
Nessuna compagnia del nostro campione, rappresentativo di oltre il 70% del mercato in termini di investimenti effettuati, ha fatto ricorso al finanziamento diretto, principalmente a causa dell’impegno che richiederebbe strutturarsi per valutare adeguatamente le aziende da finanziare.
Siamo convinti che in prospettiva l’interesse verso il mondo del credito potrà ampliarsi, soprattutto per quanto riguarda il mondo delle pmi, ma sarà necessario avere regole che rispecchino più accuratamente le caratteristiche di rischio delle piccole e medie imprese e di schemi di finanziamento che coniughino le esigenze di prudenza delle compagnie di assicurazione con quelle delle aziende da finanziare.
Quindi il settore assicurativo può fare molto di più a sostegno delle pmi, ma è necessaria un’intensa collaborazione tra tutti gli stakeholder per identificare le forme di finanziamento più adeguate.
La legge di bilancio 2017 ha introdotto i piani individuali di risparmio (Pir). Qual è il giudizio di Ania? Ritiene che questo strumento possa far affluire risorse al sistema delle pmi?
I piani individuali di risparmio rappresentano uno strumento importante per canalizzare il risparmio a sostegno del tessuto produttivo italiano. Le compagnie di assicurazione sono in attesa di sciogliere gli ultimi dubbi interpretativi prima di lanciare i primi piani assicurativi sul mercato.
Valutiamo in modo molto positivo l’incentivazione dei risparmiatori a ricercare investimenti di medio-lungo termine, soprattutto ora che la regolamentazione prudenziale delle assicurazioni scoraggia eccessivamente impegni a lungo termine.
Dobbiamo, però, rilevare come la formulazione attuale della norma renda difficile l’accesso al regime fiscale agevolato dei Pir ai sottoscrittori dei prodotti assicurativi “tradizionali” a rendimento minimo garantito, di gran lunga lo strumento preferito dagli italiani per l’investimento a lungo termine.
Come settore assicurativo auspicheremmo che anche i sottoscrittori di questi prodotti possano beneficiare – limitatamente alla quota di investimenti qualificati – dello stesso trattamento fiscale giustamente proposto per i sottoscrittori dei Pir. Tale evoluzione consentirebbe di far affluire maggiori risorse al sistema delle pmi italiane.
Con la crescente digitalizzazione dell’economia, il rischio informatico è una minaccia sempre più presente nell’attività di impresa. Come si comportano le pmi italiane? Quali strumenti assicurativi potrebbero attivare?
Il cyber risk sta scalando rapidamente la classifica delle minacce più temute dai risk manager. Gli incidenti informatici, sia incidentali sia deliberati (cyber crime), possono infatti determinare conseguenze economiche anche molto negative in termini di business interruption, danno reputazionale e risarcimenti a terzi.
L’esposizione a questa classe di rischio delle pmi italiane è in crescita, ma si fa ancora poco per tutelarsi dalle sue conseguenze ricorrendo allo strumento assicurativo.
Quasi il 40% di un campione di imprese intervistate sul tema ha riportato almeno un attacco informatico negli ultimi cinque anni, ma meno del 10% dichiarava di possedere una copertura assicurativa specifica.
Le imprese preferiscono adottare protocolli interni che puntano principalmente a garantire la continuità del business.
Sul mercato sono disponibili soluzioni assicurative, sia stand-alone sia in forma di garanzia accessoria, ma alcune caratteristiche peculiari del rischio informatico, come la complessità e la rapida evoluzione delle minacce, possono rallentare lo sviluppo di questo mercato.
La digitalizzazione e l’innovazione sono, dunque, opportunità per tutto il sistema Paese e in particolare per le pmi, tuttavia devono essere presidiate per tutelare da una parte le imprese stesse e dall’altra i cittadini”.