Lei è alla sua prima esperienza da eurodeputato: come è stato l’impatto con il Parlamento europeo?
La mia impressione è che il Parlamento europeo sia un luogo dove si possa fare un grande lavoro, purché si decida di prendere veramente sul serio il compito che gli elettori affidano ai parlamentari. In Italia questo non è ancora ben chiaro, e troppo spesso l’esperienza da parlamentare europeo viene vista come un ripiego o come una fase di passaggio.
Negli altri paesi europei non è così: in molti casi vengono selezionate le persone con il profilo migliore per essere presenti in Europa a difendere gli interesse del proprio paese.
Per quanto mi riguarda ho cercato fin da subito di vivere il mio impegno a Bruxelles e Strasburgo in maniera totale. Non tanto per arrivare ad avere l’etichetta del volonteroso che ha il 100% di presenze (la qual cosa, comunque, ha una sua importanza e non nascondo che mi faccia piacere), quanto per garantire un’adeguata rappresentanza al mio paese e ai miei elettori. Inoltre il lavoro mi appassiona molto, dove vengono trattati dossier fondamentali per lo sviluppo economico dell’Europa e dell’Italia.
Su quali dossier si sta impegnando attualmente?
I fronti più importanti su cui sono personalmente impegnato riguardano due incarichi che mi sono stati dati. Innanzitutto sono relatore per il budget 2016 sui trasporti, e questa è una sfida centrale per lo sviluppo anche industriale del nostro continente.
Ritengo in particolare che molto possa arrivare dagli investimenti su asset strategici non ancora valorizzati a sufficienza, e per il nostro paese penso ad esempio a quanto si possa fare nella navigazione interna e l’intermodalità (pensiamo al patrimonio infrastrutturale che è il fiume Po per il Nord, non ancora sfruttato a dovere). Inoltre sono relatore ombra del dossier sulla trasparenza fiscale: una questione delicata, dopo il caso che ha coinvolto il Lussemburgo. Su questo versante ritengo che ci sia un criterio imprescindibile: le tasse vanno pagate laddove si produce. Poi naturalmente ci sono moltissime altre questioni che vengono trattate nell’attività quotidiana delle Commissioni e nelle sedute plenarie del Parlamento.
In che modo si sta adoperando affinché le proposte a cui state lavorando potranno avere un impatto positivo sull’industria italiana?
Individuando alcuni punti specifici su cui l’industria italiana soffre e lavorando perché questi deficit vengano superati. Faccio un esempio: il tema energetico per noi è fondamentale, perché è noto che l’industria italiana soffre uno svantaggio rispetto agli altri paesi dal punto di vista del costo dell’energia.
Stiamo allora lavorando affinché passi sempre di più la linea a livello europeo dell’utilizzo di un mix di fonti energetiche, superando la fase – mi si passi il termine – della ‘’idolatria’’ per le fonti rinnovabili, che ha creato non pochi problemi e squilibri. È necessario dunque lavorare su temi specifici e concreti, e nell’individuazione di questi è fondamentale per me (e dovrebbe esserlo per tutti i parlamentari) il rapporto diretti con gli industriali e con le loro rappresentanze per conoscere ciò di cui l’industria italiana ha più bisogno e farsene carico.
Cosa deve fare l’Europa per essere più vicina ai cittadini e alle imprese?
Dovrebbe fare una cosa apparentemente semplice, ma in realtà difficile da attuare: essere se stessa. Evitare di mostrarsi come un ragioniere che tiene solo i conti in ordine – l’Europa non è nata per questo! – ma recuperare il suo spirito originario: un’unione di paesi che si mettono insieme per collaborare allo sviluppo economico di tutto il continente, in un’ottica di difesa dell’identità europea e della pace nei rapporti tra di noi e con il resto del mondo.
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