
Dalla passione per la birra alla sua produzione. È questa l’idea con cui nel 2008 nasce Les Bières du Grand St. Bernard, idea coltivata dai due soci Stefano Collè e Rémy Charbonnier. “Ai tempi Rémy faceva birra in casa in concomitanza con i suoi studi e i primi anni lavorativi da ingegnere. Io venivo dal mondo della ristorazione, più appassionato di whisky e altri prodotti, più sul lato mescita che produzione”.
Un connubio vincente che ha dato vita a questa piccola realtà locale che, partita dal lavoro dei due soci, oggi conta anche otto dipendenti. L’azienda viene creata nel 2009, ma diviene effettivamente attiva dal 2010 con la vendita delle prime birre prodotte nella sede di Etroubles, “più che altro un magazzino-garage di 250 mq di struttura”, racconta Stefano Collè (nella foto in alto), socio amministratore di Les Bières.
Nel 2017 la sede produttiva è stata ricollocata qualche chilometro più a valle a Gignod (mille metri s.l.m.), grazie al recupero di un’importante struttura di oltre 4mila mq, capace di ospitare il nuovo e tecnologico impianto di produzione da 35 ettolitri, una cantina da 800 ettolitri per una capacità produttiva annuale di 8mila. Il nuovo laboratorio d’analisi interno, operativo dal gennaio 2020, permette inoltre il controllo regolare dei processi produttivi garantendo la costanza della qualità delle birre prodotte.
“A parte la parentesi Covid abbiamo avuto una crescita media del 35% annuo. Motivo per cui abbiamo avuto necessità di spazi produttivi più grandi. Abbiamo trovato un accordo con l’immobiliare che gestisce gli stabilimenti regionali e che aveva un sito libero, sempre nella valle del Gran San Bernardo. Per noi era determinante non uscire dalla vallata. Quindi abbiamo preferito ridare vita a uno stabilimento del territorio ormai in disuso già da 7-8 anni”, ricorda Collè.
“Ci siamo sempre concentrati sul territorio come punto di forza, non solo per la vendita delle nostre birre. Il rapporto con l’Horeca territoriale è fondamentale per garantire un prodotto costante ma di qualità artigianale. E lo è stato soprattutto nei primi anni per correggere più rapidamente alcune imperfezioni sul prodotto. In Valle d’Aosta e nel vallese, la regione sul versante svizzero, ora ci sentiamo sicuramente forti. Ma dobbiamo migliorare in Francia, dove siamo alla ricerca di un partner che ci faccia fare la differenza, e dobbiamo rafforzare la nostra posizione sul mercato italiano, dove abbiamo buonissimi partner, ma in alcune regioni siamo proprio carenti”. È la visione molto lucida di Collè, che ci spiega come l’azienda lavori esclusivamente con distributori selezionati, seguendo un’espansione a macchia d’olio, “in Italia e negli stati limitrofi, senza dover attraversare il mondo”.
Territorio, ma anche ambiente. Infatti, il birrificio Les Bières du Grand St. Bernard ha un impatto ambientale basso: tolti i reflui, cioè le acque di pulitura dei serbatoi che vengono smaltite nel depuratore locale, plastica e cartoni sono tutti riciclabili, mentre gli scarti di produzione sono venduti come mangime agli allevatori del territorio. “Non abbiamo ancora investito sulle fonti rinnovabili per essere totalmente a energia pulita perché purtroppo in questa fase non abbiamo le risorse da dedicare – spiega – e lo stabilimento non è di nostra proprietà. Però ci crediamo molto e sono convinto che in futuro sarà una scelta obbligata”.
Risorse che mancano a sempre più realtà imprenditoriali anche a causa delle attuali turbolenze sui mercati, dovute alla carenza di materie prime, al rincaro dell’energia, alle questioni logistiche e non ultimo alla siccità. Collè dice che “negli ultimi due anni caratterizzati da forti trambusti, in alcuni momenti abbiamo vissuto mancanza di liquidità, visto che con la pandemia abbiamo perso circa 800mila euro di incassi. Che per una realtà che fa 1,2 milioni all’anno si è trattato di un calo importante”.
La società, nonostante abbia dovuto indebitarsi più del previsto, ha comunque continuato a investire fortemente sulla crescita. “Il mercato ora è caratterizzato dal fatto che quando è tutto normale si lavora molto bene, anzi forse troppo, però dall’altro lato comincia a farsi sentire il rincaro delle materie prime e dell’energia. Abbiamo difficoltà a reperire imballaggi, in particolare bottiglie di vetro e alluminio che inoltre hanno avuto aumenti importanti, ad avere dei previsionali dai clienti; quindi, è un po’ più un navigare a vista”.
“Per fortuna non risentiamo ancora della siccità e beneficiamo dell’acqua pura delle Alpi – ha raccontato poi Collè sull’altra crisi che in questa fase attanaglia l’Italia – anche se per malto e luppolo non sono state annate idilliache, soprattutto sul malto c’è stata una scarsa produzione. E il costo di trasporto è esattamente raddoppiato rispetto a un anno fa. In questo momento non si riesce a programmare”.
Tornando a parlare di birre, ci confida che la sua preferita è la “Rauch”, caratterizzata da malti affumicati. Ma è una “birra che produciamo una volta all’anno e quest’anno non sarà prodotta perché non ci sono malti all’altezza. Soprattutto le nostre birre speciali le produciamo solo se le materie prime lo consentono. Fare birra è anche un diletto, oltre che business”.
Infine, parlando del logo di Les Bières du Grand St. Bernard che, con i due simboli di infinito che si incrociano, rappresenta un po’ la filosofia del birrificio, l’incontro e l’equilibrio tra la Natura e l’Uomo, dice ancora: “I due simboli di infinito che si incrociano rappresentano l’Universo della Natura e l’Universo dell’Uomo, che si incontrano per dare luogo alla birra, ruotando attorno a quattro punti fissi che sono le materie prime: l’acqua, i cereali, il luppolo e il lievito”.
(Per la foto © Stopdown Studio)