
Pieralisi e la Libia: una relazione che dura da oltre mezzo secolo. Com’è la situazione ora?
Avrei tanti clienti pronti ad acquistare un nuovo impianto, ma finché non si sblocca il sistema dei pagamenti le cose non si muovono. I quasi 400 oleifici ancora attivi vanno ammodernati e per questo monitoriamo attentamente la situazione.
In Libia vendiamo dal 1950: siamo stati noi italiani a introdurre a suo tempo l’olivicoltura perché abbiamo constatato che era un buon sistema per contrastare l’avanzata del deserto.
Nel paese ci siamo trovati sempre molto bene, mandavamo i nostri tecnici durante la campagna olearia, gli agenti in loco raccoglievano gli ordini per i pezzi di ricambio e tutto è sempre filato per il meglio. Fino al 2011.

GENNARO PIERALISI
Cosa è successo?
Con i bombardamenti francesi e la guerriglia che ne è derivata abbiamo smesso di mandare il nostro personale e oggi lavoriamo al telefono e via e-mail. Chiaramente è tutto più difficile, ma non possiamo abbandonare la Libia. Il legame con il nostro paese è ancora molto sentito. Nel frattempo stiamo ospitando tecnici libici per insegnare loro a fare assistenza agli impianti in loco, mentre per il futuro abbiamo in programma un progetto di riqualificazione di tutti i macchinari. Oggi, infatti, sono disponibili impianti di nuova generazione, capaci di lavorare le olive consumando poca energia e pochissima acqua. L’ideale per questo paese, dove le risorse idriche sono modeste. E anche loro si dimostrano parecchio interessati.
Quanto pesa il mercato libico sul vostro export?
Poco. Su una produzione complessiva di tre milioni e 500mila tonnellate di olio nel mondo, la Libia ne copre circa 20/30mila, in base alle annate.
Nel Mediterraneo siamo presenti ovunque, anzi, potremmo affermare che dove c’è un ulivo c’è Pieralisi. Vendiamo in Marocco, Algeria, Tunisia, Egitto, Giordania e in Siria. Qui avevamo mille impianti; a causa della guerra forse oggi non ne funziona più neanche uno, ma di recente siamo stati ricontattati e nonostante tutto l’economia ricomincia a germogliare.
E l’Italia come si posiziona?
Con le nostre 400mila tonnellate di olio l’anno, fino a qualche tempo fa eravamo come gli spagnoli. Poi loro sono stati più bravi nell’adoperare le risorse comunitarie messe a disposizione per impiantare nuovi uliveti. Noi abbiamo preferito lasciare gli ulivi secolari e il risultato è che oggi la Spagna produce un milione e 700mila tonnellate di olio l’anno. In questo modo, con il suo 30% su scala mondiale, è capace di determinarne il prezzo e ha trasformato l’olio in una commodity.