La scelta di chiamarlo manifesto non è casuale, al contrario esprime una volontà programmatica molto forte e un’idea sulla Confindustria che vorremmo, un impegno che come piccola e media industria sentiamo il dovere di assumere in questo preciso momento storico.
Come Pmi sappiamo di rappresentare una realtà e insieme un’ambizione. Una realtà perché costituiamo in termini assoluti la stragrande maggioranza delle imprese italiane (e la fotografia della base associativa di Confindustria riproduce fedelmente questa caratteristica), un’ambizione, che è anche una responsabilità, perché crediamo che da noi dipenda e debba partire il vero rilancio del paese.
Non abbiamo mai difeso l’idea che “piccolo è bello”, ma al contrario abbiamo fortemente sostenuto un’idea di crescita radicale: vogliamo lavorare affinché le piccole imprese diventino medie e quelle medie diventino grandi. Inoltre siamo convinti che le aziende che hanno conseguito i risultati migliori appartengono a degli ecosistemi dove esiste un ruolo simbiotico tra grandi, medie e piccole aziende. Queste ultime spesso sono grandi innovatrici e portatrici di quella creatività tutta italiana che il mondo ci invidia.
Questa è la ricetta per aumentare il Pil, incrementare l’occupazione e distribuire ricchezza e benessere: premesse indiscutibili per un giusto equilibrio sociale nel nostro paese.
È così che potremo dare come paese una risposta efficace alla competizione globale senza subirla, ritagliandoci invece un ruolo appropriato alle nostre caratteristiche e facendo emergere i nostri punti di forza, primo fra tutti l’essere una punta di diamante a livello internazionale nel settore manifatturiero.
Come molti di noi imprenditori già sanno e sperimentano nelle nostre fabbriche, è in corso una rivoluzione. La chiamano “la quarta rivoluzione industriale”, quella di “Internet delle cose” (Internet of Things), che sta integrando in modo sempre più massiccio le tecnologie digitali nei processi industriali manifatturieri. Processi che consentiranno agli oggetti di connettersi creando nuovi modelli di utilizzo e nuove prospettive di mercato.
È fondamentale fare in modo che questa si propaghi “contaminando” imprese, filiere, territori, così come stimolare il governo e le istituzioni ad accettare questa sfida, coltivando insieme a noi l’ambizione di tornare a essere un grande paese. Abbiamo bisogno di un presidente che sappia interpretare al meglio questo desiderio di crescita delle Pmi italiane e che possa esprimere, di concerto con il Sistema, un nuovo concetto di politica industriale e portarla avanti con fermezza e il giusto garbo istituzionale. Qualcuno che sappia dialogare con le aziende di tutte le dimensioni e che riporti al centro della discussione della politica Italiana l’impresa e il suo capitale umano.
Vogliamo che sia riconosciuto e rispettato il nostro ruolo, che è sempre stato al servizio di un paese che pensa alle generazioni future costruendo dei modelli sociali sostenibili.
Per questo sosteniamo Vincenzo Boccia, una persona che non ha bisogno di presentazioni; a parlare sono la sua storia di imprenditore e la sua esperienza nel Sistema.
Piccola Industria, in rappresentanza delle oltre 150mila piccole e medie imprese del nostro sistema associativo, si schiera con chi vuole il ritorno di un ruolo forte e autorevole della più importante organizzazione di imprese italiane, la nostra Confindustria