Le rappresentazioni geografiche comuni ci hanno abituato a vedere la terra dal mare, cioè ponendola in alto, una visuale che colloca l’ambiente marino in un piano apparentemente secondario. Se proviamo a capovolgere l’immagine, questa percezione cambia, conferendo al mare una maggiore rilevanza dovuta proprio al cambio di prospettiva. Ebbene, guardando il mare da questa veduta, si comprende come la nostra penisola abbia con esso un legame indissolubile, legame che è poi alla base dell’imprescindibile e millenaria vocazione marittima dell’Italia.
Dal mare passano, infatti, tutti i grandi snodi della globalizzazione: economia, energia, catena alimentare, sicurezza, internet, comunicazioni, tecnologia, cultura. Grazie al mare, l’Italia, paese manifatturiero per eccellenza, è cresciuta nel commercio globale, nei mercati internazionali, nello sviluppo della pesca, della cantieristica navale e delle infrastrutture marittime, nel turismo, nella prospezione delle geo-risorse, nella presenza nelle aree marittime di rilevante interesse strategico nello scacchiere mondiale.
La cantieristica a elevata connotazione tecnologica pone il Paese tra i primi al mondo e tra i leader europei per flotta di bandiera, navi “RO-RO”, navi cisterna per il trasporto di prodotti petroliferi, costruzione di navi da crociera e mega yacht, oltre che, come richiamato, per la flotta da pesca con i suoi circa 12mila pescherecci e 24mila addetti che operano nel settore. Nell’ambito navale, Marina Militare italiana è la prima dell’Unione europea con una capacità portaerei dotata dei modernissimi velivoli di quinta generazione F35B e tra le prime Marine della Nato per tipologia e consistenza della flotta, quasi del tutto interamente made in Italy. Il sistema portuale italiano è stato a lungo il primo in Europa per volumi di merce trasportata — oggi è il terzo — e mantiene il primato europeo per movimento di navi da crociera e croceristi.
Le sfide nel dominio marittimo
Tuttavia, oggigiorno, il mare è reso più fragile e insicuro sotto diversi punti vista: dallo sfruttamento incontrollato, l’inquinamento e gli effetti dei cambiamenti climatici, alle contese per accesso a risorse che sono sempre meno e disponibili in aree sempre meno libere, dalle migrazioni irregolari alle attività criminali di qualunque genere (inclusa tanto la pirateria, quanto gli attacchi cibernetici ai mercantili e alle infrastrutture marittime), dal terrorismo fino alle crisi e ai conflitti regionali.
Le sfide nel dominio marittimo sono, dunque, molteplici e determinate da un panorama internazionale che è sempre più multiforme, molto movimentato e soprattutto in continuo divenire.
Una particolare rilevanza ha assunto lo stato di “competizione duratura”, ovvero di tensione internazionale permanente, per perseguire, anche attraverso l’adozione di comportamenti particolarmente assertivi, obiettivi specifici indicate nelle varie agende nazionali di politica estera, mettendo a rischio gli interessi marittimi nazionali, inclusi comparti per noi strategici come le coltivazioni energetiche offshore e la pesca. La “competizione duratura” si basa molto sull’utilizzo della guerra ibrida e sul confronto nella cosiddetta “zona grigia”, che portano la rivalità al limite del conflitto aperto, ma senza mai oltrepassarlo. Si tratta di una situazione che potrebbe tradursi anche in scenari di area e port denial, ovvero di negazione al diritto di passaggio o alterazione di tutti o parte dei servizi portuali in cui tali comportamenti sono posti in essere, con conseguenze negative sia sulla sicurezza degli operatori marittimi, sia sulla blue economy. Basti richiamare la rilevanza strategica dei passaggi obbligati, i cosiddetti “choke point”, cioè, colli di bottiglia, per cui ricordiamo quanto occorso alla portacontainer Ever Given appartenente alla Compagnia marittima taiwanese Evergreen Marine Corp.
Quell’incidente ha bloccato il Canale di Suez per una settimana, mandando in tilt uno degli snodi marittimi strategici più trafficati al mondo, causando perdite stimate per oltre nove miliardi di dollari al giorno e il mancato approvvigionamento di ingenti quantità di merci, materie prime e risorse energetiche (petrolio e gas naturale liquefatto, il Gnl in primis). Si tratta di evidenti vulnus di questi passaggi obbligati, che possono essere bloccati in qualunque momento senza troppe difficoltà con conseguenze importanti, se non addirittura critiche, con ripercussioni sulla nostra routine, compresa quella di quanti vivono anche in aree tipicamente continentali e distanti dal mare, se pensiamo ad esempio, ai prodotti delle grandi multinazionali che acquistiamo presso i centri commerciali o che riceviamo direttamente a casa, tramite lo shopping online.
Il concetto di “Mediterraneo allargato” e gli interessi nazionali marittimi
Uno degli effetti di questo complesso è il “Mediterraneo allargato”, con cui si intende un concetto geopolitico, geostrategico e geoeconomico in cui risiedono i principali interessi nazionali, che contempla un vero e proprio stretching geografico del mar Mediterraneo, comprendendo, oltre l’Europa, il Nord Africa, l’area balcanica e caucasica, il Medio Oriente, il Golfo Persico, la fascia centro-africana racchiusa dai due versanti oceanici, fino a lambire le coste indo-pachistane, cui si è aggiunto anche l’Artico, dove lo scioglimento dei ghiacci ha aperto nuovi scenari.
È all’interno di questo perimetro che si concentrano in larga parte gli interessi marittimi italiani, che supportano tanto lo sviluppo socio-tecnologico — peraltro energivoro e internettivoro — quanto un’economia di trasformazione, basata, cioè, sulla necessità di importare le materie prime, i semilavorati e il fabbisogno energetico, e di esportare i prodotti finiti. Via mare transitano, oggi, il 57% delle importazioni e il 44% delle esportazioni italiane, mentre circa 480 milioni di tonnellate di merci – alla rinfusa (secche e liquide) in container o a bordo di traghetti – sono movimentate nei nostri porti.
Dunque, il mare assume per l’Italia le caratteristiche di un vero e proprio “patrimonio liquido”, per cui la protezione del complesso sistema produttivo e di trasporto via mare delle linee di comunicazione marittima, degli oleodotti e gasdotti sottomarini, dei porti, interporti, centri nodali di smistamento, di navi e piattaforme petrolifere, è essenziale per lo sviluppo del Paese. Da ciò discende che la centralità del mare per il nostro sistema economico, non sta tanto nel calcolo di quanto valga il comparto marittimo per il nostro PIL (che in ogni caso consta in circa 32 miliardi di euro pari al 2% del Pil, che sale fino al 5/6% se si considerano i vari moltiplicatori di settore), quanto nel fatto che, senza libertà e sicurezza della navigazione, il nostro sistema di import-export semplicemente si ferma. Infatti, per il Paese, “Mediterraneo allargato” vuol dire prima di tutto navigazione e flussi commerciali verso e tra Suez, Gibilterra e gli Stretti turchi. Ed è qui che entra in gioco la Marina Militare, Forza Armata deputata, in primis, alla difesa della Patria dal mare, sul mare e nel mare, e dei confini nazionali marittimi da potenziali aggressioni militari.
Il ruolo della Marina Militare a supporto del Sistema Paese
Quale necessaria risposta alle minacce al dominio marittimo, a tutela degli interessi marittimi ovunque ubicati, la Marina Militare, che per legge è “la componente operativa marittima della difesa militare dello Stato, che vigila a tutela degli interessi nazionali e delle vie di comunicazione marittime al di là del limite esterno del mare territoriale”, assicura, oltre alla difesa della patria e dei confini nazionali, la Sicurezza Marittima Avanzata. Si tratta di un concetto operativo — non vincolato geograficamente, ma proiettato laddove vi è un interesse nazionale da tutelare — che comprende un ventaglio di attività di sicurezza marittima a tutto tondo che include la costruzione delle capacità delle Marine locali, il capacity building, e la superiorità informativa tramite la costituzione e disseminazione della cosiddetta Maritime Situational Awareness, ovvero la consapevolezza dello stato della situazione marittima, in altri termini la conoscenza senza soluzione di continuità di tutto ciò che accade in mare.
Grazie alla loro naturale connotazione proiettabile, le Forze aeronavali offrono rilevanti opportunità nella prevenzione dei conflitti e nello sviluppo della sicurezza e della stabilità regionale, tramite la costruzione della mutua-fiducia, delle capacità marittime dei partner, lo scambio informativo, lo sviluppo di una crescente interoperabilità e interscambiabilità. Si tratta di attività tutte fondamentali per l’interesse e la sicurezza cosiddetta “a distanza”, soprattutto dove non è possibile dispiegare truppe sul terreno. Le forze aeronavali sono anche primario strumento a supporto della politica estera del paese, potendo esprimere il concetto della diplomazia navale, la naval diplomacy, grazie alla quale è possibile ottenere importanti risultati a supporto degli interessi nazionali marittimi in vari campi, dalla blue economy, tra cui rientra il contributo al posizionamento dell’industria nazionale per la difesa verso potenziali acquirenti, essendo lo strumento militare marittimo nazionale quasi del tutto made in Italy, all’affermazione pacifica della sovranità nazionale, grazie all’innata funzione deterrente espressa dalle “navi grigie”.
Il supporto alla sicurezza interna e le relazioni traversali
Nel supporto al Sistema Paese rientra anche la homeland security, ovvero la “sicurezza di casa”, un ambito nel quale la Marina è impegnata, alla stregua delle altre Forze Armate, nell’alveo della cosiddetta “quarta missione” e nel perimetro del duplice uso sistemico afferente alla moltitudine di compiti non militari, come, ad esempio, nel contributo per l’emergenza Covid-19, per cui la Marina Militare, come le altre Forze Armate, ha subito messo a disposizione del sistema sanitario nazionale i propri medici, infermieri, personale sanitario e logistico e una serie di strutture come navi con avanzate capacità ospedaliere come il Cavour, ospedali da campo/posti medici avanzati, drive through e laboratori per l’analisi dei tamponi. Sempre in questo ambito, rientrano le relazioni con gli altri dicasteri, realtà istituzionali e altre realtà di categoria e sociali.
In aderenza alle direttive del vertice politico-militare, tutto ciò si traduce nel contributo della Forza Armata alla Sicurezza Marittima Avanzata con un focus prioritario, ma non esclusivo, sul “Mediterraneo allargato”, attraverso le operazioni marittime nazionali Mare Sicuro, Vigilanza Marittima e Vigilanza Pesca, l’operazione dell’Unione europea Irini, peraltro sotto comando operativo di un ammiraglio italiano, nelle attività nei Gruppi Navali Permanenti della Nato nel Mediterraneo e Mar Nero e, in prospettiva, a un ritorno in seno alla forza marittima dell’Onu della United Nation Interim Force In Lebanon, Unifil, davanti al Libano.
Al di là degli stretti, la Marina è presente nel Sinai con la quasi quarantennale partecipazione alla Forza Multinazionale di Osservatori, nel Golfo di Guinea con l’operazione nazionale antipirateria Gabinia, che interagisce con l’analoga iniziativa europea denominata Coordinated Maritime Presence; nel versante opposto, è presente in Oceano Indiano nell’ambito dell’Operazione antipirateria dell’Unione europea Atalanta e della neo-avviata iniziativa europea per la sorveglianza dello Stretto di Hormuz denominata EMASOH, un acronimo che significa European Maritime Awareness Strait of Hormuz. Inoltre, vengono effettuate periodiche elongazioni nell’Artico a scopo scientifico. Infine, il personale della Marina è integrato nelle missioni internazionali della Difesa in corso nei vari teatri operativi.
L’importanza di un approccio sistemico
Le sfide che attendono il Paese, in particolare nel dominio marittimo, impongono alla Marina lo svolgimento di attività di presenza, sorveglianza, vigilanza marittima e diplomazia navale, così come di proiezione di forza militare a tutela degli interessi nazionali laddove necessario. La visione della Marina Militare per continuare a mantenere il mare sicuro — ma anche pulito, dato che l’inquinamento marino in tutte le sue forme è esso stesso motivo di insicurezza perché impatta, oltre che sull’ambiente, sulla disponibilità e la qualità delle risorse alimentari in primis — nel complesso contesto descritto è l’imprescindibilità di un approccio nazionale sistemico al dominio marittimo che coinvolga l’intera comunità marittima istituzionale e non, integrata dal mondo dell’industria, ricerca, accademia, scuola, terzo settore, come del resto, dimostra anche la collaborazione avviata il 29 settembre 2021 con Confindustria Piccola Industria con la sottoscrizione dei termini di riferimento nell’ambito della “mutua contaminazione”.
Quello in atto da parte della Marina Militare è, quindi, in impegno ad ampio spettro, in continuità col passato e proiettato al futuro, nella piena consapevolezza del cruciale ruolo che sono chiamate a svolgere le moderne Marine nella promozione della sicurezza marittima, quale fulcro della stabilità trans-regionale e dello sviluppo economico sostenibile, in un’ottica comunitaria e di alleanze internazionali.