«Non è solo un viaggio della memoria ma una riflessione critica sull’Italia della prima guerra mondiale: l’Italia dei nostri nonni e bisnonni, impegnata in quello che è rimasto fino ad oggi lo sforzo più immane che il Paese abbia mai dovuto affrontare», scrive Alessandro Barbero nella sua presentazione a “Industriarsi per vincere”, un nuovo volume che per la prima volta racconta la guerra dal punto di vista degli imprenditori con fotografie e materiali inediti. La Grande Guerra, infatti, può essere raccontata anche attraverso la storia delle aziende italiane convertite per la produzione bellica. Non si è trattato soltanto delle commesse per armi e munizioni o della mobilitazione delle industrie metallurgiche e della grande cantieristica, ma dell’intero tessuto economico nazionale, tra maglifici, calzaturifici, stabilimenti chimici, zuccherifici, cartiere, aziende agricole, produttori di carne in scatola, stabilimenti meccanici impegnati nella produzione di vanghe, piccozze, filo spinato, caffettiere, viti, bulloni.
Le fotografie storiche raccolte nel volume raccontano proprio la realtà del fronte interno, degli operai e delle operaie, dei tecnici, degli ingegneri coinvolti nella prima guerra totale della storia dell’umanità. Anche perché con oggetti e strumenti di uso quotidiano come una borraccia o una gavetta, prodotte in massa durante tutto il corso della guerra, si è costruita l’identità collettiva di intere generazioni di soldati e di lavoratori, divenendo autentici simboli degli italiani in guerra.
Abbiamo chiesto al professor Alessandro Barbero, storico e scrittore conosciuto al grande pubblico come conduttore di programmi di divulgazione scientifica su Rai Storia, quale sia stato il cambiamento nell’economia italiana portato dalla guerra. “Nell’estate 1914 l’economia italiana era di gran lunga la più debole fra quelle delle cosiddette grandi potenze“, afferma Barbero, ”tuttavia, l’economia italiana riuscì a reggere allo sforzo trasformandosi profondamente; il dato più importante è probabilmente la trasformazione di un settore che seppe riorientare le sue priorità.
La direzione dall’alto dell’economia e i meccanismi delle commesse belliche favorirono l’accentramento della produzione, soprattutto nei settori dell’industria meccanica, e lo sviluppo di interi distretti industriali, come accadde nel Biellese dove fu accentrata la produzione del panno grigioverde. Il panorama dell’economia italiana cominciò a essere dominato da colossi come la Fiat, la Pirelli, la Dalmine, l’Ansaldo, la Terni”.La trasformazione è notevole anche nelle politiche messe in campo per il governo dell’economia: “la prima guerra mondiale infatti è la prima guerra totale, in cui ogni paese belligerante è interamente mobilitato per la vittoria”, prosegue Barbero. ”I governi assumono la direzione pressoché dittatoriale della vita nazionale in tutti i settori, primo fra tutti quello economico, e ai popoli possono essere chiesti tutti i sacrifici: agli uomini in età militare, di lasciare il lavoro e le famiglie e andare in trincea a farsi uccidere; a tutti gli altri, di mangiare, vestirsi e scaldarsi in modo insufficiente, e di lavorare con orari pesantissimi rinunciando a tutte le conquiste sindacali”. È una stagione di luci e di ombre, insomma, documentata per la prima volta da un percorso fotografico tra gli impianti industriali convertiti alla produzione bellica e gli operai ritratti come veri e propri soldati al fianco di torni e presse. Anche i manifesti e le pubblicità aziendali raccolte nel volume (con le straordinarie tavole di Dudovich, Borgoni, Cappadonia) marcano la tensione tra propaganda e testimonianza di un’epoca di sacrifici. Colmando uno spazio di conoscenza vuoto, osserva nella sua premessa, Carlo Robiglio, presidente di Piccola Industria Confindustria, il volume vuole proprio dare un “riconoscimento alle migliaia di imprese e di italiani che seppero, in un momento drammatico per il Paese, “industriarsi per vincere”.
UN’ORIGINALE OPERA ILLUSTRATA
La Grande Guerra è stata uno straordinario sforzo tecnico e produttivo che ha trasfor- mato nel profondo l’economia e la società italiana. Migliaia le aziende italiane mobilitate per l’approvvigionamento delle forze armate, per non contare la miriade di industrie e stabilimenti coinvolti nella produzione di piccoli manufatti o nella lavorazione di bossoli e munizioni.
Luigi Einaudi, in una celebre opera sull’economia di guerra, ha parlato del «meraviglioso contributo dell’industria» alla vittoria dell’Italia: un contributo che ha visto impegnate, sul fronte interno, grandi aziende come la Fiat, l’Ansaldo, la Caproni, l’Ilva, la Pirelli, la Terni, la Franco Tosi, ma anche realtà più piccole come la Lagostina, la Fiocchi, i lanifici del Biellese come i Rivetti, Ermenegildo Zegna, i Pollone o industrie alimentari come Cirio e Barilla. Il contributo della mobilitazione industriale italiana, a cento anni dalla conclusione della guerra, diventa un libro illustrato unico nel suo genere, con 200 immagini e fotografie storiche, presentato dallo storico Alessandro Barbero.
Il volume è un inedito percorso iconografico tra borracce, gavette, panni di lana grigio- verde, munizioni, automezzi, biciclette, navi, aerei, in grado di raccontare la quotidianità del conflitto e della vita d’officina di cento anni fa.