L’energia è fattore di competitività trasversale per le imprese dei diversi settori, tanto da venire considerata in molti casi allo stesso livello delle materie prime di produzione.
I prezzi italiani dell’energia elettrica nel mercato all’ingrosso sono oggi mediamente più elevati di quelli di tutti i principali paesi manifatturieri europei e, in particolare, di quelli registrati in Germania.
In larga misura questo è stato il frutto di scelte di politiche energetiche passate, legate al mix di generazione e a politiche di approvvigionamento. Il nuovo scenario delle politiche climatiche europee presenta due elementi centrali attraverso i quali il nostro Paese potrebbe recuperare il differenziale di competitività: l’evoluzione del mix di generazione nazionale e le politiche per la riduzione delle emissioni di carbonio.
Dal punto di vista energetico, sin dalla fine degli anni ‘90 il nostro Paese ha compiuto scelte coraggiose in linea con gli obiettivi della decarbonizzazione, puntando sulla generazione termoelettrica a gas naturale rispetto a combustibili maggiormente inquinanti (quali carbone e lignite), rinunciando allo sfruttamento dell’energia nucleare e investendo in tecnologie low carbon, come le fonti rinnovabili e l’efficienza energetica.
In particolar modo, per promuovere la produzione di energia elettrica green si sono susseguite misure di incentivazione, sostenute dai consumatori finali, il cui valore nel 2017 è risultato complessivamente pari a 12,5 miliardi di euro.
Le politiche per il mercato unico dell’energia e per la riduzione delle emissioni climalteranti dovrebbero garantire una maggiore integrazione sul piano della competitività, favorendo la convergenza verso un sistema di prezzo che sia in grado di premiare i paesi più virtuosi. Gli impianti termoelettrici sono obbligati a ridurre le proprie emissioni o ad acquisire le quote di emissione presso piattaforme integrate (sistema Ets cap and trade), favorendo implicitamente la generazione meno inquinante.
Nei prossimi anni si prevedono importanti evoluzioni di prezzo degli impianti, che permetteranno di accrescere i contingenti di generazione elettrica rinnovabile in modo efficiente dal punto di vista tecnologico e meno correlati agli attuali meccanismi incentivanti.
L’investimento nella produzione di energia rinnovabile potrebbe addirittura tradursi in un impatto positivo sul prezzo dell’energia al 2030. A parità di condizioni, infatti, le bollette elettriche al 2030 risulteranno inferiori per tutte le classi di consumatori rispetto al 2016.
In particolare, la bolletta media (14,3 c€/kWh nel 2016), a parità di spesa per la materia prima energia, al 2030 si potrebbe aggirare intorno ai 12,6-13,1 c€/kWh. Inoltre le fonti rinnovabili potranno limitare gli impatti sulla bolletta di eventuali aumenti della commodity gas, riuscendo a non superare 15,0 c€/kWh al 2030.
Si prevede una riduzione media della bolletta energetica al 2030 per tutte le aziende, sia quelle non energivore (con un massimo pari circa il 8%) che per i soggetti energivori (con un minimo del 18%) a parità di condizioni.
In sintesi, il Libro Bianco porta una ventata di ottimismo sul sistema energetico nazionale italiano, affermando che gli evidenti sforzi messi in campo dal nostro Paese negli ultimi anni per accrescere la generazione rinnovabile, coniugati alle previste evoluzioni del prezzo delle aste Ets e ai nuovi obiettivi ambientali al 2030, potrebbero tradursi in un progressivo avvicinamento del costo dell’energia elettrica fra Italia e Germania.
Il costo dell'energia penalizza il manifatturiero. Grazie all'evoluzione del mix di generazione nazionale e alle politiche per ridurre le emissioni, la situazione potrebbe cambiare