Prima della chiusura estiva delle nostre imprese concediamoci alcune riflessioni. La bella intervista di questo numero a Roberto Vavassori, appena eletto presidente di Anfia, fa una mappatura dello stato di salute di una delle filiere più importanti per il nostro Paese e cioè l’automotive. La rigida regolamentazione europea impone dal 2035 il divieto di vendita di automobili e veicoli alimentati a benzina o diesel.
Inutile recriminare su come si è arrivati all’adozione di questa policy, ricordare la debolezza della posizione quasi solitaria del nostro Paese e il furore ideologico alla base delle decisioni di Bruxelles. Troppe volte da queste pagine abbiamo ribadito la nostra incomprensione rispetto a questa ed altre scelte.
Oggi il tema è reagire e andare avanti per salvare un’eccellenza del nostro sistema produttivo. In sintesi, abbiamo bisogno di investimenti massicci, dobbiamo poterci svincolare dalla Cina, che oggi fornisce le materie prime per costruire batterie e che pesa per l’80%, dobbiamo poter investire in formazione e riallocare gli addetti e abbiamo bisogno di azioni governative a supporto di tutta la supply chain. In tutto questo la buona notizia è che circa il 60% dei pezzi che compongono le nostre auto tradizionali sono e resteranno utilizzabili anche sui veicoli elettrici. In ogni caso lo sforzo resta titanico in prospettiva futura.
Guardando lo scenario generale, per il Paese la sfida ancora una volta restano i progetti del Piano nazionale di ripresa e resilienza e la loro realizzazione nei tempi richiesti da Bruxelles. Già due anni fa il nostro presidente Bonomi, insieme all’allora presidente di Ance Gabriele Buia, evidenziarono le criticità dei tempi di autorizzazione delle opere pubbliche.
Oggi il governo ha alle spalle svariati mesi di lavoro ed è di questi giorni il testo definitivo sulla riforma del mercato del lavoro e del welfare. Positivi alcuni passi in avanti sulle modifiche alla disciplina dei contratti a tempo determinato, cancellando di fatto l’obbligo delle causali, che tanti problemi hanno creato alle nostre imprese; anche le misure a supporto del lavoro giovanile vanno nella giusta direzione. Infine, i paletti posti all’erogazione del reddito di cittadinanza, che viene trasformato in assegno per inclusione, ed è in parte destinato alla formazione dei percettori, costituiscono un principio di civiltà.
Nonostante il Covid, la guerra, la crisi energetica, la ripresa dell’inflazione e l’aumento del costo del denaro, le nostre imprese hanno resistito e sono ripartite ma gli ultimi dati del nostro Centro Studi ravvisano un rallentamento derivato soprattutto dagli investimenti in calo. È questo il dato che ci deve far riflettere, perché gli investimenti significano fiducia nel futuro e di fiducia i nostri imprenditori hanno necessità.
(Articolo pubblicato sul numero di luglio dell’Imprenditore)