Pazienti più tutelati grazie alla tecnologia. Questa in sintesi l’attività di EBM che nasce nel 1978 a Foligno la cui storia ci racconta Fabio Faltoni, fondatore e oggi amministratore delegato dell’azienda, che rappresenta una eccellenza dell’industria italiana e un punto di riferimento del suo settore, una realtà che ha saputo cogliere opportunità, crescendo nel tempo sia in termini dimensionali e di fatturato, sia in dimensioni di approccio al mercato, cercando soluzioni alternative di fronte alle veloci mutazioni di contesto.
Da dove siete partiti?
Guardando a ritroso direi davvero da molto lontano, anche se il tempo come sempre è volato. Siamo partiti dall’incontro di due esperienze diverse ma complementari. Io avevo maturato una buona esperienza manageriale in un’azienda biomedicale fiorentina, il mio socio era uno col pallino dell’applicazione della tecnologia al settore della sanità quale fattore strategico per accorciare tempi, perfezionare la diagnostica, migliorare la vita dei pazienti. Di fatto lui era un pioniere in questa materia, un grande tecnico, e se ne era fatto promotore sin dalla fine degli anni Cinquanta. A un certo punto le nostre strade si sono incrociate ed è nata la nostra comune storia aziendale. Inizialmente ci proponevamo come una società di servizi e gestivamo principalmente il servizio post vendita delle apparecchiature, poi abbiamo puntato su servizi sempre più integrati e direi complessi. Siamo partiti con sette dipendenti, oggi siamo quasi mille. Questa la mia soddisfazione professionale più grande.
Cosa significa per voi la parola innovazione?
È il nostro dna e la nostra sopravvivenza. È la nostra capacità di anticipare il futuro e diventarne fautori, in un ruolo che non vuole essere solo di reazione al contesto, ma anche di anticipazione e di proposta. È un concetto che per noi vale come filosofia e approccio a 360°, dai prodotti ai servizi, dalla gestione aziendale alla ricerca applicata, dalla proposta di linee di finanziamento al rinnovo del parco tecnologico dei nostri clienti.
Oggi EBM è parte di TBS Group, leader europeo per la gestione di dispositivi medici e sistemi Ict per servizi e prodotti di informatica medica.
Si tratta di un passaggio fondamentale della nostra storia, una crescita culturale prima ancora che di business. È un legame nato nella prima metà degli anni Novanta, quando il gruppo TBS si chiamava Ital TBS e quando muoveva i primi passi il mercato dell’ingegneria clinica, e che si è formalmente concretizzato nel 2008 con l’ingresso della EBM nel gruppo. Ital TBS, con sede a Trieste, era impegnata in progetti sperimentali per un maggiore inserimento della tecnologia nelle strutture sanitarie e contava su una forte collaborazione con il Cnr e con le università. Sono quelli gli anni in cui l’ingegneria clinica ha visto crescere la sua applicazione in modo esponenziale e le nostre anime aziendali erano perfettamente complementari. Allora abbiamo scelto di allargare le nostre prospettive insieme, di crescere divenendo parte di una realtà più grande e raggiungendo quella forza e quella solidità per essere protagonisti sul mercato globale.
Oggi siamo un gruppo quotato in Borsa e le nostre prospettive di crescita ci fanno essere ancora più ottimisti per il futuro. La nostra scelta ha generato una crescita di posti di lavoro, con un impiego di capitale umano altamente specializzato di cui siamo orgogliosi.
Come riuscite a conciliare il vostro ottimismo con le continue spending review della sanità pubblica?
Innanzitutto proponendoci su orizzonti più ampi e proponendo anche soluzioni alternative per l’acquisto e la gestione delle apparecchiature. Il partenariato pubblico/privato resta uno strumento fondamentale, così come l’impegno di capitali messi a disposizione da Fondi strutturali o dalla Cassa Depositi e Prestiti. Stiamo lavorando anche per la realizzazione di una piattaforma mondiale che preveda la messa in circolazione di apparecchiature medicali usate ma ancora pienamente funzionanti e adeguate a mercati in via di sviluppo – dall’India all’America latina all’Africa – secondo un modello volto a favorire un più veloce ricambio della tecnologia nel nostro paese.
Nel rapporto con il pubblico rimane ancora il problema del ritardo dei pagamenti?
Devo dire che in linea generale la situazione è in via di miglioramento. Certo, permangono casi più gravi e siamo ovunque lontani dai livelli europei dei 30-60 giorni, ma anche in questa situazione sopperiamo in maniera alternativa, ad esempio attraverso la cessione dei crediti, che ad oggi presenta costi contenuti e non penalizza in modo significativo i conti economici aziendali.
Qual è il futuro del vostro settore?
È un futuro che pone grandi opportunità e grandi sfide. Andiamo sempre di più verso una diagnostica di precisione, ad altissima tecnologia, sempre più interconnessa.
Altra grande sfida è rappresentata dalla domiciliarità, ovvero dalla gestione dei pazienti a distanza, dalla necessità di portare le cure e la prevenzione al domicilio o in “prossimità” del cittadino-paziente, garantendo l’accesso da remoto a tutte le competenze specialistiche presenti nella struttura ospedaliera.
Penso, ad esempio, al telesoccorso e al telemonitoraggio.
Con la Regione Veneto stiamo già seguendo tramite questa modalità oltre 24mila anziani, cronici o più in generale persone che manifestano una fragilità.
Si tratta di una sperimentazione ormai consolidata in termini di risultati e direi unica a livello nazionale.
Come vede la sua azienda fra dieci anni?
La vedo ancora più grande e managerializzata, guidata da una generazione con mentalità ancora più tecnologica e più veloce nel recepire le esigenze del mercato.
Il nostro futuro sarà ancora nella capacità di fornire e progettare soluzioni e servizi insieme ai clienti, nella capacità di trovare prodotti e partner strategici. Ho molta fiducia nel futuro e nei nostri giovani.