Dopo l’Industria 4.0 c’è vita. Una terra di frontiera dove si corre veloce, si esplora e l’innovazione mostra il suo lato più “umano”. L’Industria 5.0 è già tra noi: catalizza l’attenzione del mondo economico e degli esperti di sostenibilità, approda sui tavoli di chi si occupa di brand e comunicazione, a breve detterà l’agenda. Gli addetti ai lavori ne sono certi: il nuovo paradigma “collaborativo” centrato sulla cooperazione uomo-macchina impatterà su tutte le attività delle aziende, anche sul modo di fare marketing.
Di cosa si tratta? Di un approccio human centric al fare impresa, dove l’innovazione e la tecnologia sono trainanti nello sviluppo del business, ma mai a discapito della persona. La logica, piuttosto, è invertita: è attorno alla persona che i processi si modellano, si rivedono, prendono nuova forma. Via modalità operative rigide, via gli angoli meno people friendly del produrre. E spazio a tre parole chiave: sostenibilità, resilienza, focus sul fattore-uomo.
LE PERSONE, PRIMA DI TUTTO
Il modello – di cui si stanno ancora testando le prime applicazioni – è pensato per essere adottato su ampia scala, ben oltre gli stabilimenti. Nel paradigma 5.0 sono infatti coinvolti anche i canali di contatto che un cliente o potenziale tale ha con l’azienda: basti pensare all’evoluzione dei siti web che, sempre più, devono mettere al centro le esigenze dell’utente, essere facilmente fruibili e inclusivi, in grado di attivare una connessione profonda con il target e adattarsi alle nuove esigenze del brand. Perché si sa: i brand sono fatti di persone.
Che il tema sia destinato a svilupparsi è un dato: sull’argomento si è espresso anche il guru del management Philip Kotler, colui che ha messo a punto le celebri “4P” del marketing. Nel suo libro Marketing 5.0 – Tecnologie per l’umanità parla di gap generazionali, di digital divide, di marketing predittivo, contestuale, aumentato e agile. L’icona del mondo business e delle tecniche di mercato – oggi novantenne ma più che attivo dagli Stati Uniti – risponde alle esigenze dei responsabili marketing del nuovo millennio, in primis quella di coniugare i progressi tecnologici (Intelligenza artificiale, Internet of Things & co.) alle modifiche nei comportamenti dei consumatori. Un’attenzione necessaria, potremmo dire indispensabile, soprattutto quando si parla di differenze generazionali, tra Millennials, Alpha, Generazione X, Y, Z. Muovendosi tra nuovi modelli, realtà digitale e fisica, con l’Industria 5.0 si accende un faro, appunto, sulle “tecnologie per l’umanità”: quelle che portano sviluppo tecnologico, soddisfazione di bisogni materiali ma anche immateriali come i valori più elevati.
EQUILIBRISMI NEL MERCATO CHE CAMBIA
Nell’era post Covid i bisogni delle persone orientano sempre più le scelte di aziende e organizzazioni, ma resta l’imperativo di aumentare il fatturato. Alle imprese è richiesto un lavoro da equilibrista: proporre al mercato i propri prodotti e servizi in modo profittevole ma “etico”, assicurarsi un segmento di consumatori sempre più largo ma rispondere alle esigenze intangibili del target, mettere all’angolo i competitor con stile e integrità.
Il marketing 5.0 si fonda su un assunto-chiave: lo sviluppo tecnologico da solo non basta. Per una crescita costante e sostenibile contano la realizzazione emotiva e le esigenze spirituali e organizzative dei consumatori e dei dipendenti. Un concetto semplice, ma rivoluzionario.
UN NUOVO MINDSET
Sia chiaro, poco cambia nei modi di fare marketing: il modello non propone nulla che non sia già stato sperimentato. Si tratta di resettare il flusso dei processi decisionali. I cambiamenti generazionali, ad esempio, vedono sempre più spesso le aziende composte da figure dirigenziali molto più anziane rispetto ai manager e ai clienti ai quali di fatto l’azienda si rivolge. Questo sta determinando uno spostamento nelle dinamiche di lavoro interne e nelle abitudini di acquisto: la grande mole di dati che ogni giorno si riversa sulle persone viene spontaneamente “smistata”, consentendo maggiore spazio alle informazioni più vicine alla sfera personale dell’utente. Un utente che il più delle volte guarda con sospetto a quelle tecnologie digitali che intercettano poco i suoi bisogni e tralasciano lo scambio umano, comunitario ed esperienziale.
Il nuovo marketing è in grado di creare delle esperienze personalizzate. E presuppone a monte un’analisi fra antropologia ed economia per le nuove sfide da affrontare. Un esempio concreto: un hotel in Giappone è stato il primo a utilizzare personale costituito esclusivamente da robot. Una scelta dell’azienda per superare in modalità innovativa e low cost il problema della carenza di manodopera. Solo che alcuni robot hanno iniziato a creare problemi agli ospiti dell’hotel. Il caso è spesso citato da Kotler per scongiurare ogni visione apocalittica sull’avvento dell’automazione totale e la possibile – seppur remota – completa sostituzione del lavoro dell’uomo.
Appare allora quanto mai centrato un focus su tre applicazioni di marketing: il marketing predittivo, che si serve della raccolta di dati per formulare una previsione sulle reazioni del mercato, quello contestuale, che attraverso l’Internet of things, blockchain e intelligenza artificiale può velocizzare la produttività, e il marketing aumentato, con interfacce digitali che possono sopperire all’interazione umana per alcuni punti del funnel di vendita.
La parabola disegnata dai modelli tradizionali di vendita e valorizzazione del marchio resta stella polare per gli esperti del mestiere: segmentazione-targeting-posizionamento e prodotto-prezzo-punto vendita-promozione costituiscono ancora solide fondamenta per i piani di sviluppo aziendale, ma oggi devono adattarsi a nuove influenze. Con una pianificazione lucida, competente e sensibile.
(L’articolo è stato pubblicato sul numero di aprile dell’Imprenditore)