Nella vita di un’impresa la comunicazione non è una funzione residuale, ma determina al pari delle altre il successo di un prodotto. Eppure in Italia le imprese con oltre dieci dipendenti che investono in comunicazione sono soltanto 15mila, a fronte di una platea potenziale di 250mila imprese (fonte Upa, ndr). Invertire questa tendenza, o comunque sensibilizzare i piccoli imprenditori sull’argomento, è l’obiettivo che si è posto il Premio Parola d’impresa, l’iniziativa promossa da Piccola Industria insieme a Upa – Utenti pubblicità associati con il sostegno del Sole 24 Ore e la collaborazione della nostra testata.
La seconda edizione si è conclusa lo scorso 20 ottobre all’Expo di Milano con la premiazione all’Auditorium di Palazzo Italia delle sei imprese vincitrici, alle quali è stato assegnato un budget complessivo di 500mila euro suddiviso pro quota in base alla posizione riportata nella terna finale. La somma sarà utilizzata dalle imprese per pianificare la propria campagna pubblicitaria sulle testate del Gruppo 24 Ore. Abbiamo intervistato i primi classificati dei due settori in gara, carta stampata e new media.
Cominciamo con Francesco Andreis, vice president Sales & Marketing di Fluid-o-Tech, azienda di Corsico, in provincia di Milano, attiva nella progettazione e produzione di pompe per la pressurizzazione e il trasferimento di liquidi. A loro è andato il Premio Parola d’impresa carta stampata per la campagna “Un cuore italiano”, realizzata dall’agenzia milanese PicNic.
A seguire, invece, parliamo con Guido Galimberti, amministratore delegato di Cef – Centro europeo di formazione, casa editrice di Novara specializzata nella progettazione e pubblicazione di supporto didattici per la formazione professionale a distanza. L’impresa si è aggiudicata il Premio Parola d’impresa nel settore new media con la campagna “CHEFuoriclasse”, creata dall’agenzia Lorenzo Marini Group.
Francesco Andreis – La pubblicità fondamentale per valorizzare il prodotto
La Fluid-o-Tech è un’azienda meccanica. Che rapporto ha con la comunicazione?
Per noi è un tema abbastanza nuovo. Abbiamo cominciato ad avere più attenzione a questo aspetto una decina di anni fa. Prima, infatti, eravamo come la maggior parte degli imprenditori italiani, cioè molto concentrati sul prodotto. L’azienda è nata nel 1976 e da allora progettiamo e realizziamo pompe idrauliche che vengono utilizzate nei campi più disparati. Quella rappresentata nella pubblicità con la quale abbiamo vinto, per esempio, è stata concepita per le macchine professionali per il caffè espresso. Negli anni poi abbiamo sviluppato anche altri prodotti, che trovano applicazione nel settore medicale, nell’automotive, nel trattamento delle acque e così via.
Cosa vi ha spinto a cambiare approccio?
Tenga presente che vendiamo il 70% all’estero: Abbiamo sede a Milano, dove lavorano circa 200 persone, mentre negli Stati Uniti siamo presenti con una sede commerciale e uno studio di ingegneria. Ebbene, in passato tutti i clienti che venivano in Italia per incontrarci di persona restavano stupiti: conoscevano il nostro prodotto, ma non si aspettavano di trovare un’azienda moderna e bella.
Ci siamo accorti, quindi, che l’immagine che i clienti avevano della Fluid-o-Tech non corrispondeva alla realtà e per questo motivo abbiamo cominicato a valorizzarla, investendo di più in immagine, iniziando anche dalle piccole cose: una scheda prodotto più accurata, omaggi per i clienti che avessero un tocco di italianità, il rifacimento del sito web e così via. Abbiamo rinnovato anche il modo di presentarci alle fiere e oggi lo stand Fluid-o-Tech è coerente con tutto il resto.
Per la campagna “Un cuore italiano” vi siete avvalsi di un’agenzia di comunicazione. Perché?
Le confesso che anche noi facevamo parte del gruppo di imprese che pensa di poter fare tutto in casa, ma poi abbiamo imparato che non è così. A ciascuno il suo mestiere: noi costruiamo pompe e sistemi fluidici, non siamo specializzati in immagine. È una decisione sulla quale non tornerei indietro, nemmeno se l’azienda fosse più piccola. Ci si illude di risparmiare denaro, ma non è così.
Credo che il fatto di voler realizzare tutto all’interno spieghi anche perché le imprese italiane, in generale, non siano molto efficaci nella comunicazione. Sotto questo profilo, per esempio, gli americani sono molto più bravi e riescono a promuovere aziende che dietro hanno meno “sostanza”.
Come userete il budget vinto con Parola d’impresa?
Abbiamo tante idee, ma siamo ancora in una fase di brainstorming. Di certo non abbiamo mai avuto un budget del genere per la sola comunicazione, motivo per cui vogliamo valorizzarlo fino all’ultimo euro. Siamo molto orgogliosi di aver vinto nella sezione carta stampata perché questa pubblicità ci rispecchia molto: il cuore è la passione che mettiamo nel lavoro e l’italianità è una grande forza. La si comprende solo viaggiando. Noi italiani siamo bravi, abbiamo fantasia e un grande potenziale che purtroppo spesso non riusciamo ad esprimere.
Avete vinto con una campagna stampa. In che misure siete presenti sul web?
Meno di quanto dovremmo. Abbiamo un sito che piace molto ma è poco visibile e stiamo lavorando insieme a un’agenzia di comunicazione per rifarlo in un’ottica di maggior visibilità e fruibilità per i nostri clienti.
Sui social network siamo presenti, ma vorremmo essere più attivi. Contiamo di investire in modo deciso per creare una struttura che si occupi a tempo pieno di questo aspetto. Una presenza efficace sul web oggi è imprescindibile perché consente di raggiungere i clienti in qualsiasi parte del mondo.
Guido Galimberti – Su internet facciamo il 99% del nostro marketing
Come è nata la campagna CHEFuoriclasse?
Occorre una piccola premessa. Noi siamo una casa editrice specializzata in testi e strumenti per la formazione professionale a distanza, un settore ancora poco conosciuto in Italia. Siamo nati nel 2007, da un’esperienza condotta con successo dal Gruppo De Agostini in Spagna e in Francia, dove personalmente ho lavorato alcuni anni.
Oggi operiamo in quattro aree: sanitaria, socio-assistenziale, benessere degli animali e da poco anche ristorazione con il corso per diventare cuoco professionista che abbiamo lanciato in partnership con Renaia, la rete nazionale degli istituti alberghieri. Al contrario che in Europa, dove la formazione professionale a distanza gode di una piena legittimità, in Italia è oggetto di qualche pregiudizio. Si è legati infatti alla formula residenziale, organizzata prevalentemente dalle Regioni, dove nella maggior parte dei casi – mi permetta di dire – il fattore più importante diventa la mera presenza.
Riguardo alla campagna pubblicitaria, il nostro obiettivo dunque era non solo quello di certificare la serietà del corso, ma anche di poter contare su un endorsment generale verso lo strumento della formazione a distanza. D’intesa con il nostro direttore marketing Silvia Tripodina, abbiamo individuato nello chef Antonino Cannavacciuolo il testimonial di prestigio più adatto che poteva sostenerci in tal senso; una volta conclusa l’intesa, abbiamo cercato un’agenzia di primaria importanza che fosse in grado di sviluppare un concept sulla figura dello chef. Abbiamo indetto una gara e alla fine l’agenzia Lorenzo Marini Group è quella che ci convinto.
Avete mai pensato di realizzarla “in casa”? È una prassi comune in molte Pmi.
In passato abbiamo fatto campagne più piccole, con agenzie meno prestigiose e budget più limitati. In ogni caso, a prescindere dalle risorse a disposizione, crediamo fondamentale rivolgersi a dei professionisti.
Quale ruolo riveste la comunicazione nella vostra azienda?
Noi applichiamo un sistema di marketing diretto, per cui è molto importante. Tutte le nostre campagne, infatti, sono mirate all’acquisizione di lead e prospect (il lead è un utente potenzialmente interessato all’acquisto, il prospect è un cliente reale, ndr), i quali sono poi contattati dai nostri consulenti commerciali per concludere la vendita.
Nel 2007, quando siamo nati, il modello di comunicazione era orientato soprattutto sulla stampa e sulla tv; oggi invece la nostra comunicazione si esplica al 99% su internet. Siamo presenti sui social media come Facebook e Twitter, abbiamo un account Instagram, un canale Youtube, facciamo campagne di mailing e così via.
A livello strategico sui social stiamo sviluppando soprattutto campagne di “brand awareness”, destinate a farci conoscere e a veicolare richieste spontanee sul sito aziendale. Il Premio Parola d’impresa ci aiuterà soprattutto in questa direzione.
Come sfrutterete il budget media che avete vinto?
Vorremmo spenderlo in parte sul web, promuovendo la campagna esistente, e in parte testando nuovi canali come la radio, naturalmente se sarà possibile. In ogni caso ci piacerebbe proseguire su questa strada individuando nuovi testimonial di prestigio per promuovere gli altri corsi.
Quante persone avete formato finora e che progetti avete per il futuro?
Da quando abbiamo cominciato sono circa 25mila le persone che hanno seguito i nostri corsi. Lavoriamo in tutta Italia con una ripartizione abbastanza equilibrata degli iscritti.
Per il futuro abbiamo in programma di sondare nuovi campi. Vorremmo entrare per esempio in quello estetico, mettendo a punto una formazione a distanza di qualità in un settore che sappiamo essere soggetto a una normativa complessa. La nostra “battaglia” è convincere che la formazione professionale a distanza, se fatta bene, funziona.