A novembre c’è stata una prima missione imprenditoriale in Iran, poi la visita di Rouhani a Roma e, in questi ultimi giorni, una nuova missione a Teheran su settori specifici con i Ministri Martina e Delrio. L’attenzione è forte.
L’Italia è tra i paesi europei con maggiori interessi economici in Iran. Prima delle sanzioni, che sono costate al nostro Paese oltre 15 miliardi di export a partire dal 2006, esportavamo oltre due miliardi di euro. Eravamo il secondo partner europeo dopo la Germania. Ci vorrà tempo per tornare a questi livelli, ma ce la stiamo mettendo tutta. Per noi l’Iran è un paese strategico: la complementarietà dei settori industriali apre molte opportunità alle imprese italiane. E l’amicizia è reale: il presidente Rouhani ha scelto l’Italia come tappa iniziale del suo primo viaggio ufficiale in Europa, riconoscendoci un ruolo privilegiato, dovuto anche al fatto che molte nostre imprese hanno continuato a lavorare con l’Iran, nonostante le difficoltà dettate dal regime sanzionatorio.
Quali per esempio?
Soprattutto quelle del settore energetico: Ansaldo Energia, Sicim, Duferco, Maire Tecnimont, Edison, Eni, Saipem, Valvitalia. Ma anche diverse Pmi hanno scommesso sull’Iran proprio negli anni delle sanzioni. L’emiliana Immergas, ad esempio, che produce caldaie per uso abitativo, nel 2011 ha realizzato una fabbrica a Qazvin, 200 chilometri da Teheran.
Poi c’è caso della Danieli, che ha inaugurato un’acciaieria a Yazd e si sta occupando del complesso siderurgico di Isfahan, il più grande del paese, sulla base di un accordo raggiunto nel 1992. Poi ancora nel 2014 l’accordo tra il Governo iraniano, la Fiera di Teheran e Pordenone Fiere, che ha dato la possibilità a quest’ultima di organizzare proprio a Teheran, in esclusiva per cinque anni, una manifestazione sul contract.
Mi viene anche in mente il recente accordo tra la società italiana The Story Group con Mana Payam Public Relations, principale agenzia di comunicazione integrata iraniana. In più, non dobbiamo sottovalutare che l’Italia in questi anni ha continuato a invitare delegazioni di imprese iraniane e siamo ritornati in Iran per primi.
Il 16 gennaio scorso c’è stato l’Implementation Day: cosa cambia con la fine del regime sanzionatorio?
L’elemento più importante è che non ci saranno più le restrizioni relative ai trasferimenti finanziari e le limitazioni operative all’attività bancaria, fatto salvo ovviamente quelle legate a entità listate e ai beni e servizi che tuttora rimangono sotto embargo. Questo agevolerà molto l’interscambio commerciale poiché rappresentava una delle principali barriere al commercio con il paese.
Già si vedono i primi risultati: il gruppo Danieli, per esempio, ha firmato accordi per un valore di circa 5,7 miliardi relativi a una joint-venture e a ordini per la fornitura di macchine e impianti che verranno installati nel territorio iraniano. Saipem ha firmato due protocolli di intesa con le aziende iraniane, ma ci sono anche gli accordi presi da altri gruppi italiani come Fincantieri, Ansaldo Energia, Itinera, Condotte, il Gruppo Fs, Anas, solo per citarne alcuni.
Quali sono le opportunità per le nostre imprese in Iran e quali i vantaggi ad investire nel paese?
Il governo iraniano sta puntando su un’impostazione riformista, basata sui principi dell’economia di mercato, privatizzando società e banche, riducendo i sussidi. Tra i principali vantaggi, per esempio, c’è una manodopera qualificata, con un livello medio di istruzione elevato, con 70mila laureati all’anno di cui circa la metà in discipline scientifiche, a fronte di un salario medio di 330 dollari al mese e norme semplici
di assunzione. Inoltre, ci sono 14 free zone e 7 free trade zone già riconosciute dalle autorità governative, all’interno delle quali gli investitori stranieri hanno benefici come esenzioni fiscali per 20 anni, assenza di dazi all’importazione, completa libertà di movimento di capitali e profitti. Inoltre, l’Iran è tra i primi dieci produttori di petrolio e tra i primi cinque di gas. Tutte condizioni che possono far risalire le nostre relazioni commerciali.
Inoltre, il Foreign Investments Promotion and Protection Act varato nel 2002 pone l’Iran in una posizione avanzata rispetto ad altri paesi della stessa area, rendendolo maggiormente attrattivo a livello internazionale, in una logica di diversificazione della politica economica locale.
Infine, non va dimenticata la posizione geografica, al centro dell’Asia meridionale, che assegna all’Iran un ruolo sempre più importante nello scacchiere geopolitico mondiale e come hub di riferimento per tutta quell’area.
C’è spazio per le piccole imprese e in quali modalità?
Altroché. Così come in Italia, anche in Iran le Pmi costituiscono oltre il 90% del tessuto produttivo. Le nostre piccole e medie imprese possono rappresentare un vero e proprio modello di riferimento, in grado di trainare il recupero da parte italiana delle quote di mercato perse dopo il rafforzamento delle sanzioni contro Teheran nel 2011, a favore di concorrenti come Cina, India, Brasile e Russia.
Per farlo è fondamentale ristabilire quella partnership che ha contraddistinto per anni le relazioni economico-finanziarie dei nostri mercati.
Ora che sono state revocate le sanzioni, è pronta ad aprirsi una pagina nuova delle relazioni tra Iran e Italia. Quali sono i settori in cui l’Italia può tornare a essere protagonista per recuperare le quote di mercato perse?
Nonostante l’economia iraniana sia ancora fortemente ancorata al settore petrolifero, ci sono opportunità di sviluppo in altri comparti industriali, quali l’automotive – dove l’obiettivo è quello di far diventare l’Iran l’ottavo paese costruttore di veicoli al mondo entro il 2018 – le energie rinnovabili, le attrezzature medicali – dal momento che l’Iran vuole diventare un hub regionale per la medicina – e i macchinari, settore cui la rimozione delle sanzioni consentirà di recuperare le posizioni che avevamo nel passato e contrastare la concorrenza dei macchinari asiatici.
Ci sono poi grandi opportunità per tutta la filiera delle infrastrutture e costruzioni, dove è prevista una crescita per il 2016 fino a un volume di 154,4 miliardi di dollari e che riguarderà, tra l’altro progetti per il completamento di ferrovie, strade e autostrade, e dell’oil&gas, per cui si prevedono per i prossimi sei anni investimenti di circa 250 miliardi di dollari, con particolare riferimento agli interventi di revamping, alla modernizzazione delle strutture e alla creazione di nuovi impianti.