
All’indomani della tornata referendaria che ha visto prevalere in maniera decisamente netta il fronte del No, mi è capitato di incontrare occasionalmente un uomo politico, con il quale abbiamo avuto modo di scambiare alcune considerazioni in merito alla proposta di riforma costituzionale, portata avanti dai proponenti il referendum.
Devo ammettere con un certo stupore che mi sono trovato a disagio nel dover ascoltare una serie di pesanti critiche mosse a Confindustria; critiche che nulla o quasi avevano a che fare con il merito della proposta referendaria, ma esclusivamente si indirizzavano verso il presunto “grave errore”, commesso da Confindustria stessa, nell’esporsi pubblicamente nel sostegno alla riforma. Errore quindi non di merito ma di forma, in quanto, come mi è stato pervicacemente spiegato dal suddetto uomo politico, una realtà associativa dell’importanza e delle dimensioni di Confindustria, non dovrebbe mai prendere posizioni esplicite o impegnarsi in “battaglie” di natura “politica”, se non in presenza di una assoluta certezza di vittoria.
In poche parole mi è stato spiegato che chi ha l’onere e l’onore della “rappresentanza” dovrebbe mantenere un ecumenismo di maniera evitando di esporsi, in quanto le sconfitte pesano sulle relazioni e i rapporti con il mondo politico e “le marce indietro” possono gravare tantissimo sullo sviluppo e il buon andamento delle relazioni istituzionali.
Ammetto che la conversazione, nonché il contenuto della medesima, mi hanno davvero spiazzato e mi sono chiesto a più riprese il senso di questo “autorevole” punto di vista.
Ho poi avuto modo di leggere svariati articoli su alcuni quotidiani nazionali, sostenenti tesi simili a quella che ho riportato. In taluni casi addirittura con una prospettata ulteriore conseguenza, considerato l’esito del referendum: i vertici di Confindustria avrebbero dovuto “cospargersi il capo di cenere”, fare ammenda e dimettersi, all’indomani della vittoria del fronte del No.
Risulta evidente come in questo Paese si fatichi a comprendere il senso e il valore, oltreché il ruolo, della “rappresentanza”; questo vale verso Confindustria, ma al pari per tutti gli organismi di rappresentanza che portano avanti, legittimamente, interessi specifici di una parte sociale, all’interno di un sistema ove ci si dovrebbe confrontare e agire nell’interesse superiore della collettività.
La nostra associazione, in verità, non ha fatto altro che raccogliere il noto malessere diffuso, ormai da anni, della base imprenditoriale, che si trova bloccata da “lacci e lacciuoli” dovuti a una politica che non è stata in grado di darsi regole che consentano di emanare leggi chiare in tempi certi.
Per questo motivo abbiamo ritenuto giusto e necessario, in linea con un principio di lealtà verso le migliaia di imprenditori associati, prendere una posizione a favore della proposta di riforma, in quanto rivolta allo snellimento dell’iter legislativo e quindi volta a modificare l’attuale bicameralismo perfetto che ingessa il Paese.
Abbiamo appoggiato la proposta di riforma nel suo impianto complessivo, pur criticandone ampie parti, partendo dal principio della perfettibilità e, proprio con tale indirizzo, si è espresso il Consiglio Generale, seppur tra diversi distinguo.
La nostra non è stata una posizione ideologica e, meno che meno a favore o contro una parte politica, ma è stata esclusivamente una scelta nell’interesse delle imprese e del Paese.
Nulla abbiamo da rimproverarci per la scelta fatta, né tantomeno alcunché da rinnegare o da cui prendere le distanze. Da imprenditori sappiamo molto bene che si è chiamati a decidere in base alle proprie convinzioni ma, sempre più spesso di quest’epoca, anche e soprattutto per necessità; pur sapendo, infatti, che la riforma proposta non sarebbe stata rispondente al meglio, ma di certo avrebbe rappresentato un primo passo verso un percorso positivo.
Non ci sentiamo quindi per nulla sconfitti perché abbiamo ritenuto di agire nell’interesse non della nostra parte, ma della comunità.
Il Paese ha risposto recandosi in massa alle urne, tutti plaudiamo a questa grande partecipazione democratica e prendiamo atto del risultato delle urne più che evidente.
Da domani, come imprenditori, ricominceremo con immutato impegno a chiedere con forza e senza soluzione di continuità al mondo della politica di agire con urgenza, per mettere mano finalmente a un impianto di riforme necessarie e improcrastinabili.
Questo è il ruolo di Confindustria, il ruolo della “rappresentanza”; l’unico dovere di chi ha il compito di portare avanti le istanze del mondo dell’impresa nell’interesse della collettività.