
Con alle spalle una storia che impone di non derogare mai alla massima qualità, il lavoro giornaliero all’interno del Salumificio Gerini di Pontassieve, in provincia di Firenze – 17,5 milioni di euro di fatturato nel 2022 e 43 dipendenti – non può che basarsi sulla selezione e la successiva lavorazione di carni di livello ben superiore alla media. La produzione dell’azienda nata ufficialmente nel 1882, ma con un curriculum che torna indietro fino a 300 anni fa, è poi per un quarto orientata verso i salumi, l’altro settore di influenza di una Pmi che si impegna a miscelare al meglio tradizione ed approccio industriale.
“Siamo arrivati alla quinta generazione e, anche se il boom registrato tra gli anni ‘60 ed ‘80 crediamo proprio non possa più ripetersi, a partire dal 2008 mia sorella Antonella e io stiamo continuando a fornire con ottimi risultati soprattutto i mercati di prossimità – spiega Alessandra Gerini (a destra, nella foto in alto, con Antonella) contitolare del Salumificio Gerini –. Vendiamo infatti molto, circa l’80% del fatturato, in Toscana, mentre l’export, salumi e poca carne, ha raggiunto anche l’India e il Vietnam”. Uno sforzo commerciale indirizzato principalmente nella direzione della ristorazione tradizionale e collettiva (mense aziendali, scuole, ospedali). “Non serviamo invece la grande distribuzione, se non saltuariamente piccoli esercizi di zona. E pur avendo nel nostro ‘menù’ anche prodotti di nicchia, questi non sono destinati al settore luxury”.
La richiesta di carne fresca, quella che viene dai ristoranti intorno e, soprattutto, all’interno del centro storico di Firenze, sta progressivamente crescendo tanto da richiedere un impegno logistico ulteriore da parte dell’impresa toscana. “Al momento abbiamo tre camion impegnati ogni giorno nelle consegne in centro – sottolinea Gerini –. Il cambio di marcia in parecchi casi è stato sostanziale, visto che continuano a chiederci carne di sempre maggiore qualità. Non tutti i ristoratori hanno le stesse idee, ma comunque più d’uno ha deciso di presentare a chi va a mangiare nel loro locale un’offerta gastronomica ancora più alta. Dinamiche in cui, non si può negare, entrano prepotentemente pure i giudizi lasciati sui social dalla clientela”.
I consumatori – talvolta indirizzati dall’influencer di turno –, insomma, paiono essere diventati più esigenti, curiosi e così ha preso corpo una marcata diversificazione del prodotto. “Avendo a disposizione un adeguato armadio frigorifero frollatore, siamo potute andare a cercare tutte le tipologie di carne che il mondo racconta e poi proporle al cliente nel modo più appropriato. Dal choco alla manzetta prussiana, carni particolari che, diciamo, stanno andando di moda e che, come la chianina, per dare il massimo al palato hanno bisogno di essere frollate, fatte maturare per un certo tempo. Vanno inoltre conservate in maniera propria, mantenendo il corretto grado di temperatura e umidità”.
Disponendo oltre allo stabilimento principale poco fuori dal centro storico di Pontassieve, pure della storica macelleria da cui è partito tutto, il Salumificio Gerini negli ultimi tempi si è piacevolmente sbizzarrito nell’offrire agli appassionati della carne cose pronte da cucinare, prodotti che stanno andando molto bene e sono richiesti, in particolare, da chi ha meno tempo o voglia di mettersi ai fornelli. “Oltre a questi, ci stiamo indirizzando anche verso le cotture come rostbeef, arista, spiedini, porchetta con la crosta croccante e tra poco inizieremo a proporre prodotti per il barbecue. Al proposito stiamo studiando nuove ricette, tra cui una realizzata con un pollo di grande qualità e in grado di restare morbido dopo la cottura. Se in anni passati, insomma, ci occupavamo solo di carne fresca, ora l’offerta si è indubbiamente differenziata”.

LAVORAZIONE DELLA SOPRASSATA TOSCANA
Competitiva nel rapporto tra prezzo e pregio delle carni, l’azienda toscana tiene nella massima considerazione il valore generato dall’esperienza di dipendenti spesso con custodi di un know how pluridecennale. “Le mani e gli occhi esperti dell’uomo sono capaci di regalare un prodotto superiore – chiarisce Gerini –. Il salame cosiddetto ‘spagato’, per esempio, è ancora fatto rigorosamente a mano. Per avere un risultato ottimale serve mettere attenzione in una serie di passaggi, tutti importanti e decisivi, in cui vengono anche tenuti in conto i particolari desideri di una clientela, come dicevo, assai esigente”.
Per il futuro prossimo, infine, il Salumificio Gerini ha in serbo un’altra chicca gastronomica per la propria clientela. Sette sughi pronti che riprendono ricette non solo toscane ma anche campane, progetto nato per poter portare sulle tavole italiane un qualcosa di ancora più qualitativo. “Il punto centrale riguardava la volontà di trovare un equilibrio tra prodotto sicuro e sapore. Obiettivo raggiunto dopo un anno e mezzo di studio e investimenti che ci hanno fatto arrivare alla formula in grado di uccidere i microbi ma non l’appetibilità dei sughi. Il tutto ottenuto senza fretta e men che meno prendendo scorciatoie, come è nel nostro Dna”, conclude Alessandra Gerini.