
La nuova normalità è accettare il fatto che nei prossimi anni, a causa di una convergenza di fattori d’impatto, la trasformazione sarà continua. In un periodo di grande incertezza e cambiamento dobbiamo far leva sulle migliori conoscenze e professionalità, consapevoli del fatto che le fasi di crescita generano contesti trascinanti e le fasi di crisi fanno emergere i più abili interpreti del cambiamento.
La velocità dei cambiamenti in corso deve ispirare alla rapidità di esecuzione e di visione programmata di medio termine. Questa crisi non si vince con interventi spot e isolati ma con una visione d’insieme, che consideri l’azienda per quella che è: un complesso organizzato per l’esercizio durevole dell’attività imprenditoriale.
Possiamo individuare quattro fasi:
- Preparazione: l’azienda sviluppa e testa le proprie capacità in condizioni di normalità;
- Risposta: l’impresa deve reagire e gestire prontamente un evento critico che ne mette a repentaglio la sopravvivenza;
- Recupero: è la fase di individuazione dei cambiamenti all’interno delle dinamiche operative, contrastando gli impatti a lungo termine della crisi per uscirne più forti;
- Potenziamento: capitalizzando le conoscenze acquisite nelle fasi precedenti l’azienda si prepara alla nuova normalità.
In questo contesto i leader aziendali hanno la responsabilità di considerare le macrofasi contemporaneamente, pianificando e allocando le risorse di conseguenza. Lasciati alle spalle i periodi più turbolenti, ci troviamo ad affrontare l’individuazione delle tematiche per ragionare sulle fasi “recuperare” e “potenziare”.
I provvedimenti istituzionali di politica fiscale e monetaria, remote e smart working, supply chain revolution, e-commerce, IT infrastructure, cyber risk, valore di impatto sociale, sono solo alcuni dei temi che rappresentano i pilastri e i paradigmi del “next new normal”, che si sta ineluttabilmente e rapidamente configurando.
La collaborazione tra aziende, in particolare le piccole e le medie realtà, può fornire alle imprese un’ottima opportunità di crescita e un’occasione unica per sopravvivere a situazioni di emergenza e sviluppare il business, ampliando il proprio raggio d’azione. La possibilità di fare rete con una o più realtà aziendali permette di mettere a fattor comune le conoscenze e il know how maturati negli anni, facendo leva sulla tradizione e l’esperienza che ciascuna impresa porta con sé.
La chiave per attrezzare al meglio il nostro tessuto produttivo, che per l’80% è formato da piccole o piccolissime aziende, è lo sviluppo delle filiere produttive, dove alcune imprese più grandi possono rendersi capofila di un progetto di sviluppo, a cui partecipano fornitori e sub-fornitori, per mettere a disposizione opportunità tecnologiche e finanziarie altrimenti accessibili solo alle imprese di maggiori dimensioni.
Fare network, condividere le risorse e cercare un nuovo equilibrio richiede grande voglia di mettersi in gioco per migliorarsi vicendevolmente e crescere insieme. Spesso questo tipo di collaborazione risulta essere un incentivo determinante per espandersi, creare valore e mostrare una più ampia apertura verso nuovi mercati. Inoltre, produce anche un avanzamento nel processo di gestione finanziaria e di pianificazione strategica del business, nell’apertura verso nuovi mercati e nel livello di crescita.
Questo processo scaturisce ovviamente dal ripensamento del proprio modello di business, una struttura concettuale che supporta la fattibilità di un’azienda o di un prodotto e spiega come l’azienda opera, è redditizia e come intende raggiungere i suoi prossimi obiettivi. Tutti i processi e le politiche di business che un’azienda adotta e segue fanno parte del modello di business.
Secondo il guru della gestione Peter Drucker, “un modello di business dovrebbe rispondere a chi è il vostro cliente, quale valore potete creare/aggiungere per il cliente e come potete farlo a costi ragionevoli”. In poche parole, è la struttura logica a monte che definisce le relazioni e il comportamento di ogni singolo elemento, e che permette di lavorare in modo scorrevole, ottimizzato e produttivo.
Innovare il proprio modello di business significa comprendere e ripensare l’azienda a livello più alto, come se si potesse salire su una scala e osservare tutti i processi (produttivi, distributivi, commerciali e così via) nel loro complesso e nelle loro sinergie. Una visione strutturale, che apre gli occhi sui colli di bottiglia, sulle opportunità non sfruttate e sui rami morti da tagliare.
L’attuale crisi costringe quindi a rivedere le priorità delle imprese, ma proprio per questo il piano aziendale può rappresentare un valido punto di partenza per sviluppare un progetto imprenditoriale che tenga conto di fattibilità e ricadute economiche nella fase di risposta all’emergenza. Poiché il contesto è in continua evoluzione, sarà necessario mantenere costantemente aggiornato il piano strategico.
Il piano non può prescindere dal presente e neanche dal passato dell’impresa, per questo deve essere accompagnato dall’analisi di trend tanto quanto da quella dei bilanci. Ciò consente di comprendere la compatibilità dei nuovi progetti con la situazione corrente e di collocarli in una visione prospettica che vada oltre alla risposta all’emergenza.
Ricordiamo che l’elaborazione del piano aziendale si articola in tre fasi temporali, la cui interazione è continua e sostanziale: lo studio, il progetto e l’azione.
Si parte con l’analisi della situazione in cui verte l’impresa e dagli obiettivi che si vogliono raggiungere, tenendo in considerazione tre elementi complementari: la conoscenza della propria azienda, la conoscenza del mercato di riferimento e dei concorrenti, la conoscenza del contesto. Il ruolo di questi fattori è decisivo, poiché possono influenzare la comprensione delle ricadute delle scelte decisionali.
In secondo luogo, l’azienda è chiamata a costruire il proprio progetto, con la concreta definizione degli obiettivi da raggiungere e delle modalità di attuazione. La fase conclusiva è l’azione. In questa fase vengono scelte con cura le attività necessarie per il conseguimento degli obiettivi, che devono considerare il settore di appartenenza della propria impresa e le possibilità di fare sistema con altre realtà. Solo così sarà possibile reagire alla crisi, sopravvivere, consolidarsi e sviluppare il proprio business.
I prossimi contributi svilupperanno gli argomenti che consentono di poter strutturare efficacemente questi processi.
(Contributo 3/16. Prossima uscita: 28 ottobre)
Articoli precedenti:
Capire la crisi, cambiare il paradigma: appunti per ripartire (pubblicato il 16 settembre 2022)
L’impresa ha un’anima: il cambiamento nei modelli organizzativi (pubblicato il 30 settembre 2022)
Nota sull’autore

ANDREA DALLA CHIARA
Andrea dalla Chiara è partner dello Studio dalla Chiara 1884, che conduce come rappresentante della quarta generazione, ed esercita e coordina l’attività di consulenza societaria, tributaria, legale e di controllo di gestione.
Si è laureato nel 1989 in economia e commercio all’Università di Torino ed è iscritto dal 1990 all’Ordine dei dottori commercialisti ed esperti contabili. Ha seguito numerosi corsi di approfondimento e master di specializzazione nelle seguenti materie: diritto tributario, societario, finanza e controllo, contenzioso tributario.
Fa parte del gruppo di studio dell’Ordine dei dottori commercialisti di Torino per i Piani industriali. È consulente del Tribunale e della Procura della Repubblica di Torino, nonché revisore contabile.