Perché oggi la sostenibilità è così presente nel dibattito pubblico? E quali sono i compiti delle istituzioni nazionali?
È vero: si percepisce facilmente la crescente attenzione di cittadini e imprese verso i temi della sostenibilità e della responsabilità.
Sono e saranno due fattori chiave nello sviluppo globale e le istituzioni, nazionali o sovrannazionali, sono chiamate a identificare e offrire soluzioni durature per queste importanti sfide.
Ricordando la premessa dell’agenda 2030 delle Nazioni Unite, le istituzioni nazionali dovrebbero impegnarsi a promuovere la
comprensione interculturale, la tolleranza, il rispetto reciproco, insieme a un’etica di cittadinanza globale e soprattutto di responsabilità condivisa. Riconoscere che tutte le culture e le civiltà possono contribuire allo sviluppo sostenibile rappresenta un primo passo fondamentale.
Il Sustainable Economy Forum di San Patrignano vuole essere un contributo attraverso una due giorni di riflessione e scambio
di esperienze fra eminenti imprenditori, economisti, politici, attori sociali, intellettuali, ricercatori, artisti.
Gli indicatori del Bes sono entrati nella programmazione delle politiche pubbliche e nella valutazione ex post delle stesse. Cosa ne pensa? Cosa si potrebbe fare di più?
Ritengo positivo che l’Italia sia il primo paese dell’Unione europea e del G7 ad aver incluso nella propria programmazione economica gli indicatori di benessere equo e sostenibile. È infatti ormai assodato che né il valore assoluto del Pil, né la sua crescita permettano una valutazione efficace e sono necessari strumenti e indicatori alternativi che superino l’egemonia del Pil, tenendo in considerazione anche aspetti sociali e ambientali della vita in un sistema economico nazionale.
Il Prodotto interno lordo è infatti uno strumento superato e la decisione, ad esempio, di continuare ad inserire nel calcolo una parte dell’economia illegale mette ancor più in evidenza l’inadeguatezza di questo strumento nella definizione del benessere dei cittadini di uno Stato.
La ricchezza di un paese è data anche dai progetti educativi e di istruzione, dall’attenzione verso il patrimonio artistico e culturale, dalla capacità di promuovere modelli di welfare sostenibili. Lo aveva già compreso Bob Kennedy negli anni ‘60, quando sosteneva che il Pil misurasse tutto, eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta.
Nella sfida della sostenibilità quale ruolo spetta alle imprese? E quanto è consapevole il nostro sistema produttivo?
Le imprese avranno un ruolo fondamentale nella determinazione di un’evoluzione culturale complessiva nel senso della sostenibilità e della responsabilità. Partiamo da un dato indubbio: i sistemi economici tradizionali sono sempre meno sostenibili per i singoli Stati e già oggi in molti paesi si registrano gap miliardari tra la domanda di servizi pubblici e la capacità di far fronte a tale domanda. È un problema globale che coinvolge tutti i paesi e tutte le società, senza distinzione. Per risolverlo occorre quindi un vero e proprio cambio di paradigma, l’accettazione di un modo diverso di pensare l’economia.
Non si tratta, come semplicisticamente ritenuto da alcuni, di aumentare o ridurre la spesa pubblica, ma di aiutare i governi a trarre un beneficio dall’innovazione e dal capitale privato, così da ottenere un maggior impatto con le risorse disponibili.
È qui che si gioca la partita per le imprese, nell’evoluzione del concetto di impresa sociale in un senso più ampio e condiviso. È sempre più diffusa infatti la convinzione che “sociale” non sia più un aggettivo da affiancare a una certa e rigidamente catalogata tipologia di imprese, ma “sociali” debbano essere in qualche modo le modalità con cui tutte le imprese contribuiscono allo sviluppo della propria comunità di appartenenza.
Il territorio è un valore. Eppure negli ultimi anni frane, esondazioni e terremoti hanno messo in luce scarsa manutenzione e mancanza di prevenzione. Come intervenire?
L’attenzione al territorio, il presidio e la salvaguardia dell’ambiente sono priorità che coinvolgono tutti, dai cittadini alle istituzioni, passando per le imprese. In questo senso, l’emersione di una nuova e sempre più concreta “interpretazione” del concetto di imprenditorialità sociale sta via via influenzando anche i modelli e la visione di tante imprese tradizionali e profit che ormai, per molte delle proprie scelte gestionali, operative, di produzione e di relazione, guardano con attenzione ai territori di insediamento e agli effetti che le proprie attività hanno su questi ultimi.
Si tratta di un meccanismo virtuoso perché genera valore sia per l’azienda sia per il territorio, che in tal modo beneficia, non soltanto economicamente, della presenza di queste imprese.
Il ruolo della politica, in questo contesto, è quello di favorire e supportare questo meccanismo virtuoso, favorendone lo sviluppo.
La Fondazione San Patrignano è uno dei più luminosi esempi di impegno per il sociale. Cosa si augura per il futuro e quali sono i suoi progetti al riguardo?
Nel 2018 si celebrano i 40 anni dalla nascita di San Patrignano, un percorso lungo e intenso di cui ho avuto la fortuna di poter essere testimone fin dai primi anni, insieme a Vincenzo Muccioli, a mio marito Gian Marco e ai tanti giovani che nel tempo sono passati per la Comunità.
Nel corso degli anni San Patrignano ha accolto in maniera totalmente gratuita oltre 26mila giovani con problemi di tossicodipendenza e di emarginazione, aiutandoli a ricostruirsi una vita e a rientrare in maniera attiva e produttiva nella società.
Per continuare a farlo, accogliendo sempre più ragazzi e ragazze in difficoltà, sono stati realizzati innumerevoli progetti finalizzati alla piena sostenibilità e indipendenza della Comunità che oggi rappresenta ed è riconosciuta in Italia e nel mondo come un esempio di impresa sociale. E per rispondere sempre più efficacemente alle esigenze del percorso di accoglienza e recupero è necessario prevedere anche investimenti di natura straordinaria per lo sviluppo delle attività e delle strutture e per questo, ultimo progetto in ordine di tempo, la Comunità si è dotata di una collezione di opere d’arte frutto di tante donazioni, uno strumento patrimoniale innovativo che vede San Patrignano tra i primi in Italia e che si ispira alle grandi fondazioni internazionali e ai loro “endowment”.
Mi auguro che questa dotazione patrimoniale sia uno strumento in più per consentire a San Patrignano di proseguire per sempre il proprio impegno.