Non esiste né una ricetta, né una classificazione di quello che può essere identificato come il “buon management”; o meglio, il buon fare impresa, perché l’impresa, essendo un “organismo vivo” che si collega all’imprenditore, è qualcosa che subisce metamorfosi ed evoluzioni in base alla vita stessa della persona. La giusta e corretta visione è quella dell’imprenditore che si cala nella realtà e si confronta con l’evoluzione dei tempi.
L’imprenditore è l’“animal spirit”, che incarna lo spirito dell’azienda, ha la capacità di visione a lungo termine e sa sognare il futuro dell’azienda. Tuttavia, deve tener presente che quei sogni, per diventare realtà, mai come in questo momento hanno bisogno di competenze. Come sottolinea Angelo Vergani, presidente di Contract Manager, siamo abituati a un tipo di imprenditore, in particolare nelle Pmi, che di solito è stato padre, fondatore, amministratore e gestore. È stato tutto e tanti sono gli imprenditori – qualche volta i rappresentanti della “vecchia guardia” – che si sono fatti vanto di essere rimasti sempre attaccati al tornio, sempre in azienda, di aver capito come si deve gestire, di non essere disponibili più di tanto a confrontarsi con gli altri.
Oggi però, come specifica Carlo Robiglio, presidente di Piccola Industria Confindustria, il successo dell’imprenditore risiede nella capacità di saper convivere e circondarsi di competenze forti, che sono necessarie e fondamentali per l’impresa, e in quella di essere resilienti, trasformando le difficoltà in opportunità. In pratica, quindi nella capacità di cambiamento. Questa è la più grande qualità richiesta all’imprenditore: saper cambiare e saper cambiare sé stesso, senza aver vergogna di venire meno alle proprie convinzioni. Al timone di un’impresa ci deve essere una persona in grado di interpretare i cambiamenti, una persona capace di raccogliere talenti e convogliarli attorno a sé per guidarla verso la crescita.
Le scelte difficili e i passi avanti da fare
Il problema maggiore, talvolta, non è dell’imprenditore in sé, ma riguarda la valutazione delle competenze dei propri familiari e di eventuali soci. Il principale ostacolo alla managerializzazione, infatti, è rappresentato da coloro che sono inamovibili dalle rispettive posizioni aziendali.
Oggi occorrono competenze sofisticate per gestire la complessità, che non è detto siano in possesso dei familiari. Afferma Vergani: “A volte questi rappresentano degli ostacoli allo sviluppo” e aggiunge: “Recentemente, in una realtà industriale dove siamo stati chiamati per inserire un direttore generale, la posizione di amministratore delegato era ricoperta da un nipote, quella di responsabile tecnico da un altro nipote mentre il direttore operation era un socio e parente. In questo caso inserire un direttore generale esterno è stato molto complicato”.
Per permettere la managerializzazione delle Pmi, concordano Robiglio e Vergani, occorre che l’imprenditore, al crescere delle dimensioni aziendali, affidi le funzioni operative a collaboratori esterni alla famiglia, con manager specialisti portatori di metodi moderni di gestione. Così facendo, specificano ancora i due ospiti, l’imprenditore si potrà focalizzare sulle attività non delegabili, ovvero:
- Coltivare il sistema di valori dell’impresa, che poi è il collante di un’organizzazione. L’impresa è l’emanazione di quei valori e le aziende forti sono quelle che hanno una cultura di rilievo, caratterizzata da valori saldi e unici, condivisi da tutti i collaboratori e a tutti i livelli organizzativi.
- Dare una strategia all’azienda, immaginando il futuro e operando scelte di innovazione di prodotto, mercato e tecnologia.
- Creare una squadra di collaboratori competenti, perché la scelta delle risorse cruciali di un’organizzazione deve essere fatta dall’imprenditore, con l’aiuto di esterni o del responsabile delle risorse umane, laddove esista. Le persone diventeranno i portatori e testimonial dei valori della cultura aziendale
- Imprimere un’etica forte, perché le organizzazioni stanno insieme se sono legate da un’etica forte. Si tratta di una richiesta che arriva soprattutto dalle nuove generazioni ed è il collante migliore che un’organizzazione aziendale possa avere.
Più in generale, etica e valori sono la premessa per l’organizzazione delle Pmi del futuro e rappresentano il miglior terreno su cui innestare e coltivare nuovi profili manageriali. Questi ultimi servono anche per affrontare le nuove sfide tecnologiche, in particolare la digitalizzazione dei processi manifatturieri, commerciali e amministrativi.
L’importanza della cultura d’impresa
“Cultura d’impresa” è un termine ampio, che non riguarda solo le competenze o i talenti ma anche la capacità di mettere al centro l’impresa medesima con le sue necessità e prospettive.
Per questo occorre ricordare, sottolinea Robiglio, che “non è più l’epoca del ‘piccolo è bello’. Crescere non vuol dire per forza aumentare la dimensione, ma evolversi a livello culturale, qualitativo, competitivo”. L’impresa deve continuare ad acquisire competenze e quindi “ogni giorno dobbiamo formarci e in primis lo deve fare l’imprenditore”, aggiunge il presidente di Piccola Industria.
…e della leadership
La leadership non è un onore, è un onere. È fondamentale esercitarla nell’interesse dell’impresa e significa avere la capacità di assumersi responsabilità, sapendo anche che si può sbagliare perché l’errore fa parte della leadership. Tuttavia, all’errore deve seguire una disponibilità al cambiamento. Quante imprese piccole e medie subiscono una cristallizzazione dovuta alla presenza dei familiari? Succede perché manca la leadership. “Purtroppo – racconta Vergani – molte sono le aziende dove la leadership non c’è o non è esercitata. E quindi tirano a campare e si impoveriscono e si arriva al punto in cui, se va bene, si riesce a vendere, altrimenti si arriva alla liquidazione o al fallimento”.
Come inserire i manager in una Pmi?
Con l’aumento delle dimensioni o della complessità aziendale, l’imprenditore dovrebbe ritagliarsi un ruolo sempre meno operativo. Ciò per focalizzarsi sulle strategie in un orizzonte temporale lungo e sull’innovazione di “prodotto-mercato-tecnologia”, delegando ai manager processi di acquisto, vendita e quelli produttivi, ma non delegando, per l’appunto, la strategia e l’innovazione. A quel punto dovrebbe raccogliere intorno a sé persone più competenti, perché con persone che ne sanno di più può trasformare l’impresa in un’azienda di giganti, altrimenti diventerebbe un’azienda di nani.
I manager, quadri o dirigenti, devono avere come requisito fondamentale la coerenza con i valori dell’azienda. Spiega Vergani: “Non si può inserire in una Pmi un manager di una multinazionale che ha lavorato in una funzione specifica, quale potrebbe essere la pianificazione produttiva, e chiedergli di fare il direttore delle operation. Il matrimonio durerebbe pochissimo”. Bisogna ricercare, sottolinea Vergani perfect match tra la cultura aziendale, che deriva dallo stile dell’imprenditore, e la cultura manageriale della persona da inserire. Oggi questo esercizio è complicato dai grandi cambiamenti in atto, quale ad esempio l’innovazione tecnologica.
Due consigli per le nuove generazioni in azienda
Il primo è essere modesti e umili, non pensare di sapere tutto. Se l’imprenditore non deve fare l’errore di sentirsi un fenomeno, non è tollerabile che a commetterlo sia un giovane che pure abbia frequentato prestigiose università. Questo atteggiamento non piacerebbe né all’imprenditore che si è fatto da sé e nemmeno al manager capace.
Il secondo consiglio è essere consapevoli che l’impresa non si tramanda per dinastia. L’impresa vive, ha una forte responsabilità sociale che va al di là dell’imprenditore stesso. L’ingresso nell’azienda di famiglia non è automatico e non è obbligatorio. Ciascun figlio o figlia deve realizzarsi facendo ciò che gli piace di più. L’impresa è qualcosa di molto diverso da una proprietà immobiliare. Meglio essere azionisti piuttosto che essere convinti di dover gestire l’impresa per diritto dinastico. Da lì ci si possono aspettare solo disastri.
(Articolo tratto dal numero di febbraio 2021 dell’Imprenditore – Liuc Talks del 16 dicembre 2020)