Qual è un approccio possibile per accendere i motori della ripartenza tra le imprese nel Mezzogiorno?
Bisogna, innanzitutto, valorizzare ed emulare la volontà di intraprendere delle aziende, che stanno affrontando e superando il momento poco favorevole per i profitti attraverso l’attuazione di un nuovo paradigma, che guarda agli sbocchi nei mercati internazionali e ai benefici derivanti dall’innovazione di prodotto e di processo.
In Basilicata, la gran parte del tessuto produttivo è costituito da piccole e medie imprese, che sanno “rimboccarsi le maniche” ma per le quali diventa fondamentale, per affrontare le difficoltà, fare rete, dialogando e cooperando con la Pubblica amministrazione e il mondo del credito.
Ci sono segnali di ripresa in quello che è lo stato di fatto del Sistema Paese?
Rispondo a questa domanda facendo riferimento allo studio predisposto, a fine 2015, dal Centro Studi di Confindustria in collaborazione con Srm.
Secondo tale analisi, i segnali di ripartenza, che iniziavano a essere visibili già nella prima parte del 2015, hanno trovato conferma nei dati consuntivi per il Pil del Mezzogiorno di fine anno, che è tornato a salire, seppur in maniera ridotta rispetto al resto del Paese, con un +0,2% nel 2015 e prevedendo un +1% nel 2016.
L’occupazione nel Mezzogiorno, nei primi nove mesi dell’anno 2015, ha registrato un incremento di occupati pari a 136.000 unità in più rispetto all’anno precedente e, per la prima volta dopo molti trimestri negativi, gli impieghi sono cresciuti del +1,2%.
Anche le dinamiche del sistema del credito confermano un buon clima economico: nei primi sei mesi del 2015, è aumentata la domanda di credito al Sud, assieme a un miglioramento delle condizioni praticate per l’offerta.
C’è, tuttavia, un dato “preoccupante” ed è quello che riguarda il decremento degli investimenti nel settore dell’industria in senso stretto e delle costruzioni: dal 2000 a oggi, la riduzione in questi due comparti, è stata di oltre il 50% e lo stesso andamento negativo si registra anche per gli investimenti pubblici. Basti pensare che, tra il 2009 e il 2013, la spesa in conto capitale della Pubblica amministrazione si è ridotta di oltre 5 miliardi di euro, al di sotto dei valori del 2000.
Allora, se gli investimenti registrano segnali negativi, come è possibile ripartire?
Dobbiamo imparare a guardare “oltre”, cercando segnali positivi da cui ripartire.
In quest’ottica, va presa in considerazione l’attenzione che il governo sta ponendo sul tema. Già nel “Documento di economia e finanza” di aprile scorso, aveva prospettato un profilo di ripresa per gli investimenti pubblici per il 2015 (+1,9%) e soprattutto per il 2016 (+4,6%). Inoltre, con la Legge di Stabilità 2016, c’è la dichiarata volontà di sostenere gli investimenti delle imprese meridionali: le risorse disponibili per i prossimi 8-10 anni sfiorano i 100 miliardi di euro, considerando anche quelle derivanti dalle politiche di coesione.
Il governo, a novembre scorso, ha introdotto il Masterplan per il Mezzogiorno: si tratta di un documento, la cui elaborazione deve essere frutto di “un processo vivo di concertazione con istituzioni, forze economiche e sociali, ricercatori e cittadini”, che vuole delineare un’azione volta al rilancio della politica industriale al Sud, al superamento del gap infrastrutturale e al miglioramento della qualità dei servizi pubblici. Devono contribuire al raggiungimento di tali obiettivi le risorse già disponibili, comunitarie e nazionali, e le relative strategie di intervento sono affidate alla sottoscrizione di patti tra Regioni, città e governo.
Allora, se è vero che, secondo le stime di Srm, “ogni 100 euro investiti nel Mezzogiorno generano acquisti di beni e servizi per 31,5 euro nel Centro Nord, la ripresa del processo di accumulazione al Sud può contribuire, in maniera sensibile, alla ripartenza dell’intero Paese”.
Il 2016 diventa l’anno della svolta, nel quale l’intero Mezzogiorno, grazie a una razionalizzazione qualitativa delle risorse comunitarie, può generare processi favorevoli alla riduzione dei divari strutturali ancora presenti.
Ha appena citato un punto dolente del Mezzogiorno, ovvero il divario infrastrutturale. Come crede sia possibile colmarlo?
Il Mezzogiorno, nel complesso, fa registrare un livello di infrastrutturazione inferiore a quello medio nazionale: se la durata media di realizzazione degli interventi è pari a 5 anni, la Basilicata registra tempi di esecuzione dei lavori che si discostano di oltre un anno.
Il Sud presenta problematiche di sviluppo fondate anche sulla storica difficoltà a intercettare investimenti infrastrutturali: è necessario allora definire un piano d’azione che punti a veicolare le risorse disponibili in questa direzione e contribuisca a definire uno scenario in cui le criticità, come l’assenza di infrastrutture, possano diventare una opportunità che faccia uscire il settore dell’edilizia da una situazione di stallo.
Questo piano d’azione è, in altri termini, un “Pis, piano industriale per il Sud, che si costruisca giorno per giorno, idea dopo idea, progetto dopo progetto e che diventa la sintesi di tanti sforzi, provenienti da imprese, istituzioni e mondo del credito, e concentrati in un’unica direzione: lo sviluppo competitivo del tessuto produttivo.
E con quali risorse si realizza un piano industriale per il Sud?
Per realizzare un’infrastruttura c’è bisogno di disponibilità finanziarie da investire, che oggi il settore pubblico non ha.
Allora perché non pensare a formule di partenariato pubblico-privato, adattando strumenti di finanza già esistenti alle esigenze del nostro territorio?
Mi riferisco al project financing, utile a realizzare investimenti infrastrutturali a costo zero per la Pubblica amministrazione, grazie alla redditività che l’opera produrrà, ripagando l’investimento fatto con capitali privati, raccolti col sistema del project bond. Un chiaro esempio del modus operandi è nella realizzazione del canale di Suez e il tunnel della Manica: un ente pubblico, su proposta di un soggetto privato, programma un’opera, affidandola con apposita procedura di evidenza pubblica e con prelazione al soggetto promotore, che potrà ricorrere al mercato finanziario per ottenere parte delle risorse necessarie alla fase esecutiva del progetto. Il privato potrà recuperare il denaro dagli introiti del flusso di cassa, derivante dai proventi dell’opera. Il project financing è quindi uno strumento che vede lavorare sinergicamente istituzioni, imprese e banche, condividendo rischi e risultati: il pubblico e il privato devono infatti dialogare tra loro, le aziende essere all’interno di un sistema di reti orizzontale, in cui cioè condividere “alla pari” i progetti, e tutti devono essere reciprocamente fruitori dei benefici derivanti delle attività realizzate.
Spostando il focus sulla Basilicata, cosa è stato fatto e cosa c’è ancora da fare?
L’area industriale di San Nicola di Melfi, dove non a caso si è svolto il nostro evento, è una delle più proficue della nostra regione per il settore automotive e ha visto, circa un anno fa, la realizzazione di ulteriori investimenti, generati da un soggetto privato (Fca), volti a innovare gli impianti, per la produzione di nuovi modelli automobilistici.
Investimenti, dunque, sulla competitività.
Un adeguamento infrastrutturale potrebbe sistematizzare e migliorare il flusso delle merci, far confluire nuove risorse economiche e valorizzare l’area, sfruttando la baricentricità della Basilicata, sempre più contestualizzabile nel più ampio mercato del Mediterraneo, e producendo ulteriore competitività del prodotto sul mercato. Intanto l’Amministrazione regionale ha definito il “Piano per il Sud”, in cui è compresa anche l’arteria Potenza-Melfi, chiuso l’accordo con la Bei – Banca europea per gli investimenti – per sostenere nuovi progetti su tutto il territorio lucano e messo in campo diversi strumenti, tra cui i Pia (Pacchetti integrati di agevolazione), per supportare gli investimenti delle imprese. Sviluppo Basilicata si sta configurando come finanziaria regionale a tutto tondo, che non si contrapponga al sistema bancario, ma che con esso trovi la migliore strada da intraprendere per risollevare l’economia.
In Basilicata ci sono imprenditori che vogliono andare avanti e che il Comitato Piccola Industria continuerà a supportare. Come insegna San Francesco D’Assisi: “Cominciate col fare ciò che è necessario, poi ciò che è possibile e all’improvviso vi sorprenderete a fare l’impossibile”.