Nell’inverno del 1633, da un Granducato Toscana in cui imperversava la peste, una carovana si stava dirigendo a Roma. La profilassi migliore, allora come ora, era il distanziamento fisico per evitare il contagio: per questo, giunta nello Stato pontificio, la delegazione fu costretta a fermarsi per la quarantena. E pure in questo caso, allora come ora, il confine (che ora divide due regioni, prima divideva due Stati) passa a Centeno, frazione di Proceno, un gruppo di case sulla via Cassia che rappresentano l’ultimo centro abitato a nord della provincia di Viterbo e del Lazio. Quella carovana conduceva per la sesta volta a Roma il settantenne Galileo Galilei, per l’ennesimo incontro non risolutivo con Urbano VIII: sappiamo tutti come andò a finire.
“Si, siamo terra di confine e questa caratteristica per noi è una risorsa: lavoriamo sia con la Toscana, molto più con la Toscana anzi – siamo l’unico stabilimento da qui a Siena sulla statale Cassia – sia con il Lazio, anche se per il tipo di prodotti che abbiamo, mi riferisco soprattutto al calcestruzzo, non ci spingiamo oltre il lago di Bolsena”. “Noi” siamo la Inerti Calcestruzzi Centeno (ICC), azienda che proprio qualche tempo fa ha compiuto 50 anni – nella sua forma societaria originaria è stata costituita il 1° giugno 1973 e non ha mai cambiato sede – e a parlare è Sauro Pasquini (nella foto in alto), uno dei cinque soci.
I confini se ci sono non ci sono per caso, sono dati da barriere naturali come fiumi o monti o da differenti configurazioni del terreno, che possono generare differenti sistemi economici (per esempio coltivazioni diverse), dando vita a specializzazioni produttive particolari. La ICC può essere un esempio? Forse. Spiega Pasquini. “Siamo nei pressi del Paglia, un territorio ricco di sedimenti inerti di fiume, dalle notevoli caratteristiche di stabilità e resistenza, qualità molto apprezzate nel settore degli inerti da costruzione e riempimento. Il materiale viene lavorato sul posto (frantumazione selezione e lavaggio) per ottenere diversi prodotti come la sabbia fina naturale, sabbia fina macinata, diversi tipi di breccini, breccione, stabilizzato”.
Tutti prodotti che, appunto, “nascono” su questa zona di confine e che non si trovano facilmente da altre parti. “La produzione avviene mediante un impianto per la selezione, frantumazione e vagliatura delle tipologie di inerti. L’impianto è sottoposto costantemente a manutenzione nel rispetto delle normative vigenti e, non a caso, siamo dotati delle certificazioni più avanzate”. La ICC dispone anche di un impianto per la produzione del calcestruzzo e per la sua posizione e le caratteristiche – il calcestruzzo deve essere posto in opera entro un paio d’ore dopo che è uscito dallo stabilimento – riesce a soddisfare richieste di aziende delle provincie di Viterbo, Siena e Grosseto ma anche della zona di Orvieto e Fabro.
ICC, oltre a realizzare agglomerati cementizi, brecce, calcestruzzi e diversi tipi di cementi, è attiva anche nell’economia circolare: si è dotata infatti di un impianto di ritiro e recupero degli inerti da demolizione che prevede la frantumazione e produzione di nuovi aggregati riciclati. L’utilizzo di aggregati riciclati, nella produzione di inerti ha una doppia valenza in termini di benefici ambientali: da un lato, la diminuzione del volume di rifiuto da destinare alle discariche, dall’altro la preservazione dei giacimenti naturali.
L’azienda attualmente fattura circa 3 milioni di euro e impiega 16 persone, compresi i 5 titolari. Come detto, fu fondata 50 anni fa da 5 soci, che casualmente avevano cognomi che cominciavano tutti con la P: Mauro Panfoli, i fratelli Giancarlo e Domenico Pasquini, Sergio Perugini, Corrado Poppi (deceduto nel 2022). Il nome originario era appunto “Artigiana 5 P”, da cui nacque nel 1988 la ICC: per alcuni anni le due realtà societarie hanno viaggiato in parallelo, fino al 2008, anno in cui ICC è rimasto l’unico brand. Ora alla guida ci sono gli eredi: Moira Perugini, Sauro e Andrea Pasquini, Michele Panfoli e Luca Poppi.