La Tunisia è un paese geograficamente e culturalmente vicino all’Italia, oggi impegnato a superare le difficoltà del post-rivoluzione e a ridare slancio alla propria economia. Investire qui può rivelarsi molto proficuo, sottolineano gli imprenditori, a patto però di non avere fretta di ottenere i risultati e di scegliere bene i partner locali.
Carta: un Paese vicino all’Europa e interessato alle best practice italiane
Siamo un’impresa di costruzioni del vicentino, piccola ma con quasi due secoli di attività alle spalle. Abbiamo sempre lavorato nel nord Italia, mentre all’estero abbiamo cominciato alla fine degli anni Novanta, partecipando ad alcune gare internazionali per la ricostruzione del Kosovo. Da quel momento in poi si sono aperte collaborazioni con le basi militari della Nato e del governo statunitense, cui fornivamo calcestruzzi e conglomerati attraverso gli impianti realizzati nel paese, dove praticamente non era rimasto più nulla.
In Tunisia siamo arrivati nel 2003, raccogliendo la sfida della costruzione di un grande parco industriale a Enfidha, a soli cento chilometri dalla capitale e strategico perché vicino all’omonimo aeroporto e non lontano dalla costa. Qui le imprese che vengono a investire trovano un contesto moderno e allineato agli standard internazionali. Successivamente abbiamo ampliato la nostra attività costituendo una seconda impresa di costruzioni, la Euromed Construction, con la quale abbiamo avviato stabilimenti industriali in altre zone del paese, anche più interne e svantaggiate, alle quali il governo intende dare maggiore attenzione. Infine, con altri colleghi specialisti del settore, abbiamo introdotto la produzione di prefabbricati per centri commerciali e industrie, assai comuni in Italia ma non in Tunisia. In questo modo siamo in grado di servire tutto il paese, da nord a sud. Oggi la nostra azienda dà lavoro a una cinquantina di persone in Italia e un centinaio circa in Tunisia.
Certo, come già accade limitatamente per alcuni settori quali edilizia, commercio e agricoltura, la legislazione locale prevede un socio tunisino al 51%, scegliere bene il proprio partner è dunque fondamentale e non va fatto alla leggera. Guai, però, a pensare che questo sia un paese arretrato: va detto, infatti, che il settore della consulenza è molto sviluppato, ci sono studi affermati che svolgono abitualmente attività all’estero e ai quali ci si può rivolgere. Diverso, invece, il discorso per le maestranze: la manodopera è abbondante e volenterosa, ma occorre un’intensa formazione da parte dell’impresa.
Complessivamente la Tunisia sta lavorando molto e bene per superare le difficoltà lasciate dal post rivoluzione. Vuole dimostrare al mondo che non ha paura, che è un paese vicino all’Europa e le affinità culturali sono elementi sui quali, a mio avviso, un eventuale investitore dovrebbe riflettere. Inoltre, il popolo tunisino è molto tranquillo e da sempre apprezza l’Italia e gli italiani, che qui non sono mai stati percepiti come dominatori.
Oltre a ciò, la nostra tradizione manifatturiera gode di grande stima, il tessile e l’abbigliamento sono presenti da tempo e ancora forti, via via si sono aggiunti anche l’elettronica, la meccanica e, per l’appunto, le costruzioni. Alla diversificazione, qui, sono molto interessati e le best practice italiane sono apprezzate. Noi imprenditori dobbiamo solo imparare a essere meno isolati fra di noi, per cui se qualcuno, al di là dei riferimenti istituzionali, avesse piacere di sentire il parere di un collega già presente nel paese, non esiti a contattarci.
Colaiacovo: la sponda sud del Mediterraneo non è una ciambella di salvataggio
I paesi della sponda sud del Mediterraneo rappresentano un grande mercato per l’Italia, ma non sono una ciambella di salvataggio o l’ultima speranza per tenere viva la propria azienda. Bisogna andare preparati e attrezzati, sapendo che l’impresa “madre” per i primi tempi dovrà essere capace di supportare anche le filiali estere.
Noi siamo un’impresa con base in Umbria e quando abbiamo cominciato a ragionare su una possibile internazionalizzazione, abbiamo pensato a paesi come Tunisia, Albania e Spagna, dove oggi si concentra la maggior parte del nostro business.
Il nostro arrivo in Tunisia risale al 2000, quando tramite un’asta pubblica acquisimmo un vecchissimo cementificio di inizio Novecento vicino alla capitale. Era un vero e proprio rudere, ma l’idea era quella di trasformarlo in una cementeria all’avanguardia, utilizzando le migliori tecnologie e ponendo grande attenzione all’impatto ambientale. Sotto questo aspetto, infatti, il sito godeva di una cattiva reputazione e i tunisini erano molto scettici sulla sua compatibilità con un territorio urbanizzato. A conti fatti, invece, abbiamo dimostrato che le cementerie, se ben realizzate, producono impatti limitati. Oggi in questo stabilimento lavorano circa 170 persone, alle quali va aggiunto un altro centinaio impegnato in attività di movimentazione di cava, di manutenzione ordinaria e di trasporti. Il personale è tutto tunisino, ma viene formato in Italia. In particolare, per i più meritevoli prevediamo un anno di permanenza nei nostri impianti a Gubbio, dove possono apprendere le nostre procedure e i nostri standard qualitativi.
Se escludiamo i grandi gruppi petroliferi, il nostro è uno degli investimenti privati più consistenti in Tunisia e questo ci è stato riconosciuto anche nei momenti più critici della “primavera araba”: il nostro stabilimento ha continuato a funzionare regolarmente e non ci sono stati rallentamenti. Oggi serve soprattutto il mercato domestico e solo il 10-15% del prodotto è destinato all’esportazione. Va detto anche che in questo momento il settore delle costruzioni è molto effervescente a causa della forte emigrazioni provenienti dalla Libia, come potete ben comprendere: circa 700mila persone, anche con elevata disponibilità economica, si stanno trasferendo in Tunisia per via della guerra e ciò ha fatto balzare in su i prezzi delle case.
Non sappiamo quanto durerà questa fase, in ogni caso il paese sta investendo molto anche in infrastrutture. Dalla Tunisia, comunque, ci stiamo aprendo anche altri spazi nell’Africa sub-sahariana.
Abbiamo trattative in corso con imprenditori italiani già attivi in Mozambico e nuove opportunità si sono aperte in Nigeria, dove esportiamo un cemento specifico per i pozzi petroliferi. In Africa siamo gli unici a produrlo e le prospettive per il 2015, in termini di aumento dei volumi, sono positive. A livello associativo, infine, stiamo lavorando attraverso una task force nominata dal nostro presidente Giorgio Squinzi per organizzare il prossimo settembre a Tunisi un importante forum per gli imprenditori e consolidare i rapporti tra Confindustria e Utica (la Confindustria tunisina, ndr).