Presidente Gabbrielli, può fare un quadro complessivo sulla situazione economica della Toscana dopo il pesante uno-due messo a segno dal Covid-19 nei mesi passati?
Siamo in attesa di vedere come si chiuderà l’anno, ma nei primi nove mesi la Toscana ha già perso il 17% della produzione industriale e ci preoccupano le cadute sul fronte dell’occupazione.
Secondo alcune stime dell’Irpet (l’Istituto regionale per la Programmazione economica della Toscana, ndr), dal lockdown ad oggi la nostra manifattura ha perso quattromila posti di lavoro, che potrebbero salire a sessantamila nei prossimi mesi.
Purtroppo, la pandemia ha trovato una regione già indebolita con una crescita del Pil 2019 dello “zero-virgola” e l’export non è riuscito a compensare un mercato interno fermo da anni. Soffre il Paese, ma la Toscana soffre di più per la forte vocazione internazionale e specializzazione settoriale.
Quali sono i settori che più hanno sofferto per la frenata commerciale generata dalla pandemia?
Nella Fase 1 dell’emergenza sanitaria la nostra è stata una delle regioni più penalizzate dal lockdown imposto alle attività definite come non essenziali. Il turismo ha visto cali di fatturato anche del 100% e ha messo in crisi i modelli di sviluppo delle città d’arte. Faticano a riprendersi moda e meccanica, due motori della nostra economia, per la mancanza di ordini sia sul mercato interno che estero.
Anche l’ultimo dato export disponibile non ci fa ben sperare: nel secondo trimestre dell’anno segna -29%, che scende al -38% se depuriamo il dato dai metalli preziosi, legati all’andamento del prezzo dell’oro, e al -42% se escludiamo anche il comparto della farmaceutica.
Il Covid-19, per fortuna, pare aver risparmiato comparti dell’economia italiana. Pure in Toscana è andata così?
Nella nostra regione non ci sono settori del tutto “risparmiati” dai danni del Covid, ma settori che hanno avuto danni più limitati. È il caso in particolare dell’industria alimentare e della farmaceutica. Ci sono poi comparti come l’estrattivo, il legno e la carta, la gomma e plastica che, dopo le difficoltà dei mesi passati, stanno lentamente provando a ritrovare la passata normalità.
A suo avviso da dove si dovrà ripartire nel 2021 per dare l’impulso necessario ad una rimonta da concretizzare in tempi sufficientemente contenuti?
Da una stagione di maggior coesione pubblico-privato. Come dicevo la crisi si è allungata e ha ritardando l’uscita dalla fase di emergenza e l’avvio della ripresa. Siamo quindi ancora tutti concentrati su misure di assistenza, che in questa fase ancora durissima vanno bene, ma dobbiamo anche cercare di sganciarsi dall’emergenza e condividere una visione di medio lungo periodo in cui definire “dove” e “come” investire le eccezionali risorse che verranno dall’Europa.
Ma servono velocità e capacità di spesa e il pubblico non può prescindere da un confronto con chi produce. Il Recovery Fund dovrebbe valere per la Toscana dai 12 ai 15 miliardi, che si aggiungerebbero alle risorse della politica di coesione e quindi ai cosiddetti Por, sui quali ci sarà certamente una gestione diretta in Toscana e, solo pensando al Fesr e al nuovo programma FSE+, almeno 1,5 miliardi disponibili.
In complesso, si tratta di risorse che rappresentano un’opportunità storica per recuperare anni di scarsa produttività e bassi investimenti a condizione di puntare tutto sulla crescita attraverso il rafforzamento del tessuto economico e una forte attenzione verso la transizione digitale e sostenibile delle imprese.
La forte vocazione turistica di città come Firenze, che con la pandemia si è rivelata una debolezza, spinge a un ripensamento della sua identità produttiva?
Il turismo incide per il 10% sull’economia della città metropolitana fiorentina, mentre oltre il 20% del Pil viene dal manifatturiero e il maggior contributo dal terziario. Si tratta, però, di uno dei pilastri dell’economia, soprattutto se si guarda al centro storico della città e all’indotto che crea e che supera di molto il 10%.
Lo stop imposto dall’emergenza sanitaria ha accelerato le riflessioni sul fenomeno dell’overtourism: tutti noi vorremmo un turismo più sostenibile e di qualità, ma l’overtourism si ripresenterà e bisognerà quindi cercare di gestirlo.
Anche nel territorio toscano sono le Pmi a faticare maggiormente in questo complicato periodo. Cosa farete per supportare quelle aziende che rappresentano la struttura portante della vostra economia?
Nella prima emergenza abbiamo concentrato il nostro impegno soprattutto sul tema delle risorse finanziare per evitare che le piccole imprese fossero trascinate via da una crisi di liquidità, anche puntando su misure che prevedessero sostegni a “fondo perduto” e rendendo più facile e diretto l’accesso agli strumenti e alle risorse per la concessione delle garanzie, comunque insufficienti senza gli aiuti in conto capitale.
Il futuro, però, si gioca sul tavolo del Recovery Fund e dei prossimi fondi europei 2021-2027, una partita che stiamo seguendo con attenzione, sia sui tavoli e nei comitati con la Regione Toscana, sia a livello nazionale, e sulla quale auspichiamo la massima convergenza tra imprese e istituzioni.