I risultati di una ricerca di Fondirigenti sui nessi tra formazione e innovazione, a partire da un campione relativo ai Piani formativi presentati negli ultimi due anni da circa 2.000 pmi, tra le oltre 10.000 a noi aderenti, hanno messo in luce l’incidenza delle attività di formazione, attraverso i suoi diversi strumenti di azione, sui processi di innovazione all’interno delle imprese beneficiarie.
L’innovazione è un processo che coinvolge l’organizzazione in tutte le sue dimensioni – produttive, tecnologiche, strutturali e culturali – e che sempre più tende a uscire dai confini organizzativi per cercare di integrarsi con altre “fonti” di innovazione esterne all’impresa.
Si segna così il passaggio dalle logiche dell’innovazione ‘chiusa’, confinata ai reparti di R&S aziendali, a quella ‘aperta’ basata invece su un modello di rapporti reticolari senza precisa distinzione tra interno/esterno. Uno schema che apre scenari importanti per le pmi.
L’innovazione, così interpretata, risulta fatta essenzialmente di cultura tacita, di saperi, di storia, di competenza che in certi luoghi e momenti prende la forma di una nuova idea in grado di assumere un interesse di tipo di economico.
È in questo quadro che sempre più la formazione, nelle sue diverse accezioni ‘formali’ e ‘informali’, diventa un potenziale vettore di fenomeni d’innovazione, mettendo al centro il capitale umano, la conoscenza e le competenze (intangible asset), fattori difficilmente imitabili dai concorrenti, alla base del vantaggio competitivo delle imprese italiane.
Il legame tra capitale umano e innovazione è da sempre una delle caratteristiche distintive delle nostre migliori aziende. Le nostre imprese più competitive e che risentono meno di altre della grave crisi in atto, sono proprio quelle che hanno saputo affrontare questa situazione investendo in ricerca e formazione. Chi aveva in “serbatoio” risorse sufficienti ha potuto anticipare l’emergenza confermando, se non addirittura aumentando, le performance e le quote di mercato.
Che fare invece per tutte le altre? La ricerca costituisce una sorta di “kick off” di un diverso approccio al tema, che intende valorizzare il ruolo delle associazioni di rappresentanza e dei propri strumenti, anche al fine di contribuire a sciogliere i nodi che impediscono alle pmi di accedere agli incentivi, che sono purtroppo ancora formalmente e fiscalmente separati e differenziati: tra quelli per l’innovazione e quelli per la formazione.
Occorre rinnovare il sistema di incentivazione per le imprese, prevedendo un unico strumento che includa formazione e innovazione. Nessuna azienda avrà mai convenienza a presentare e realizzare un’iniziativa separata dall’altra ed ogni incentivo, sia pubblico che privato, dovrebbe essere finalizzato a realizzare contestualmente, sia pure in tempi e ovviamente con modalità differenti, un unico intervento di innovazione e formazione. A tal fine è auspicabile anche un’integrazione tra gli incentivi pubblici e quelli privati.
Un obiettivo che potrebbe favorire la crescita professionale dello stesso sistema creditizio, magari attraverso una formazione mirata per il personale delle banche, affinché sia in grado di leggere le integrazioni esistenti e valutarne i rispettivi impatti.
Solo puntando all’integrazione, sarà possibile agire verso la concreta diffusione dell’investimento in formazione, per la cui realizzazione imprese e dipendenti investono direttamente le loro risorse ed il loro tempo, con un salto culturale che superi l’ormai consolidata “amministrazione” del costo, magari con il ricorso ai contributi a fondo perduto.
Un’attività di ricerca come questa ci aiuta ad individuare nuove modalità e strumenti di presentazione dei progetti, utilizzando anche le più moderne applicazioni, in grado di diffondere ulteriormente il valore dell’investimento in formazione da parte delle pmi.
Dalla ricerca sembrano emergere due linee di azione complementari. Da una parte prevale la necessità di sostenere le attività più classiche delle imprese, in chiave sia formativa sia di sostegno diretto (politiche e incentivi fiscali), per generare all’interno delle stesse contesti favorevoli all’innovazione. Si tratta di proseguire nell’azione di “alfabetizzazione” di base, che in larga parte i progetti hanno finanziato, accanto a misure più tradizionali relative all’innovazione (investimenti, brevetti, interessi passivi, capitale umano impiegato).
Dall’altra parte occorre rafforzare e dare visibilità all’inserimento delle imprese negli ecosistemi innovativi, filiere verticali e orizzontali, in maniera tale da consolidare i luoghi di innovazione “reali” e sostenere il sistema dell’”impresa allargata”, che è alla base del successo e della capacità di competere delle nostre imprese nel mercato globale.
Due azioni diverse, nel tempo e nell’intensità, nelle quali in ogni caso, almeno dalle evidenze di questa osservazione, la formazione mantiene il suo ruolo centrale nella costruzione e nello sviluppo di ecosistemi favorevoli all’innovazione, da cui trarre risorse e reputazione per la competizione globale. L’obiettivo a tendere potrà essere quello di generare un Centro per l’innovazione e formazione per imprenditori e manager delle pmi, integrando competenze accademiche, imprenditoriali e manageriali di primissimo livello.
Con il contributo di Confindustria e Federmanager ci proponiamo come “apripista” per un’analisi di questo necessario approccio, per trasformare l’attuale formazione “finanziata” in formazione “per l’innovazione”.