La prima cosa che colpisce della fonderia Marinelli è senz’altro la sua storia. Si ha la prima traccia della sua esistenza già nel 1339. Com’è condurre un’azienda che porta sulle spalle il peso di una simile storia?
Onori e oneri, oggi forse più oneri (ride n.d.r.). Abbiamo la responsabilità dell’antichità, di tanti anni di storia della nostra attività, le aziende così longeve sono davvero poche. Dal nostro punto di vista, quello cioè di chi vive l’azienda dall’interno come la mia famiglia, è cambiato davvero poco rispetto a come vivevano i nostri antenati. Noi facciamo le campane esattamente con le stesse tecniche e gli stessi materiali di come si facevano nel 1020: nessun cambiamento nella produzione in mille anni. Possiamo lavorare senza la corrente elettrica, usiamo la nostra terra per le materie prime. Per noi che qui siamo nati e cresciuti, non c’è nessun problema a lavorare come mille anni fa nella terra, nel carbone e nella polvere, questo fa parte della nostra vita da sempre: questo modo di lavorare “d’altri tempi” è la nostra normalità.
La differenza sostanziale oggi la fa quello che c’è al di fuori della fonderia perché il mondo, rispetto a noi, viaggia a una velocità pazzesca, mentre il nostro metodo prevede una lentezza che non appartiene all’epoca attuale.
Cos’è cambiato nel tempo all’interno dell’azienda e nel processo produttivo?
Una differenza sicuramente sta nel fatto che un tempo la difficoltà era la scarsa reperibilità delle materie prime, il ferro per la trave che deve sostenere la campana, il battaglio, il bronzo o la legna, mentre oggi la difficoltà è la manodopera. Non è semplice trovare personale che si affezioni alla nostra attività artigianale, si tratta di manodopera altamente specializzata, questo lavoro si impara in bottega negli anni.
La difficoltà nel reperire lavoratori è strettamente connessa a un’altra differenza dell’epoca attuale: la connessione tra i titoli di studio e le ambizioni. Oggi i giovani guardano con diffidenza l’artigianato, lo vedono come un passo indietro rispetto ai percorsi universitari, ma in realtà il nostro non è più considerato come un lavoro umile. Mentre mio nonno nel ‘40 veniva visto come un industriale qualsiasi, noi siamo considerati a tutti gli effetti artisti.
Dal punto di vista della produzione invece un’enorme differenza sta nel fatto che non ci spostiamo più.
Fino a quando era la fonderia ad andare in loco?
Ora le campane vengono caricate su camion e navi e raggiungono tutto il mondo, un tempo era la fonderia a spostarsi nel posto dove serviva la campana. Si intraprendevano viaggi a piedi per spostarsi in gruppo, tramite i tratturi gli artigiani raggiungevano i paesi in compagnia di pastori e facendo attenzione ai briganti. Le trasferte duravano mesi e si faceva ritorno solo a consegna avvenuta. La prima parte del lavoro era di pubbliche relazioni con il parroco, si andava sul posto a risolvere la parte logistica, dove tirare su la fonderia, dove far dormire i dipendenti, parliamo di epoche in cui per parlare col parroco o si mandava una lettera che arrivava dopo mesi o si andava a piedi sul posto.
Mio padre e mio zio nel secondo dopoguerra hanno avuto la fortuna e il piacere di farlo, mentre per esempio io e mio fratello, nati dopo gli anni Sessanta, non l’abbiamo mai fatto e lo dico con rammarico perché la ritengo un’esperienza incredibile. Si racconta, ad esempio, che se vitto e alloggio erano buoni per fare una campana ci volevano mesi e mesi; in caso contrario la consegna era molto più rapida perché gli operai non vedevano l’ora di tornare a casa. In particolare durante l’ultima trasferta di mio padre, mio nonno molto preoccupato continuava a mandare lettere su lettere, perché non tornavano più… erano a casa di un macellaio!
In un momento storico in cui gli utenti vogliono tutto e subito, come si inserisce un’azienda i cui tempi di produzione sono così lunghi?
Sicuramente le nostre campane non sono prodotti disponibili su Amazon e posso dire con certezza che se un cliente ci chiede di realizzare mille campane ci obbliga a lavorare solo al suo ordine per anni. Le campane grandi da campanile richiedono dai tre ai sei mesi di lavorazione, in dieci anni riusciamo a realizzarne circa quaranta.
Ovviamente nel tempo la produzione si è differenziata e ci siamo dedicati a campanelle piccole, molto decorate e che richiedono estrema precisione e pazienza, infatti abbiamo degli scultori che si dedicano a questo settore di produzione. Le campane di piccole dimensioni non sono una novità: i parroci quando veniva realizzata la campana grande chiedevano quasi sempre anche la campanella per la sacrestia, ma l’interesse per questo tipo di oggetto si esauriva lì.
Oggi invece c’è molta richiesta per queste campanelle, specialmente nel mercato americano. Comprare una campana da noi vuol dire avere un pezzo unico ed eterno. Possono volerci anni per averlo, ma per chi è appassionato e desidera avere un oggetto simbolico che resterà alla sua famiglia tramandandosi di generazione in generazione, l’attesa non è un problema visto che la prospettiva è ricevere qualcosa che durerà per sempre.
In quali altri mercati esteri, oltre quello americano, l’azienda è affermata?
Se parliamo di campane grandi, il 60% della nostra produzione annua va all’estero. Le nostre campane suonano in India, Indonesia, in tutto il continente americano, in Africa. In Europa meno perché c’è una sorta di rispetto nei confronti delle altre fonderie storiche europee, cerchiamo tutti di non invadere il mercato altrui.
Fuori dall’Europa, ad esempio, le fonderie che nascono sono a produzione industriale e non artigianale, realizzano oggetti meccanici, non artistici. Questo si evince ad esempio dal suono, una campana creata industrialmente ha un suono perfetto, perché meccanico appunto, mentre ognuna delle nostre campane ha la sua voce e la sua intonazione.
Il primo suono di una nostra campana è come il primo vagito di un neonato, unico al mondo e determinerà la sua voce per sempre. Quindi noi da materiali poveri dobbiamo tirar fuori un oggetto di alta precisione già in fusione altrimenti va rifatto tutto daccapo. Per un semplice errore possiamo perdere mesi di lavoro.
Come viene determinato il suono di una campana?
Fino al 1700 circa, le campane venivano realizzate in maniera empirica, sul campanile se c’erano più campane la richiesta era semplicemente che dovessero fare suoni diversi. Ricordiamoci che il suono delle campane era un modo per annunciare un qualcosa al popolo, il campanaro dava i nomi alle campane e a seconda dell’occorrenza, brutta o bella che fosse, venivano usati i diversi suoni.
Tra il 1700 e il 1800 i nostri avi iniziarono a scrivere un manuale, basato su calcoli scientifici, per spiegare come realizzare le campane a seconda del suono desiderato. Tommaso Marinelli nel 1888 stampò questo libro con tutte le regole per la forma perfetta della campana, considerando che ad esempio lo spessore del bronzo dalla testa della campana a scendere varia a seconda del punto della curvatura. La sua intuizione fu quella di capire che per essere un ottimo produttore di campane bisogna saperne di matematica, fisica, chimica e musica.
Senza scendere nel dettaglio, si può intuire quanto tempo è stato necessario per fare questi calcoli e ottenere questi dati se si pensa che per realizzare una sola campana ci vogliono circa 4 mesi.
Come vivono le nuove generazioni l’appartenenza alla famiglia Marinelli?
Quello che vedo nei miei figli e nei figli di mio fratello è esattamente quel senso di appartenenza e rispetto che c’è in noi due da sempre. La fonderia esiste da prima di ciascuno di noi, siamo cresciuti qui dentro e la nostra mentalità è sempre stata proiettata sulla crescita di questa azienda.
Ettore, il mio primogenito ha deciso di studiare scultura all’Accademia di Belle Arti e lavora da noi, è uno scultore di talento e si dedica anche alla fonderia artistica oltreché alla produzione di campane. L’altro figlio studia ingegneria gestionale, quindi potrebbe tranquillamente lavorare qui se lo desidera. Gli altri sono più piccoli, ma in generale non obblighiamo nessuno a lavorare per la fonderia. Se uno dei ragazzi vorrà fare altro nella vita nessuno glielo impedirà, questo sentimento di appartenenza nasce spontaneamente.
Quali sono i principali problemi del fare impresa in una regione come il Molise? Ad Agnone com’è visto il turismo generato dalla fonderia e dal museo annesso?
Negli anni si è creato un trinomio inscindibile Marinelli, Campane e Agnone, questa sinergia purtroppo non si è estesa ai paesi limitrofi, forse perché c’è molto campanilismo, basta pensare alle tantissime divisioni che vengono fatte tra Alto Molise, Basso Molise ecc. quando si parla di 300mila abitanti in tutto. Spero che negli anni riusciremo a scrollarcelo di dosso questo campanilismo e a imparare a vedere la nostra regione come un tutt’uno.
Abbiamo sempre fatto in modo di portare qui la gente e non di portare fuori la Fonderia, per questo abbiamo anche creato il museo, perché chi viene per comprare deve prima entrare nel nostro mondo. Tramite il museo spieghiamo anche tutta la parte rituale che c’è nella nostra produzione: il momento della colata ad esempio è accompagnato da un rito di preghiera e di benedizione, cosa che è parte integrante dell’oggetto che produciamo visto che la campana è la voce di Dio. Inoltre c’è tutta una parte didattica dedicata ai più piccoli dove i bambini si sporcano le mani e imparano a lavorare con i nostri materiali.
Quello che mi piacerebbe per il Molise è un turismo selezionato, di nicchia e credo che siamo al punto di potercelo permettere. Perché quello che offriamo, la qualità della vita qui da noi è unica: andiamo a lavorare a piedi, lasciamo le porte delle case e delle auto aperte, ci salutiamo tutti, i giovani sognano le grandi metropoli ma poi si accorgono che lo stile di vita in cui sono cresciuti non ha rivali.