
A giugno Confindustria ha presentato il documento “Un’Agenda per il credito per la crescita del paese”. Qual è il significato di questa iniziativa?
La politica economica del nostro paese è fatta di tanti piccoli passi. Con la presentazione dell’Agenda, abbiamo voluto affrontare la questione credito in termini di intervento organico e massivo. Non abbiamo puntato su singoli strumenti, ma su un progetto integrato la cui realizzazione muoverebbe risorse nel periodo 2014/2016 per oltre 185 miliardi di euro. Partendo da cosa si dovrebbe fare – solo per citare alcuni aspetti: accelerare i pagamenti della Pubblica amministrazione, rafforzare i confidi e il Fondo di garanzia, favorire lo sviluppo di fondi di debito e di equity, promuovere il progetto Elite di Borsa Italiana e l’accesso ai mercati di Borsa per le pmi, in particolare all’AIM Italia –abbiamo anche individuato alcune fonti da cui attingere risorse: in particolare CCIAA, compagnie di assicurazione, fondi pensione e fondi strutturali.
Ci siamo anche concentrati sul ruolo della Bce per rivitalizzare il canale creditizio e sostenere l’accesso ai finanziamenti del sistema produttivo e sul miglioramento del rapporto tra banche e imprese.
Abbiamo dunque lavorato sul cosa fare, sulle fonti, sui flussi e sul potenziamento economico dei meccanismi premianti in termini di riduzione del global tax rate per chi investa nel paese. È chiaro, infatti, che senza crescita è difficile immaginare una ripresa, ma la crescita passa anche per lo stimolo agli investimenti privati, che resta per noi centrale. In tal senso la politica economica diventa elemento di competitività per le imprese e per il rilancio industriale del paese.
Nel documento si auspica una nuova e più moderna relazione fra banche e imprese. Cosa si aspetta dalle prime, cosa devono fare le seconde?
Pochi giorni fa abbiamo rinnovato la cosiddetta moratoria dei debiti, ma ciò non basta. Per il futuro dovremo fuggire da soluzioni di emergenza; ad Abi chiederemo un tavolo per cominciare ad affrontare il tema della valorizzazione degli asset qualitativi ai fini della valutazione del merito di credito delle imprese.
In questi anni c’è stata una tendenza a guardare molto i cosiddetti parametri quantitativi. Sia chiaro, si tratta di elementi importanti, ma che non sono in grado di fornire una completa informazione sull’azienda da valutare e sulle sue potenzialità. Gli elementi di natura qualitativa, invece, aiutano a valutare il futuro delle imprese.
In un villaggio economico dove le medie di settore non sono più significative, è doveroso valutare le singole aziende considerandone appieno le potenzialità.
Le imprese, dal canto loro, devono sempre più prepararsi a dialogare con le istituzioni finanziarie, trasmettendo loro informazioni chiare, complete e trasparenti.
Il progetto Elite di Borsa Italiana, fortemente sostenuto da Confindustria, va esattamente in questa direzione.
Ricorso limitato a fonti di finanziamento alternative e diffidenza verso la quotazione in Borsa caratterizzano la piccola e media impresa italiana. Alla luce anche della sua esperienza alla guida di Piccola Industria, ritiene che la crisi stia cambiando qualcosa?
La crisi ha fatto capire che la funzione finanza è strategica per le imprese. Ha mostrato alle imprese e agli imprenditori che occorre crescere culturalmente e dimensionalmente, sperimentando nuovi strumenti di debito e aprendo il proprio capitale a investitori esterni. Questo per noi è un progetto paese e non solo una questione strategica per le imprese. Se riusciremo a portare in porto questo progetto, riusciremo a intercettare investitori dal mondo per portarli in Italia.
È una sfida collettiva che coinvolge più attori in gioco: imprese, banche e governo.
All’interno degli strumenti di garanzia, come i Confidi possono continuare a svolgere il loro ruolo a favore delle pmi?
Il Consiglio Direttivo di Confindustria ha approvato un documento strategico, che contiene le linee guida di quello che riteniamo dovrebbe essere lo sviluppo futuro dei Confidi. Vorremmo che diventassero anch’essi strumenti strategici per la finanza d’impresa e non che fossero relegati a un ruolo marginale.
Per farlo abbiamo condiviso con Federconfidi un documento relativo alle aggregazioni, a come realizzarle, agli assetti di governance auspicabili e a un ruolo dei Confidi coerente con la nostra Agenda per il credito.