Guardando in controluce tutto ciò che è accaduto prima, durante e dopo (fino ad oggi s’intende, nell’immediatezza della chiusura), sembra davvero che Expo rappresenti la fedele fotografia del “sistema Italia”: ritardi e inefficienze abissali durante i lavori, gare d’appalto non trasparenti, repentini cambi ai vertici, cantieri in ritardo strutturale, scaricabarile continui sulle responsabilità, incapacità da parte di alcuni organismi preposti di portare avanti fino in fondo le proprie competenze, financo la frequente presa di distanze dalla macchina organizzativa, da parte di molti fautori e sostenitori della prima ora.
Oggi viceversa, a pochi giorni dalla chiusura, ci svegliamo come d’incanto davanti a tutto un altro film; l’Expo è diventato un successo mondiale, specchio della ormai conclamata ripresa economica e di una “nuova Italia” che, come la mitologica Fenice, sta risorgendo dalle proprie ceneri e ha davanti un fulgido avvenire.
La mia personale sensazione, e non credo di essere l’unico, è quella che Expo rappresenti in qualche modo, e dobbiamo esserne in larga misura felici, tutti i limiti e tutte le grandezze del nostro essere comunità e soprattutto nazione. Expo rappresenta senza dubbio la nemesi del nostro essere e sentirci italiani. Campioni dell’eccesso e dell’estremo, inamovibili individualisti, permeati di egoismo e superficialità; ci riscopriamo poi, una volta di fronte al baratro e circondati da difficoltà che paiono sommergerci, una “comunità di singoli” capace di ritrovarsi e insieme, uniti, di affrontare le traversie con spirito di sacrificio e altruismo non comuni e soprattutto, in grado di trasformare i limiti in opportunità e raggiungere in breve tempo obiettivi impensabili.
Credo che questo oggi possa davvero essere il lascito più importante di Expo verso noi cittadini italiani, al di fuori della retorica e delle rivendicazioni di paternità sui successi ottenuti in questi mesi; Expo ha dimostrato che il Paese è capace di mettere in campo competenze, know-how, cultura, ingegno, passione senza pari, come peraltro è sempre stata caratteristica del nostro patrimonio genetico. Probabilmente anche grazie ad Expo in questi mesi abbiamo saputo ritrovare un po’ di fiducia per tornare a credere in noi stessi e in questo nostro meraviglioso e incredibile Paese.
Certamente siamo consci che dobbiamo restare con i piedi ben piantati per terra e, probabilmente, l’antidoto a prossimi rischi di fallimenti e insuccessi è proprio contenuto nella stringente necessità di doverci trovare ogni volta in affanno e in continua polemica gli uni con gli altri, per raggiungere poi sullo sprint risultati brillanti e impensabili appena un istante prima.
Per le nostre imprese e per il sistema economico in generale, questa ritrovata fiducia, sopita da anni, rappresenta un patrimonio da non disperdere e da sfruttare al meglio, anche perché più in generale trattasi di un patrimonio di credibilità dell’intera nazione davanti al mondo; non è peraltro così peregrino rammentare in tal senso le note vicende Volkswagen, delle quali certo non gioiamo, ma che ci fanno però pensare che, con il mutare dei tempi, la patria dei furbi non è scontato sia sempre la medesima.
L’auspicio oggi a seguito del successo di Expo è che anche il Giubileo possa essere gestito al meglio e avere successo e, soprattutto, possa aiutare la Capitale a risorgere e tornare al ruolo che le spetta di diritto, quale simbolo e faro di una grande nazione.