di Luca Serena, Presidente Confindustria Est Europa
I Paesi dell’est hanno rappresentato un obiettivo per le imprese italiane fin da subito dopo la caduta del Muro di Berlino, benché alcune aziende fossero presenti anche prima. Molti di loro oggi sono parte integrante dell’Unione europea, ma soprattutto sono aree che da anni crescono a ritmi spesso più che doppi rispetto all’Italia e alla media europea. La Romania, per esempio, nel 2017 è stato il primo paese dell’Ue a 28 come crescita del Pil. Questo trend continuerà per diversi anni per due motivi: il primo è che sono paesi con un forte gap infrastrutturale, industriale e commerciale da colmare; il secondo riguarda gli importanti finanziamenti europei di cui molte opere e programmi godono.
Più in generale dobbiamo approcciare questi paesi non come singole entità, ma come una “macroarea dell’est Europa”, un unico grande mercato in via di sviluppo. Se da un lato, infatti, ci sono lingue e legislazioni diverse, dall’altro abbiamo già toccato con mano quante aziende – una volta insediatesi in un determinato paese – abbiano con facilità iniziato ad intrattenere rapporti commerciali e industriali con i paesi limitrofi, divenendo spesso campioni delle cosiddette “multinazionali tascabili”. L’area ha una superfice di 1.300.000 km2 e rappresenta una popolazione di ben 95 milioni di persone con un Pil complessivo di mille miliardi euro. Senza dimenticare che in questi ultimi tre anni c’è stato un incremento medio del Pil superiore al 3%.
Inoltre, va detto anche che, se l’export italiano è aumentato così come l’internazionalizzazione, è perché si è iniziato a comprendere l’importanza del fare sistema insieme alle istituzioni e a tutti gli organi preposti. Per esempio, quasi 20 anni fa le associazioni del sistema confindustriale hanno applicato a loro stesse il modello di internazionalizzazione già noto alle imprese associate e hanno organizzato la propria presenza nei paesi dell’est con un’unica “cabina di regia” e il supporto di Confindustria.
Oggi l’esito di questa strategia è Confindustria Est Europa, una federazione che rappresenta e coordina nove rappresentanze internazionali attive nei paesi dell’est: Confindustria Romania, Confindustria Bulgaria, Confindustria Albania, Confindustria Serbia, Confindustria Montenegro, Confindustria Bosnia, Confindustria Macedonia, Confindustria Bielorussia e Confindustria Ucraina. Insomma, si vince se si fa sistema.
Questo risultato è particolarmente importante per le Pmi, per le quali le sfide sui mercati globali, soprattutto quelli lontani, diventano più complicate. Uno dei vantaggi dell’operare in questa macroarea è costituito infatti dalla vicinanza geografica. Vi sono buoni e frequenti collegamenti aerei, spesso giornalieri, con questi paesi e ciò permette anche a piccole aziende di organizzare una logistica sostenibile.
Ma non bisogna dare nulla per acquisito. Va ricordato che la Cina sta passando da “paese assemblatore a paese produttore” e che la Russia, dopo le politiche d’embargo, ha ridotto drasticamente le importazioni incentivando un programma di industrializzazione del paese, anche al fine di diminuire la dipendenza dal petrolio. Queste politiche, condotte da due paesi così grandi e determinanti sullo scacchiere mondiale, porteranno a un aumento della concorrenza.
L’Italia potrà rispondere anche grazie alle competenze maturate nei processi di internazionalizzazione nei paesi dell’est, benché non vada taciuto il fatto che da noi i processi di internazionalizzazione produttiva, sia in entrata che in uscita, siano ancora meno sviluppati che negli altri paesi dell’Unione europea.