
Ivrea è la città di Adriano Olivetti, che nel 2018 è stata inserita ufficialmente nella Lista del Patrimonio mondiale come “città industriale del XX secolo”. In quali aspetti è ancora attuale il pensiero dell’imprenditore? Quali valori propri della sua visione dell’impresa andrebbero “riscoperti”?
Il pensiero di Adriano Olivetti resta attuale nella sua idea di impresa come organismo che unisce responsabilità economica e responsabilità sociale. Un’entità realmente al centro di un ecosistema che comprende persone, comunità e territorio. È un modello che invita a ripensare l’impresa come luogo capace di generare benessere, conoscenza e cultura, al di là del profitto immediato.
Tra i valori che oggi hanno maggiore urgenza di essere riscoperti metterei la centralità della persona nei processi decisionali, l’integrazione tra discipline diverse, dall’ingegneria al design, dall’architettura alla comunicazione, e la capacità di proiettare l’innovazione tecnologica dentro una cornice valoriale condivisa: dalla centralità della persona all’intelligenza emotiva, in percorso già presente nella storia olivettiana. Gli stessi modelli di Csr, che oggi sono tra le priorità di gran parte delle aziende, li riconosciamo in questo percorso storico.
La Olivetti ha rappresentato un’azienda capace di grandi innovazioni che mettevano l’Italia all’avanguardia in settori assolutamente strategici come l’informatica e il calcolo computazionale. Quali sono le principali ragioni per le quali oggi l’Italia e l’Europa sembrano non aver tenuto il passo di Stati Uniti e Cina con l’innovazione digitale?
Le ragioni sono molteplici e intrecciano fattori economici, culturali e politici. Negli Stati Uniti e in Cina, la crescita dell’innovazione digitale è stata accompagnata da ecosistemi imprenditoriali molto solidi, da mercati interni vasti e da politiche industriali mirate, capaci di sostenere grandi investimenti e favorire l’emergere di campioni globali. In Europa, e in particolare in Italia, pur avendo espresso eccellenze nel campo della ricerca e del design, è mancata spesso la capacità di tradurre le intuizioni in piattaforme scalabili, con un sistema del venture capital meno sviluppato e una minore propensione al rischio.
Eppure, proprio il modello Olivetti dimostra quanto l’Europa, e l’Italia stessa, abbia in sé un potenziale distintivo: la capacità di generare innovazione tecnologica non solo come risposta a una necessità produttiva, ma come parte di un progetto culturale. Lo spirito pionieristico della Olivetti nel calcolo elettronico e nell’informatica ha immaginato e dato forma macchine che anticipavano modelli oggi considerati fondamentali.
Questa vision, che unisce ingegneria, design, architettura e responsabilità sociale, rimane fonte di ispirazione per chi oggi intende sviluppare tecnologie innovative, sostenibili e significative per le comunità. Insistere e continuare in questa lezione significa comprendere che l’innovazione nasce dall’investimento tecnologico quanto dalla sua direzione valoriale e dal desiderio di incidere sul modo in cui viviamo e costruiamo il futuro.
Quale è stato il ruolo delle donne in Olivetti e quale contributo diede l’imprenditore di Ivrea alla loro emancipazione?
Le donne sono sempre state parte del progetto imprenditoriale olivettiano: impiegate in ruoli amministrativi, tecnici e creativi, contribuirono a dare sostanza a un modello d’impresa che vedeva nella pluralità un valore. Adriano Olivetti intuì che l’emancipazione femminile era fondamentale per la costruzione di un’impresa moderna e promosse politiche di welfare, servizi e formazione che facilitarono l’accesso delle donne al lavoro qualificato. Questa attenzione si tradusse in una partecipazione reale alla vita aziendale, in un’epoca in cui il mondo del lavoro era ancora largamente dominato da uomini.
Un documento straordinario di questa visione resta il servizio fotografico realizzato da Ugo Mulas nel 1964, commissionato da Olivetti proprio per raccontare il lavoro delle donne in azienda. Quelle immagini, lontane da ogni intento celebrativo, mostrano un mondo fatto di professionalità, concentrazione e dignità quotidiana: impiegate, dattilografe, disegnatrici, tecniche, tutte protagoniste di un universo produttivo che rifletteva i principi di inclusione e pari opportunità. È una testimonianza preziosa, che ci restituisce con immediatezza quanto la presenza femminile sia parte strutturale della cultura d’impresa olivettiana.
Nella sua storia la Olivetti si è distinta per le collaborazioni con artisti e designer, mostrando attenzione per il valore estetico del prodotto oltre che per quello funzionale. Oggi gli imprenditori hanno ancora bisogno di guardare al mondo dell’arte? Se sì, perché?
Sì, perché il dialogo con l’arte e con il design non ha un valore decorativo, ma strategico e funzionale. L’arte introduce visioni nuove, rompe schemi consolidati, stimola la capacità di immaginare. Il design, allo stesso modo, contribuisce a tradurre la complessità tecnologica in esperienze accessibili e significative, con fruizioni finali che hanno sempre la persona al centro del progetto. Il confronto con i linguaggi creativi e un’apertura mentale predisposta al dialogo e alla scoperta, permette di mantenere coerenza, autenticità e profondità nei progetti imprenditoriali anche nel contesto attuale.
Nella proposta olivettiana l’estetica industriale doveva improntare di sé ogni strumento, ogni espressione e ogni momento della attività produttiva: era il compimento del suo rivoluzionario umanesimo industriale.

VILLETTA CASANA – MOSTRA PERMANENTE
L’Archivio Storico Olivetti ha un patrimonio documentale ricchissimo. Quali iniziative di divulgazione portate avanti e a quali pubblici vi rivolgete?
L’Archivio lavora ogni giorno per trasformare la documentazione in conoscenza condivisa. Lo facciamo attraverso esposizioni, pubblicazioni, percorsi educativi, narrazione social e progetti digitali che rendono accessibili i materiali a pubblici differenti.
I nostri interlocutori vanno dai ricercatori alle scuole, dalle università ai professionisti del design e della comunicazione, fino ai cittadini che desiderano conoscere una pagina fondamentale della storia industriale e culturale italiana. L’obiettivo è sempre lo stesso: mostrare come un patrimonio d’impresa possa diventare risorsa viva per interpretare le sfide contemporanee. Eredità Olivetti, patrimonio universale: è questa la linea guida che definisce il dovere di raccontare ogni giorno la nostra storia di innovazione.

IL MANIFESTO DEI PODCAST SU ADRIANO OLIVETTI
L’Archivio Storico Olivetti coltiva rapporti anche con università e scuole. Ci sono particolari progetti in corso?
Sì, il rapporto con il mondo dell’istruzione è parte integrante della nostra missione. Lavoriamo con università italiane e internazionali per stimolare la ricerca, ospitiamo tesi e progetti di dottorato, collaboriamo con scuole di design e comunicazione per attività formative e laboratori.
Con le scuole secondarie promuoviamo percorsi di educazione alla cultura d’impresa, mettendo i ragazzi a contatto diretto con i documenti e i materiali originali; uno dei più recenti è stato “A scuola di Impresa”, in collaborazione con Museimpresa. Sono esperienze che trasformano l’archivio in un laboratorio didattico, capace di connettere la memoria aziendale con le domande delle nuove generazioni. Olivetti è quindi molto più di un semplice marchio industriale, è un simbolo di come l’innovazione tecnologica possa essere intrecciata con la visione sociale per trasformare un’intera nazione.
(Articolo pubblicato sul numero di ottobre dell’Imprenditore)
(Foto per gentile concessione dell’Archivio Storico Olivetti)

