All’ultimo vertice del 24-25 marzo avevamo lasciato i 27 leader Ue uniti sulla necessità di una risposta unitaria e forte contro Putin e sull’acquisto congiunto di gas, ma divisi sul tetto al prezzo del gas e sull’idea di un embargo al petrolio russo.
Così, li abbiamo ritrovati lunedì scorso in occasione dei due giorni di vertice straordinario (il 30 e il 31 maggio) voluto dal presidente del Consiglio europeo Charles Michel per sciogliere alcuni nodi sulla strategia da seguire e sulle misure europee per fronteggiare le conseguenze della guerra tra Russia ed Ucraina, accolti da un video intervento del Presidente Zelenskij, che ha invitato l’Unione europea a fare di più.
Il mantra della vigilia è stato “unità”, per scongiurare in particolare un’impasse negoziale sul sesto pacchetto di sanzioni incentrato sull’embargo al petrolio, che avrebbe compromesso la tenuta del blocco a 27 e rischiato di avere un effetto domino anche sugli altri temi in discussione, come la difesa e i prezzi dell’energia. Dopo ore di negoziato, precedute da riunioni tra ambasciatori e incontri bilaterali e trilaterali, il Consiglio europeo ha trovato la quadratura del cerchio, su un accordo politico che ridimensiona in modo consistente la proposta della Commissione e che al momento sembra offrire garanzie a tutti.
A ben guardare, però, ad avere la meglio sul piano negoziale sono state l’Ungheria e la Germania. Budapest ha ottenuto l’esenzione totale dall’embargo sul petrolio russo, grazie a una deroga per gli oleodotti e alla garanzia di ricevere petrolio dagli altri Stati membri oppure di poterlo importare via mare qualora ci fosse un’improvvisa interruzione delle forniture da parte di Mosca.
Secondo fonti diplomatiche europee, la deroga all’embargo petrolifero per l’Ungheria dipende dal fattore tempo: quello che serve alla Croazia per aumentare la capacità dell’oleodotto Adria, che collega l’Adriatico all’Ungheria (secondo la Commissione, non dovrebbe superare i 45 giorni); e quello necessario per l’adeguamento delle raffinerie ungheresi. In quest’ultimo caso, le variabili sono diverse: tempistica e importo dell’erogazione dei fondi di RePowerEu e tempistica dello sblocco da parte della Commissione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) ungherese, e da cui dipende RePowerEu, al momento non approvato per l’accusa di violazione delle regole sullo stato di diritto.
Berlino invece ha ottenuto un’entrata in vigore del pacchetto tra sei mesi, in modo da non modificare i piani del governo secondo cui la Germania potrà non dipendere più dal petrolio russo a partire dal 2023, ma soprattutto l’esenzione di tutto l’oleodotto Druzhba. La proposta iniziale, infatti, era di esentare solo la sua parte Sud, che rifornisce Ungheria, Slovacchia e Repubblica ceca, ma il Cancelliere Scholtz ha insistito per includere anche la parte Nord, che trasporta greggio russo in una raffineria della Rosneft e Schwedt che rifornisce benzina e gasolio a Berlino e a tutta la regione attorno alla capitale.
In contropartita, Italia, Paesi Bassi, Belgio, Grecia e paesi Baltici hanno insistito per inserire garanzie giuridiche che il petrolio via Druzhba non sia raffinato e rivenduto nel resto del mercato interno, in modo da evitare gravi distorsioni competitive.
Il dibattito e le decisioni di lunedì mettono in ogni caso in evidenza divisioni sulla strategia da tenere di fronte alla guerra, in particolare sulla possibilità di negoziati con Vladimir Putin.
Alcuni Stati membri, come l’Estonia, hanno già iniziato a chiedere un settimo pacchetto, che potrebbe riprendere vecchie proposte come un tetto sul prezzo o un dazio sul gas russo importato, anche se in molti, a cominciare dall’Austria, frenano su un ulteriore pacchetto o, come il Belgio, chiedono una tregua nell’escalation contro la Russia, soprattutto per verificare gli effetti sistemici dell’embargo petrolifero.
L’Italia, che nei giorni precedenti al Consiglio europeo si era spesa per inserire nelle Conclusioni un riferimento alla necessità di prevedere un piano di pace, ieri ha invece abbandonato la linea della Farnesina per abbracciare quella dura del Presidente del Consiglio Mario Draghi, schierato tra i leader più intransigenti contro Mosca e a favore della concessione all’Ucraina dello status di paese candidato ad entrare nell’Ue.
Nelle Conclusioni del Consiglio europeo non ci sono riferimenti a “negoziati”, “cessate il fuoco” o “prospettive di pace”.
Martedì i lavori si sono concentrati sui temi dell’energia, della difesa e sicurezza alimentare. Su quest’ultimo punto, i 27 leader hanno lanciato un appello alla Russia affinché ponga fine agli attacchi alle infrastrutture di trasporto in Ucraina, revochi il blocco dei porti ucraini del Mar Nero e consenta le esportazioni di cibo, e invitato i ministri dell’Ue ad accelerare il lavoro sui corridoi di solidarietà. Intanto, la Commissione sta valutando la possibilità di reindirizzare le esportazioni di grano ucraine al porto bulgaro di Varna e al porto romeno di Costanza nel caso in cui i negoziati con la Russia sull’apertura di corridoi di esportazione nel Mar Nero dovessero fallire.
I leader mondiali e le organizzazioni internazionali hanno sollevato preoccupazioni per una crisi alimentare imminente e su larga scala, evocando interruzioni nelle catene di approvvigionamento e il deragliamento della produzione agricola in una delle più grandi regioni produttrici al mondo. Ucraina e Russia rappresentano circa il 30% delle esportazioni mondiali di grano, il 20% di mais e il 76% di girasole.
Sulla Difesa, i 27 hanno convenuto sulla necessità di coordinare con urgenza gli appalti per ricostituire le scorte, in particolare alla luce del sostegno fornito all’Ucraina, nonché uno strumento a breve termine per rafforzare le capacità dell’industria di settore europea attraverso appalti congiunti volontari. Toccherà alla Commissione e ai ministri degli Stati membri impostare e implementare eventuali proposte specifiche.
Sull’energia, poi, si è discusso di “price cap” sul gas, con la proposta del presidente del consiglio italiano Mario Draghi di applicare il massimale solo al gas russo in arrivo da gasdotti, per imporre una sanzione indiretta al Cremlino. Dopo ore di negoziato, il Consiglio europeo ha approvato nelle Conclusioni l’invito alla Commissione a esplorare la proposta italiana: una piccola contropartita al prezzo pagato dal nostro Paese per i pacchetti di sanzioni alla Russia. Per quanto riguarda il Piano RePowerEu, i 27 leader hanno chiesto ai rispettivi ministri di esaminare rapidamente le proposte della Commissione per conseguirne gli obiettivi.
Insomma, dal bando al petrolio in arrivo da Mosca (con il rinvio di sei mesi e le diverse deroghe), passando per gli appalti per la difesa (su proposta della Commissione), i finanziamenti al piano ’REPowerEu’ per l’indipendenza energetica dalla Russia (che sarà implementato dai ministri dell’Energia) e il tetto al prezzo del gas (che dovrà essere studiato dalla Commissione), i risultati di questo vertice sono, a conti fatti, decisioni dimezzate e rinvii.
In altre parole, un Consiglio europeo di transizione, prima di quello ordinario in programma il 23-24 giugno, che si spera possa essere più concludente.
(Per la foto in alto, copyright European Union)