Nel ‘97 acquisisce nei propri quadri associativi anche tutte le maggiori imprese operanti nei settori militari navale e terrestre. Ad oggi l’Aiad, divenuta Federazione nel marzo 2009, è l’Organizzazione nazionale delle aziende italiane per l’aerospazio, la difesa e la sicurezza; conta numerosi soci che sviluppano complessivamente un fatturato annuo di 15,3 miliardi di euro e occupano oltre 50 mila addetti. Ben il 75% delle aziende federate sono da considerarsi piccole e medie imprese. Al fine di rappresentare gli interessi delle proprie federate l’Aiad mantiene stretti e costanti rapporti con quegli organi ed istituzioni che, in ambito nazionale e/o nel mondo, svolgono attività d’interesse per l’industria del settore. Intensa e significativa è l’attività a sostegno del processo di internazionalizzazione che la Federazione svolge da e verso l’estero coordinando la partecipazione aggregata e collettiva delle imprese nazionali alle più importanti manifestazioni all’estero e un sempre più ricco e significativo programma di incontri bilaterali organizzati al fine di esplorare e favorire possibili collaborazioni tra le imprese italiane e quelle di altri paesi. Significativa è anche l’attività di promozione all’estero della Supply Chain nazionale attraverso le più importanti business convention tese a favorire l’incontro tra la domanda dei grandi committenti e l’offerta della sub-fornitura.
Nel campo delle attività di ricerca e innovazione tecnologica coordina le attività di ben tre piattaforme tecnologiche nazionali (Acare-Italia per l’aeronautica, Serit per la security e, da ultimo, Spin-It per lo spazio). L’Aiad è anche uno dei soci fondatori del Cluster tecnologico nazionale per l’aerospazio (Ctna), del quale coordina le attività di segreteria generale e ne ospita altresì la sede.
Presidente, dal settembre 2014, è Guido Crosetto, al quale abbiamo chiesto di illustrarci la situazione del settore e le sue prospettive
L’industria aerospaziale italiana è tra le prime al mondo. Quali i punti di forza?
Per la propria dimensione il settore si posiziona nel suo complesso al 4° posto in Europa e al 7° nel mondo. L’industria nazionale ha saputo infatti focalizzare le proprie capacità su specifiche aree tecnologiche dove è ben posizionata, e dove esiste una concreta domanda internazionale, consentendo in tal modo di valorizzare le capacità sia delle grandi imprese sia di numerose Pmi, in particolare nella componentistica e nei sottosistemi dedicati, presentandosi quindi sul mercato nazionale come un sistema integrato. Finmeccanica, che rappresenta l’80% dell’industria italiana del comparto, dopo le recenti operazioni di acquisizione ha assunto una dimensione adeguata per posizionarsi come il terzo player continentale.
A completare il quadro delle più importanti capacità espresse dall’industria nazionale ci sono inoltre Fincantieri nell’ambito di importanti programmi cooperativi nell’area navale e Iveco nel settore militare terrestre. A seguito di questa strategia di rafforzamento, le imprese nazionali hanno oggi la concreta potenzialità di consolidare le proprie eccellenze tecnologiche ma anche di acquisire posizionamenti competitivi con ruoli di leadership, così come è già avvenuto per l’area elicotteristica con AgustaWestland che è il primo player industriale al mondo, o con ruoli comunque di primo piano.
Quale il contributo all’economia del Paese?
Un adeguato livello di sovranità tecnologica e industriale nel settore della difesa è condizione necessaria per garantire l’operatività dello strumento militare nazionale con un grado di autonomia e indipendenza da condizionamenti esterni rispondente al livello di ambizione nazionale.
Il mantenimento di un’adeguata base tecnologica e industriale è quindi un elemento chiave per la tutela degli interessi dell’Italia e un fattore di consolidamento per il posizionamento internazionale del paese.
Dominare specifiche tecnologie, sfruttarne il potenziale per le esigenze nazionali, aggiornarle e utilizzarle come trampolino per ulteriori e continui progressi, imporsi sui mercati internazionali con prodotti e servizi competitivi, costituiscono per una nazione un vantaggio di natura non solo economica, ma anche politica e strategica oltreché militare. L’industria della difesa fornisce i sistemi dei quali le Forze Armate necessitano per i propri compiti istituzionali, permettendo all’Italia di essere protagonista negli scenari d’interesse e accrescere il proprio ruolo nelle relazioni internazionali.
Quello della difesa è uno dei pochi settori di rilevanza strategica e tecnologie avanzate ancora presidiato dall’Italia, una fonte d’innovazione e sviluppo con una crescente vocazione duale, un bacino di manodopera altamente qualificata e un comparto produttivo capace di generare significativi risultati economici, anche e soprattutto in termini di bilancia dei pagamenti; pur rappresentando appena l’1% del Pil contribuisce mediamente nella misura di 4/5 miliardi (8/10%) al saldo attivo della nostra bilancia commerciale.
Il settore rivolge molta attenzione alla ricerca e all’innovazione. Quali ricadute si generano anche in altri settori della nostra economia?
Si tratta di prodotti ad alto contenuto tecnologico ed elevata complessità il cui sviluppo richiede significativi capitali per l’intero ciclo di vita che, rispetto ad altri settori, risulta esser estremamente più lungo; l’attenzione e il costante ricorso ad attività di ricerca e sviluppo tecnologico è essenziale per poter mantenere viva la propria capacità di competere.
Occorre mirare e sostenere una focalizzazione su aree tecnologiche alle quali è già riconosciuto a livello globale una posizione di eccellenza ed evitare di perdersi in mille attività senza futuro. Il finanziamento a pioggia della R&S non ha più ragione di esistere. Anche per questo la nostra Federazione ha riposto da sempre molta attenzione al ruolo delle Piattaforme tecnologiche che hanno sostanzialmente il compito, con il concorso di tutti gli stakeholders nazionali, di fare un quadro sullo stato delle attività di ricerca (competenze ed eccellenze) in ambito nazionale e redigere, traguardandone l’obiettivo di una maggiore competitività a livello europeo ed internazionale, una roadmap delle tecnologie abilitanti.
Quale le richieste di Aiad per valorizzare ancor più il settore soprattutto nei mercati internazionali.
Con la prossima Legge di stabilità si è paventata la possibilità di un significativo taglio alle spese pubbliche per gli investimenti nella difesa. Se questo dovesse succedere sarebbe addirittura a rischio la sopravvivenza della nostra industria. Nel 2015 i fondi pubblici complessivi in Italia, tra stanziamenti del ministero della Difesa e dello Sviluppo economico, ammontavano a 4,3 miliardi, contro i 7,5 miliardi della Germania, i 16,7 della Francia, i 19,9 della Gran Bretagna. Per il 2016, prima di eventuali tagli, è prevista una riduzione a 3,9 miliardi per gli investimenti nel nostro paese, rispetto a cifre sostanzialmente simili a quelle del 2015 negli altri paesi europei. Noi, di fatto, spendiamo poco più della Polonia. La scelta di avere l’industria della difesa deve essere politica. Non può esistere un’industria della difesa senza un adeguato e costante investimento pubblico. L’export è una conseguenza, le aziende più brave crescono e riescono a vendere anche all’estero; anche negli altri paesi le aziende fanno ricerca e sviluppo con le risorse rese loro disponibili anche dal proprio governo.
Quanto pesano le pmi nel settore. Sono una risorsa o un limite?
Pesano moltissimo, tra i fattori che hanno consentito al comparto di raggiungere gli obiettivi previsti c’è, senz’altro, la presenza in aree di eccellenza che coinvolgono tutta la “supply chain”. Una filiera di fornitori idonea a fornire le componenti basate su know-how, qualità, volumi, tempi e costi adatti alle esigenze dei programmi è un elemento chiave per la sovranità tecnologica e industriale, oltre che sulla competitività internazionale, nei settori strategici ad alta innovazione tecnologica, qual’è quello della difesa. Le pmi svolgono una funzione cruciale, ora integrando la filiera produttiva nazionale della grande industria, ora proponendosi come fornitore del cliente istituzionale, o ancora, in taluni casi, presentandosi sul mercato nazionale ed internazionale come eccellenze. Ad esse vengono riconosciute caratteristiche di dinamismo imprenditoriale, flessibilità, rapidità di reazione e propensione all’innovazione.
Per contro, manifestano intrinseche debolezze organizzative, operative e finanziarie,> imputabili alle loro ridotte dimensioni. Il supporto alla loro crescita dovrà essere orientato a salvaguardare quelle che già rappresentano delle eccellenze, così come a valorizzare quelle funzionali ad un modello industriale fondato su capi-commessa delle maggiori industrie di settore, sostenuti da un ampio tessuto di pmi altamente innovativo a produttività avanzata. Tale supporto necessita di essere rafforzato e accompagnato da interventi di politica industriale, concertati fra i Dicasteri interessati e tesi a creare le condizioni per evitare il ricorso ai mercati esteri per l’approvvigionamento di quei componenti e parti identificati come essenziali per l’autonomia strategica delle Forze Armate.
Difesa e sicurezza solitamente sono associate ad azioni militari, invece vogliono dire anche altro.
Difesa e sicurezza vengono associate in modo esclusivo all’attività militare, invece vogliono dire anche missioni di pace, prevenzione, sviluppo industriale.
Basti pensare all’attribuzione che l’Unione europea ha adottato per definire la propria Politica di sicurezza e difesa comune (Psdc), ovvero uno strumento della politica estera dell’Unione finalizzato al mantenimento della pace, alla prevenzione dei conflitti ed al rafforzamento della sicurezza internazionale. Inoltre, con particolare riferimento alle attività nell’ambito di quella che viene definita “Homeland Security” sono da intendersi lo sviluppo di capacità e tecnologie volte ad individuare, prevenire, contrastare e gestire l’impatto di atti criminali e dolosi, inclusi quelli terroristici, che possano nuocere ai cittadini, alle organizzazioni, alle infrastrutture ed ai beni materiali ed immateriali.
Si considerano inoltre tutte le attività di ricerca e sviluppo rivolte alla mitigazione dei rischi, alla gestione delle crisi e all’assicurazione della continuità operativa, a valle di eventuali attacchi/incidenti, in un’ottica “all hazards approach”, che tenga conto anche di disastri naturali, antropici e industriali, nonche di rischi emergenti.