Se è vero, come sostengono molti analisti politici, che i primi cento giorni di un governo sono un segnale inequivocabile della sua capacità di riformare un paese, allora l’esecutivo di Maurizio Macrì appare destinato a segnare a lungo la storia, non solo economica, dell’Argentina. La sua elezione a Presidente della Repubblica, avvenuta lo scorso novembre, sembra aver infatti posto definitivamente la parola fine alla lunga stagione del kirchnerismo incarnato da Néstor prima e dalla moglie Cristina Fernández poi. Macri, già sindaco di Buenos Aires e imprenditore di origine italiana, ha subito voluto intraprendere una politica di forte rottura rispetto ai predecessori, sia in campo economico che diplomatico, definendo gli ultimi dodici anni come il “decennio perduto dell’Argentina” ed enfatizzando il fatto che la sua elezione rappresenti “la nascita di un nuovo paese” dopo anni di “offuscamento”.
Semplicemente impensabile sarebbe stato fino a qualche mese prima immaginare la prima uscita internazionale del neo Presidente, certamente la più simbolica: la partecipazione al World Economic Forum di Davos insieme al ministro delle finanze Alberto Prat-Gay. In quei giorni, durante un’intervista congiunta a Le Monde, The Guardian, La Stampa ed El País, Macri ha dichiarato che l’obiettivo della sua prima missione fuori dall’America Latina era ricordare al mondo che “l’Argentina esiste e torna nell’alveo dei paesi prevedibili”, per poi addentrarsi in una fitta agenda di appuntamenti che lo hanno visto incontrare i Ceo di grandi gruppi industriali interessati ad investire in Argentina del calibro di Shell, Coca Cola, Total o Dow Chemical Company.
Le settimane successive hanno dimostrato come le parole di Macri fossero lungi dall’essere semplici manifestazioni di ottimismo o solo propaganda politica.
Il 31 marzo il Congresso argentino ha infatti ratificato l’accordo che chiude definitivamente la battaglia legale durata quindici anni con gli hedge found americani che non avevano sottoscritto la ristrutturazione del debito a seguito del default del 2001; gli stessi che l’ex Presidente Cristina Kirchner definiva avvoltoi e terroristi finanziari.
Il contenzioso di fronte alle autorità giudiziarie di New York rendeva di fatto impossibile per l’Argentina finanziarsi sul mercato internazionale del debito e accedere a nuove linee di finanziamento per sostenere la crescita. Per questo la sua conclusione costituisce una premessa fondamentale per il ritorno a pieno titolo della seconda più grande economica sudamericana nella sfera dell’economia globale. Assieme alla ratifica dell’accordo è stato inoltre dato mandato al governo di emettere quindici miliardi di dollari di debito con scadenza a quindici anni, la prima volta che ciò avveniva dal lontano 2001. Nel solo primo giorno di collocamento dei titoli si è registrato un vero e proprio boom di domande, arrivate alla cifra record di 70 miliardi di dollari: un chiaro segnale di quale sia l’aspettativa che i mercati internazionali riservano oggi all’Argentina guidata da Mauricio Macri.
Quasi negli stessi giorni è poi giunta quella che è forse la più grande iniezione di fiducia politica possibile per la nuova governance. “Il Capo di Stato argentino è un uomo che ha fretta. Si è mosso rapidamente su molte riforme che hanno permesso all’Argentina di riconnettersi all’economia globale e riassumere la sua leadership tradizionale nella regione e nel mondo”; con queste parole si è espresso il Presidente degli Stati Uniti Barack Obama, in occasione della sua visita a Bueons Aires. Un altro segnale evidente di come siano ben lontani i tempi in cui alla Casa Rosada sedevano gli eredi del peronismo.
Naturalmente il contesto in cui versa l’economia argentina non è caratterizzato soltanto da fattori positivi: nel 2016 sono infatti attesi effetti depressivi sui consumi, determinati dall’indebolimento del cambio e da un’impennata inflazionistica stimata addirittura al 35%, a fronte di un Pil che il Fondo Monetario Internazionale indica in flessione dell’1%. L’export, tanto di materie prime alimentari (che rappresentano oltre il 65% delle vendite all’estero del paese) che di prodotti manifatturieri risentirà della contrazione della domanda cinese e di quella brasiliana, i due principali clienti dell’Argentina.
Ma è altrettanto indubbio che l’attuale leadership stia intervenendo con decisione per favorire gli investimenti pubblici e privati e migliorare un business environment che tante misure protezionistiche varate negli anni passati avevano gravemente pregiudicato. Questo processo darà vita nel medio periodo ad una stagione di grandi opportunità per le nostre imprese che vorranno riaffacciarsi sul mercato argentino, in diversi settori; a cominciare da quello che è storicamente il motore dell’economia nazionale cioè l’agroindustria. L’Argentina si colloca già all’ottavo e al settimo posto nella classifica dei produttori e degli esportatori mondiali di alimenti; una posizione che è intenzione del governo migliorare ulteriormente.
“L’Argentina è il granaio del mondo; deve diventarne il supermercato” è la frase pronunciata dal Presidente Macri in occasione delle visita a Buenos Aires del Presidente Renzi. Un obiettivo ambizioso, che per essere raggiunto necessita di importanti interventi che diano nuovo impulso alla produttività dell’intera filiera, puntando su macchinari ad alto valore aggiunto per la lavorazione, la conservazione, il confezionamento e il trasporto del prodotto. Un comparto in cui le imprese italiane sono leader al mondo. Importanti prospettive di collaborazione esistono anche nell’energia, sia convenzionale che rinnovabile, nell’automotive o nelle infrastrutture, settori su cui il governo argentino ha deciso di destinare importanti risorse per i prossimi anni. Proprio su queste quattro filiere si è concentrata la missione imprenditoriale a Buenos Aires organizzata da Confindustria dal 16 al 19 maggio scorso insieme ai ministeri dello Sviluppo economico, degli Affari esteri e in collaborazione con l’Associazione bancaria italiana e l’Agenzia Ice. Un’iniziativa che ha visto nel complesso la partecipazione di 80 aziende, tre associazioni industriali e cinque banche, per oltre 120 partecipanti. Numeri che danno il senso dell’attenzione con cui le imprese italiane guardano oggi all’Argentina; un’attenzione che ha bene identificato il quotidiano spagnolo El País quando in una prima pagina dello scorso febbraio titolava: “Italia y Francia avanzan en Latinoamérica ante la ausencia de España”. I lavori della missione sono stati inaugurati proprio dal Presidente della Repubblica Macri, che ha voluto accogliere l’intera delegazione imprenditoriale alla Casa Rosada, testimoniando in questo modo i profondi sentimenti di amicizia e vicinanza che legano Italia e Argentina.
Quella appena trascorsa non è tuttavia che la prima di una serie di iniziative imprenditoriali che vedranno la luce nei mesi a venire e che vedranno protagonisti imprenditori italiani e argentini. Perché appare oramai chiaro a tutti che l’Argentina è tornata.