Pensi a Pizzo e, in genere, la prima cosa a cui associ il borgo calabrese che guarda dall’alto il golfo di Sant’Eufemia è il suo tartufo gelato. Un’armonia di sapori che continua a conquistare chi decide di venire a mangiarlo nel posto dov’è nato, ma anche gli amanti fuori regione di questo caratteristico dolce di qualità. Tradizione che ha tra i più attenti divulgatori l’azienda Domenico Penna, presente da parecchi anni sul mercato dei semifreddi anche con altri prodotti.
I vertici della Pmi pizzitana – fatturato 2020 poco meno di un milione di euro e 10 dipendenti – sono attivi nel settore della ristorazione da circa trent’anni, mentre la Domenico Penna ha preso il via un decennio più avanti anche nel campo della produzione. “Di gelateria ci occupiamo da sempre, è il nostro mondo, e le materie prime che usiamo sono il meglio si possa trovare in Italia e all’estero, come succede per esempio per il cacao. Il latte, in particolare, scelto a seconda del fabbisogno, arriva esclusivamente da entro i confini nazionali, i pistacchi sono rigorosamente siciliani”, spiega Domenico Penna, contitolare dell’omonima azienda di Pizzo, in provincia di Vibo Valentia (in foto a destra con il fondatore Vincenzo Penna, al centro, e il fratello Francesco Penna, amministratore).
Oltre alla gelateria al dettaglio aperta da circa cinque anni sulla centralissima piazza della Repubblica, i Penna indirizzano il proprio, più ampio interesse commerciale su una studiata tipologia di clientela. “Il nostro cliente tipo opera soprattutto nella piccola e media ristorazione, anche se talvolta arrivano commesse pure da ristoranti stellati di tutta Italia. Il modo di agire lo definirei capillare, considerato il fatto che preferiamo rifornire giornalmente le piccole attività preservando qualità e freschezza, piuttosto che fare grandi consegne magari una volta alla settimana – sottolinea Penna –. La nostra è una gelateria artigianale che si muove in grande: non abbiamo macchinari o un ciclo di produzione industriale, il tartufo lo lavoriamo ancora, rigorosamente sul palmo della mano”.
Un approccio commerciale che lascia tuttora ampio spazio alla tradizione, riuscendo a garantire però prodotti che incontrano il gusto dei consumatori più o meno abituali e magari lontani dalla regione d’origine. “Facciamo perciò pochissima stiva, cercando di lavorare su ritmi quotidiani almeno finché ci è possibile. Due sono i tipi di confezioni che offriamo al cliente: il primo, direi scenografico, dedicato ai ristoranti in cui anche la presentazione del prodotto ha il suo peso, l’altro, più pratico e di veloce impiattamento, permette invece al cameriere di non perdere troppo tempo dal momento della richiesta”.
Perché il tartufo non perda le sue peculiari caratteristiche organolettiche bisogna poi fare attenzione, in particolare, a rispettare una regola su tutte. “Il segreto è quello di riuscire a mantenerlo in fase di consegna tra i -20 e -24 gradi centigradi, anche se con i nostri camioncini lo trasportiamo a -30 per far restare più lineare possibile la filiera del freddo – chiarisce Domenico Penna –. Questo tipo di accorgimenti ci permette sì di inviare il tartufo anche lontano, ma con qualche comprensibile difficoltà. Li abbiamo mandati negli Emirati Arabi, organizzato alcune spedizioni in Centro e Nord Europa e anche in Canada, però a queste distanze diventa decisivo un corriere esperto, capace di garantire i corretti tempi di consegna. Negli ultimi due, tre anni, comunque, si sono fatti passi da gigante nella filiera del freddo e su questo specifico aspetto”.
E se il tartufo classico continua ad attirare l’interesse maggiore da parte dei turisti, ma anche dei puristi del luogo, nel frattempo si è riusciti a diversificare pur mantenendosi nel solco della tradizione. “Il tartufo che preferisco resta sempre il nocciola, cioccolato fondente con spolverata di cacao amaro e zucchero, gelato che ha fatto la storia di Pizzo. Tuttavia, negli anni ha preso piede anche quello al pistacchio, inventato proprio da noi Penna, uno dei prodotti alternativi a quello classico e che ha contribuito ad arricchire l’offerta dell’azienda. Lo abbiamo fatto perché non si poteva restare con un unico prodotto in un mondo ormai globalizzato: crediamo sarebbe stata una scelta perdente”, conclude Penna.