Azienda atipica in un territorio, quello marchigiano, in cui vengono prodotte e commercializzate principalmente calzature eleganti, a partire dal 1984, Co.Bo. – 20 milioni di euro di fatturato nel 2022 a fronte di 70 dipendenti – si occupa di componenti in plastica per poi specializzarsi nello stampaggio ad iniezione per scarpe sportive. Dal quartier generale di Montelupone, in provincia di Macerata, si è infatti collaborato con marchi primari del settore come la tedesca Puma oltre che con Nike, aiutata ad inizio anni ‘90 ad entrare nel mondo del calcio con l’aiuto tecnologico del TPU, poliuretano termoplastico e alternativo alla gomma.
“In questo campo abbiamo anche cercato di sviluppare produzioni per nuovi mercati, occupandoci inizialmente in maniera quasi esclusiva del settore calcio, almeno fino a quando certe dinamiche commerciali hanno iniziato a privilegiare il Far East asiatico – spiega Alessio Procaccini (nella foto in alto), contitolare di Co.Bo. –. Tutto ciò accadeva poco meno di trent’anni fa, momento in cui abbiamo deciso di diversificare ampliando i nostri orizzonti industriali con la scelta di spostare le competenze acquisite su altri obiettivi”.
Un know how che ha guidato la Pmi marchigiana (fondata da Leonardo Procaccini e Rosanna Borroni, oggi in campo con i figli Alessio, Edoardo e Federico, ndr) su strade alternative ma comunque molto interessanti, allargando di fatto il suo perimetro d’influenza. “L’occhio è così andato a posarsi sulle potenzialità del campo della sicurezza sul lavoro, in cui la qualità delle calzature è spesso un aspetto fondamentale. In più abbiamo continuato a operare nello sport, occupandoci di ciclismo, dei supporti per gli stivali usati dagli appassionati di motocross, come pure di trekking”.
Ma non solo, visto che alla fine anche i vertici dell’azienda con base a Montelupone non hanno saputo resistere al richiamo di uno dei settori più celebrati del made in Italy firmato dalla regione Marche. “Sì, perché c’è stato un momento in cui i grandi brand del lusso hanno iniziato a mostrare interesse pure per le calzature sportive – chiarisce Procaccini, che all’interno dell’impresa si occupa di ricerca e sviluppo oltre che di marketing e comunicazione –, per quelle sneakers di alto costo e profilo che sono in breve tempo diventate una tra le branche primarie del loro business. Noi eravamo nel posto giusto al momento giusto, avendo nel portfolio aziendale le conoscenze per accompagnarli nel progetto di realizzare questo tipo di prodotti. Per la verità, inizialmente abbiamo fatto una fatica tremenda a stare al passo di un mondo superveloce che lascia poco tempo per ragionare. Ma in seguito, anche grazie alle nuove generazioni, siamo comunque riusciti a strutturare Co.Bo. per non restare un passo indietro come accadeva in precedenza”.
Nel frattempo, la Pmi marchigiana ha proseguito a studiare e applicare alle calzature passate per i propri stabilimenti le innovazioni tecnologiche in grado di rendere ogni modello adatto al genere di impiego richiesto, sbarcando pure nell’universo moda sempre col TPU e, in quantità minore, con i tecnopolimeri. “La superficie d’uso richiede accorgimenti tecnici diversi per fare sì che la calzatura reagisca in modo corretto nelle più svariate condizioni – sottolinea Procaccini –. Ci occupiamo, tra le altre cose, di suole, zeppe oppure di piccoli componenti come passalacci e spoiler, piccolo pezzo in plastica che serve per dare supporto al tacco ed un maggiore valore estetico alla scarpa. I brand vengono qui portando disegni e scopi da perseguire e noi abbiamo fatto di tutto per tendere alla perfezione, messaggio che il mercato ha compreso dandoci fiducia. E per poter sviluppare qualsiasi progetto e portare a termine anche cose che non facciamo, è stato creato sul territorio un satellite di aziende capace di offrire alla clientela un pacchetto completo, andando perciò oltre lo stampaggio e verso un servizio di consulenza”.
Impegno non solo produttivo, quindi, che ha permesso a Co.Bo. di imporsi sul mercato europeo e farsi conoscere pure in altre zone del mondo. “In questo momento siamo presenti soprattutto nei paesi europei, ma abbiamo anche supportato Puma nel campo delle calzature per la sicurezza lavorativa in Cina, dove siamo molto competitivi e proprio ora stiamo dando corso a progetti in Sudafrica e Finlandia. Da queste frequentazioni commerciali, tra l’altro, ho tratto la sensazione che parecchi marchi abbiamo intenzione di tornare a produrre in Europa o quantomeno di provare ad investire in una globalizzazione più giusta ed equa”.
Certificata dal 2018 da un ente statunitense riguardo alla provenienza dei materiali del ciclo produttivo, l’azienda marchigiana, oltre a creare suole da trekking sfruttando il riciclo di componenti plastici, si alimenta con il fotovoltaico (che copre il 35% del fabbisogno giornaliero) e ha in programma di iniziare a breve ad essere ecosostenibile su carta e cartone. “Sono tutti progetti centrali nel nostro modo di fare imprenditoria e vanno di pari passo con quello che dovrebbe permetterci di realizzare un nuovo stabilimento dopo aver acquistato un lotto di terreno qui vicino. Puntiamo, insomma, ad essere sempre più riconosciuti dalla clientela come una sorta di piccolo ristorante in cui si mangia veramente bene”, conclude Alessio Procaccini.